Con la pubblicazione dei miei tre Speciali di Zagor nella Collezione Storica a Colori, credo che si chiuda definitivamente ogni rapporto tra me e il Giustiziere di Darkwood. Può darsi che ci sia ancora qualche tardiva pubblicazione in altri paesi come Croazia, Turchia o Brasile di cui verrò a sapere solo dai diritti d'autore che, all'occorrenza, l'editore puntualmente e correttamente mi paga. Edizioni di cui comunque non saprò altro e che, se non altro per motivi di lingua, non leggerò mai.
L'uscita delle mie ultime storie sui volumi "allegati" a Repubblica rappresenta dunque per me un addio definitivo allo Spirito con la Scure. Ulteriori ristampe sono infatti poco probabili, e una mia ulteriore collaborazione con la collana originale decisamente improponibile. La rilettura di queste ultime avventure mi ha infatti confermato, se ce ne fosse stato bisogno, che i motivi che mi avevano portato a interrompere la collaborazione con la casa editrice di Sergio Bonelli sono ancora tutti lì: un modo di raccontare "invecchiato" che, temo, non sia affatto cambiato nei venticinque anni trascorsi da quell'abbandono.
In questo quarto di secolo avrò letto sì e no una dozzina di albi Bonelli, metà acquistati perché erano disegnati da un/una collega di cui ammiro il lavoro, e gli altri recuperati casualmente qua e là, vuoi in occasione della distribuzione di albi al "Fumetti on the beach" di Riminicomix, vuoi perché abbandonati da qualcuno sul pullman della squadra di pallanuoto di mio figlio. In tutti i casi ho riscontrato, anche quando (è successo non più di una volta) la storia mi è abbastanza piaciuta, il "solito modo" di fare fumetti della Bonelli. Cioè di Sergio Bonelli.
Capiamoci subito: non rimprovero a Bonelli di essere uno che non ci ha provato. Nella sua lunga esperienza editoriale ha fatto di tutto: costosi cartonati a colori (e ancora lo ringrazio per "L'uomo dello Zululand" di Gino D'Antonio, il più bel fumetto "cinematografico" che io abbia mai letto/visto), saggi sull'epoca del Far West, settimanali alla Boy Music, persino un mensile di enigmistica (al quale mi onoro di aver partecipato, tra l'altro, con le strisce de Il pinguino Colofòn, l'unica cosa in quella pubblicazione che, secondo Tiziano Sclavi, faceva ridere) e riviste "d'autore" come Orient Express e Pilot. Senza mai imbroccarne una (editorialmente ed economicamente parlando). Così è forse normale che Sergio, alla fine, abbia deciso di tirare i remi in barca e fare solo quello che "funzionava", i bonelliani, la cosa che sapeva fare meglio. Anche se, così facendo, ha "ingessato" la sua casa editrice almeno per vent'anni, fino alla sua scomparsa.
Dopo la quale si stanno cominciando a fare tutte quelle cose che si sarebbero potute (dovute?) fare già venti anni fa, quando i numeri lo avrebbero consentito: cartoni animati (per tornare a Zagor, credo che uno Spirito con la Scure disegnato alla Bruce Timm avrebbe funzionato a livello mondiale: il personaggio ha tutte le caratteristiche per divertire e appassionare spettatori di tutte le età) e relativi fumetti a colori indirizzati a un pubblico infantile, cartonati alla francese (da proporre nel mercato franco-belga, oltre che in casa nostra), merchandising ecc. Purtroppo farlo oggi, quando le copie vendute sono dimezzate e ancora dimezzate, diventa difficile, se non impossibile: le centinaia di migliaia di copie vendute da Dylan Dog negli anni Novanta sono ormai solo un ricordo, così come le centomila di Zagor (solo due o tre anni fa l'attuale curatore della testata Moreno Burattini vantava la stabilità delle vendite della pubblicazione attestate sul presunto "zoccolo duro" di circa 40.000 copie mensile; oggi il Signore di Darkwood non arriva a 30.000, e il trend è in continua discesa; la stessa Collezione Storica a Colori supera di poco le diecimila), e pure l'intramontabile Tex è ormai sceso abbondantemente sotto le 200.000 copie e, pur restando l'unica testata ad avere ancora i numeri per "sperimentare" (partorendo così Speciali, Almanacchi, Texoni, Color Tex...), non ha più l'appeal di una volta: l'aumento del prezzo di copertina del cartonato alla francese passato dai 6 euro e 90 del numero di esordio di Euleteri Serpieri agli 8 e 90 del successivo della coppia Boselli-Alberti la dice lunga su come sia ormai difficile far quadrare i conti anche con i personaggi più "forti".
Il problema, probabilmente, è che il "linguaggio" bonelliano continua ad essere ingessato, e soprattutto che il target di riferimento è quello dei lettori "tradizionali" che, a parte gli outsider Tex e Dylan Dog, oscilla ormai (quando va bene) tra i 25 e i 35mila lettori, e anche i tentativi di "innovazione" continuano a pescare nel solito stagno, in continua restrizione. Le nuove generazioni sono altrove: su Facebook e su YouTube, e quando si avvicinano all'edicola (vedi le 50.000 copie vendute dal primo numero di Scottecs Megazine) lo fanno perché spinti dai loro beniamini in rete, dove case editrici "tradizionali" come la Bonelli, per quei giovanissimi, semplicemente non esistono.
Se Sergio Bonelli avesse deciso di "pensionarsi" dieci o quindici anni fa le cose sarebbero cambiate? Impossibile dirlo. Forse sì, più probabilmente no perché l'entourage redazionale era (ed è) comunque costruito "a immagine e somiglianza" di Bonelli, e avrebbe dunque proseguito più o meno la sua politica.
Da osservatore esterno, non posso che dolermi di un potenziale editoriale un tempo enorme che risulta oggigiorno abbastanza fuori dal tempo e rischia di disintegrarsi nel volgere di non molti anni. Ovviamente mi auguro che non sia così, ma il gramsciano "ottimismo della volontà", in questo caso non sembra sufficiente a sconfiggere "il pessimismo della ragione".
In ogni caso, per me e Zagor le strade oggi si separano definitivamente.