giovedì 24 giugno 2021

Chiacchierando con Giuseppe


Andando a scartabellare (forse si dovrebbe aggiornare il termine in "sfilebellare"?) tra i materiali archiviati negli hard disk esterni per tirare fuori i materiali necessari alla realizzazione dei libri che mi appresto a editare con le mie rinascenti Edizioni Foxtrot, mi sono imbattuto in uno scambio di messaggi con Giuseppe Lippi, il giornalista, scrittore e soprattutto curatore della mondadoriana Urania dal 1990 alla scomparsa avvenuta il 15 dicembre del 2018. I motivi di queste "chiacchierate" online che si sono svolte tra il 2011 e il 2012 sono spiegate nelle stesse, che riporto qui sotto confidando che ai molti che l'hanno conosciuto, seguito e apprezzato faccia piacere ascoltare ancora una volta la sua voce di sincero appassionato del fumetto, oltre che della fantascienza a cui ha dedicato gran parte della sua attività professionale. Eccole, così come le ho copia-incollate dal servizio di messaggistica di Facebook.

Giuseppe - Ciao, Marcello! Mi è venuta un'idea e te la sottopongo: visti i numerosi interessi in comune, ma in particolare quello per i fumetti, perché non ci organizziamo per fare una chat via Facebook uno di questi giorni, con tuo comodo? Alla fine potremmo ricopiare tutte le battute e ricavarne una Nota che rimarrebbe permanente sulle nostre pagine, a disposizione di chi volesse leggerla per condividere la passione.

Marcello - Ciao, Giuseppe! D'accordo... e ti tiro subito in ballo per un'informazione su Raffaele Marcello, che è già stato all'inizio dei nostri scambi "letterari". Stavo scrivendo una delle mie "Macchine del tempo" per Fumo di China su un numero di Penna di Falco, mensile della Cenisio degli anni 60. Dopo la storia del protagonista (disegnata da Fusco e, sporadicamente, da Missaglia), ha ospitato per alcuni numeri le avventure di Canadian Boy, altro personaggio (come il Cavaliere Sconosciuto) disegnato dal mio quasi omonimo. L'inizio della serie era apparso su un altro mensile (sempre Vedette della TV), Frida. Alla chiusura di questo, è continuato appunto su Penna di Falco. A me piaceva tantissimo, anche se a rileggerlo in età adulta ho scoperto delle contraddizioni davvero ridicole. Quando, all'inizio, si racconta il passato del personaggio, prima lo si vede prendere la laurea come John Smith (che è già un bello sfoggio di fantasia!). Poi entra nelle Giubbe Rosse e per molti episodi viene chiamato John Canada. Nell'ultima parte, si comincia a chiamarlo Canadian Boy come se fossero il suo nome e cognome! Chissà se era così anche in Francia, dove era inizialmente apparso sulla testata Monty (altre contraddizioni e inesattezze: i poliziotti a cavallo canadesi vengono chiamati "monty", salvo un balloon dove, al plurale, vengono correttamente chiamati "mounties"). Quello che non sono riuscito però a scoprire è chi fosse lo sceneggiatore. Probabilmente lo stesso del Cavaliere Sconosciuto, ma non è citato da nessuna parte. Tu ne hai mica trovato tracce, nelle tue ricerche sul Cavaliere Sconosciuto? Fra l'altro, c'è un episodio in cui un bandito viene salvato da una donna che vive in una capanna isolata. Il malvivente, momentaneamente accecato, sentendone la voce la immagina giovane e bella, ma quando si strappa le bende scopre di essere stato curato e accarezzato da una vecchia megera. Lo stesso episodio l'avevo ritrovato anni dopo in una vecchissima storia di Dick Tracy, dalla quale suppongo il misterioso sceneggiatore l'avesse copiato senza pudore.



Giuseppe - Grazie delle informazioni, Marcello, sei sempre una fonte di prima mano! Purtroppo non posso aiutarti per Canadian Boy, ma se troverò qualcosa te lo farò sapere. Scusami del ritardo con cui rispondo al messaggio: è che ormai, purtroppo, Facebook non avvisa più tramite email e spesso non mi accorgo della nuova posta! Bisogna controllare ogni giorno. Curiosità per curiosità: tu sai niente delle Raccolte a colori Albi di Miki pubblicate dalla Dardo? Io ne ho comprata una e sembra contenere due voluminosi albetti da 130 pp. l'uno, per un totale di 260 pp. in formato tascabile, con le vignette colorate tipograficamente. Mi chiedo: erano già raccolte quelle accorpate nella Raccolta? Perché a me risulta che i singoli Albi a colori non dovessero superare le 32 pagine (Graziano Origa dice 48, ma questo valeva forse per Blek e all'inizio delle pubblicazioni. Dice anche che dapprincipio gli albi di Blek erano solo parzialmente a colori, mentre la mia Raccolta Miki lo è al 100%). Ti sarei grato se potessi aiutarmi a districare la matassa... Infine, quando vogliamo fare la prima chat "filologica"? Dài, che mi piacerebbe molto. Suggerisci tu l'ora e il giorno e grazie.



