martedì 24 aprile 2018

Darkwood Wars




Sottotitolo del post: "Le storie mancate di Zagor".
Quando, una decina d'anni fa, sollecitato da un lettore pensai di "pagare un debito" verso gli appassionati dello Spirito con la Scure raccontando come si erano conosciuti il nostro eroe e Banack, avevo immaginato una storia abbastanza complessa con una rivolta indiana capitanata da una specie di Hitler pellerossa e con la partecipazione di un mad doctor alla Hellingen... ma più gelido. Poi mi è stata offerta la possibilità di farlo nello spazio di una quarantina di pagine, così ho dovuto rinunciare all'avventura contro i nazi-indiani e raccontare tutta un'altra storia.
Intanto, sempre diversi anni fa, fra le mille idee che sempre mi frullano nel cervello mentre disegno, guido o prima di addormentarmi, era saltato fuori anche un altro possibile progetto zagoriano. Si trattava di una storia "fuori collana", da pubblicare in una miniserie di sei-otto albi, a colori e in formato più grande dell'abituale bonelliano: un comic book spillato di 64-80 pagine o dei cartonati alla francese. All'epoca le miniserie di Cico e Martin Mystère o i cartonati di Tex erano ancora lontani da venire e dunque il progetto poteva apparire poco proponibile, ma secondo me per poter "funzionare" la parte grafica doveva essere davvero "spettacolare" e richiedeva dunque un formato più ampio. Senza contare che in questo modo il prodotto avrebbe avuto anche caratteri di maggiore esportabilità.
Quanto alla storia, l'idea era di far arrivare a Darkwood un professore intenzionato a dimostrare una sua teoria sugli universi paralleli e sui varchi che periodicamente si aprono tra di essi. I suoi studi gli facevano supporre che fosse prossima l'apertura di una porta interdimensionale proprio a Darkwood... e così succedeva puntualmente: un'intera porzione del territorio veniva trasportata su un altro pianeta (e la relativa porzione di quel pianeta finiva al posto di Darkwood e dintorni) con tutti i suoi annessi, animali, costruzioni e abitanti. La storia poi sarebbe andata avanti parallelamente mostrando come Zagor e gli altri "traslocati" affrontavano le sconosciute minacce del nuovo mondo, mentre i terrestri si trovavano alle prese con gli "alieni" piovuti in quella che un tempo era stata Darkwood.
Avevo anche trovato un titolo per la miniserie: "Darkwood Wars". L'intenzione era quella di proporre uno Zagor-non Zagor che potesse accontentare i lettori fedeli ma anche incuriosire quelli che, nel tempo, si erano allontanati dal personaggio.
Come quella del nazi-Banack, l'idea è rimasta nel mio cassetto (anzi, nel mio cervello) e di fatto non ho mai pensato di concretizzarla in qualche modo.


Ci ho ripensato in questi giorni leggendo, in un articolo sul nuovo numero di Fumo di China, il plot della nuova serie di Robert Kirkman disegnata da Lorenzo De Felici e colorata da Annalisa Leoni, "Oblivion Song". La trama della storia... è praticamente la stessa di "Darkwood Wars"!


Capita, nel mondo delle creazioni letterarie. Le storie sono nell'aria e, in questo caso, non si tratta neanche di niente di particolarmente nuovo. Il tema dei mondi paralleli e dei varchi dimensionali è stato già sfruttato in abbondanza e, per quello che mi riguarda, è addirittura una costante delle mie storie: c'era nelle avventure del professor Van Der Groot - Agenzia Scacciamostri pubblicate su il Giornalino; c'era nel tascabile della Star Comics Shanna Shokk, e c'era ancora nella serie in tre parti "La classe perduta" disegnata da Francesco Frosi e apparsa anch'essa sul settimanale paolino. Nel caso di "Darkwood Wars", l'idea era un po' figlia anche de "L'Eternauta" di Oesterheld e Lopez e della serie Pioneers ideata da Carmelo Gozzo e pubblicata da Edifumetto.






Per dire come, a volte, vanno le cose nel caleidoscopico mondo del fumetto. L'idea, comunque, la lascio lì. Con qualche rimaneggiamento, tra qualche anno potrebbe venirne fuori un buon romanzo.



mercoledì 18 aprile 2018

Il Rinaldi innamorato





Pino Rinaldi non era un tipo facile da "maneggiare". Un po' chiuso, sospettoso, geloso dei propri sentimenti. Se non ricordo male, mi aveva raccontato che i suoi genitori erano artisti circensi. Lui aveva avuto in dono dalla natura la capacità di disegnare e scelto dunque un altro percorso artistico. Il suo disegno ricco, quasi barocco, sostenuto da un'inchiostrazione pulita ed elegante, si adattava a ogni necessità. Anche se il suo cuore batteva per gli Stati Uniti e i supereroi, genere che in Italia non offriva molte opportunità. Ma Pino è riuscito a resistere lavorando, dopo un'esperienza nella grafica pubblicitaria, per l'Eura Editoriale, per 1984, Boy Music, Martin Mystère e Nathan Never, perfezionando anno dopo anno il proprio tratto e il disegno, caparbiamente, con convinzione e umiltà. Finché, prima per la Marvel inglese e poi per la casa madre statunitense, è riuscito a realizzare il suo sogno. E, nella vita di un autore, non è cosa da tutti. Poco importa che poi quell'esperienza si sia conclusa e Pino abbia ripiegato su nuove storie per l'Eura, ma stavolta da autore completo: Agenzia X, Wizzie the Witch, La saga di Twee-Wan-Poor e Willard the Witch.









Poche settimane fa gli era stato diagnosticato un cancro al pancreas, una forma tumorale che non lascia scampo, e oggi se n'è andato. A testa alta come aveva sempre vissuto.

Ci eravamo visti in occasione di un buon numero di edizioni della Fiera del Fumetto di Falconara Marittima gestita da Franco Spiritelli dove era ospite abituale. Io all'epoca curavo Fumo di China e anche il supplemento annuale che fungeva da catalogo della manifestazione, perciò per qualche anno ci siamo puntualmente ritrovati nella cittadina marchigiana con le relative famiglie coltivando, se non una reale amicizia, una piacevole frequentazione. Poi io ho lasciato la rivista nelle capaci mani del gruppo dei riminesi di Cartoon Club, e anche la mostra di Falconara ha passato la mano ad altri organizzatori.


Ho rivisto Pino alla cena "ufficiale" di una Lucca nel periodo della gestione di Luca Boschi. Al nostro tavolo c'erano Sergio Rossi, Fabio Civitelli, il giornalista Thomas Martinelli e sua moglie psicologa che ci ha coinvolti in uno di quei test psicologici "per gioco" a cui sia Rinaldi che Civitelli si sono sottoposti obtorto collo, entrambi poco disposti ad aprirsi a "indagini" (per quanto scherzose) sulla propria personalità.
Ci siamo ritrovati qualche anno più tardi sempre a una Lucca, in occasione di una "chiamata alle armi" degli Stati Generali del Fumetto... che non ha partorito granché. E poi siamo riusciti a tenerci in contatto costante grazie all'amato-odiato Facebook, che oggi mi ha portato la tragica notizia della sua scomparsa. Per quanto potesse essere impossibile che qualcuno si fosse inventato uno scherzo tanto stupido e macabro, ho sperato fino all'ultimo che si trattasse proprio di questo, di uno scherzo idiota. Poi mi sono dovuto arrendere alla triste realtà.



Pino (nella foto qui sopra con Riccardo Moni durante una presentazione lucchese) aveva solo 60 anni, troppo pochi per andarsene così. L'ultima ingiustizia di una vita che non guarda in faccia a nessuno e che nel suo caso è stata particolarmente ingrata.
Innamorato del suo lavoro, per quanto ruvido e polemico potesse apparire a chi l'avrebbe voluto più malleabile e plasmabile, Pino era una persona gentile, sensibile e altruista che per il suo carattere ha pagato in prima persona pur di conservare la cosa più importante: la propria dignità di persona e di autore.