Marcello - Dunque... in casa mia eravamo tre fratelli collezionisti, e chi iniziava una raccolta, poi la continuava (anche se ovviamente ci scambiavano i giornalini per leggerli). I Miki e Blek in formato quaderno li comprava mio fratello Marzio, che poi ha venduto tutte le sue collezioni a un mercante, perciò non ho albi sottomano per controllare e posso affidarmi solo alla memoria. Gli albi che uscivano settimanalmente (non so se di 36 o 48 pagine. Non di più, comunque) mi pare che avessero le canoniche due pagine a colori e due in bianco e nero come si usava all'epoca. Avendo tutti gli albi, in casa mia non abbiamo mai comprato le raccolte. Quando ho voluto "ricostituire" la raccolta dei due personaggi, l'ho fatto con la collana in bianco e nero in formato grande (tre strisce per pagina, come la vecchia Collana Prateria) pubblicata dalla Dardo all'inizio degli anni 70, prima spillata (copertine a fondo bianco per Blek, giallo per Miki, con le copertine di Sinchetto, bellissime) e poi brossurata in formato più piccolo, bonelliano, meno entusiasmante, anche se filologicamente corretta. L'edizione a "quaderno" aveva certo il pregio del colore, ma le vignette erano tutte rimontate/rimaneggiate, dunque una edizione... non da amanti delle versioni originali.
Per la chat, a me andrebbe bene la sera tra le 23.00 e mezzanotte, quando sono sicuro che non mi rompe le scatole nessuno... ma non so tu che abitudini hai! Sei un gufo come me, sveglio quasi sempre fino alle due di notte, o vai a letto presto? In tal caso, preferiresti la mattina o il pomeriggio (per me potrebbe andare bene anche dalle 17,00 alle 18,00). Per il giorno, generalmente uno vale l'altro, almeno dal lunedì al venerdì. Sabato e domenica possono venire amici o parenti a cena, e allora potrei non essere al computer! Per me possiamo partire anche subito da lunedì... ma visto che non controlli Facebook tutti i giorni, stabilisci tu il giorno, vai! Io un'occhiata la do quotidianamente, e appena me lo dici, posso partire!
Poscritto: sfogliando un Capitan Miki a striscia del 1962, mi sono imbattuto in una pubblicità delle ristampe in albi formato quaderno dove si dice testualmente: "36 pagine a colori, lire 30". Dunque, le pagine erano 36, senza dubbio! E ricordo chiaramente che, come sempre, Miki e Blek erano testate gemelle e avevano lo stesso prezzo e numero di pagine, con buona pace dei ricordi di Origa. Può darsi che in un secondo momento, qualche anno più tardi, abbiano aumentato le pagine per portare il prezzo di copertina a 50 lire, ma inizialmente erano 36 a 30 lire.






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Marcello - Ciao! Allora... da dove cominciamo?

Giuseppe - Io direi dal fatto che, incredibilmente, i personaggi di Miki e Blek continuano a uscire ancora dopo sessant'anni. Tu che ne pensi? Io li trovo più interessanti oggi che ieri: sono così innocenti, così puri e diversi dagli eroi attuali...

Marcello - Scusa... ho scritto un pistolotto ma era troppo lungo e 'sto social network del piffero mi ha cancellato tutto! Provo a riscrivere... a rate!
Allora: prima di parlare di "uscite" dovremmo conoscere i dati di vendita, che credo siano molto bassi. Si tratta più di una riproposta nostalgica rivolta a un pubblico di appassionati (nuovi e vecchi), che di un fumetto che "tiene" autonomamente l'edicola.
Credo che il western ormai abbia un appeal vicino allo zero, per i ragazzi di oggi. Anche Magico Vento, che pure ha cercato di ibridare Far West e tematiche dylandogghiane, prima ha dovuto accettare la bimestralizzazione, e poi ha chiuso.

Giuseppe - Interessante...

Marcello - Quanto alla diversità, non scordare che il trio lavorava sotto la ghigliottina della Garanzia Morale! Prima hanno però fatto Kinowa (su testi di Lavezzolo) che era tutt'altro che "gentile": uno "scotennato" che per brama di cieca vendetta si mette una maschera demoniaca e va in giro ad ammazzare indiani!





Giuseppe - E' vero. Comunque non è che l'attuale cinismo imperante sia meno stucchevole... forse perché adesso comanda la Garanzia Immorale!

Marcello - Ah! Ah! Direi che i fumetti neri degli anni 60 hanno vinto la loro battaglia!

Giuseppe - Stravinta, ed è perciò che sono diventati, alla lunga, reazionari. Poco interessanti... Ho notato questo: i cattivi, quando strafanno stufano davvero. I buoni, invece, finiscono sempre con lo strapparci un sorriso.

Marcello - Sì, personalmente ho sempre lavorato su personaggi sostanzialmente positivi, anche se il contesto era horror, magari. Però confesso che riscrivere, adeguato ai tempi, Kinowa mi piacerebbe da matti. Aveva quel taglio feuillettonistico che amo alla follia!

Giuseppe - Kinowa è uscito in una bella ristampa della Dardo con le vignette ingrandite. Un personaggio surreale... Ma torniamo a Miki: l'eroe ragazzino è vivo nei manga e non più da noi. Farne una versione alla giapponese?

Marcello - Diciamolo ai giapponesi!
Gli eroi ragazzini erano giustificati dal fatto che ci si rivolgeva prevalentemente a un pubblico infantile. Oggi sopravvivono credo, appunto, solo nei manga, nei cartonati francesi per ragazzi, e - in Italia - sul Giornalino. Io stesso ho finito da poco di scrivere una serie che ha per protagonisti i ragazzi e ragazze di un liceo. Sul numero della prossima settimana inizia la seconda parte, otto episodi. Gli altri fumetti, invece, si rivolgono ormai a un pubblico da adolescente in su (Topolino a parte), e devono ovviamente battersi con l'immaginario di telefilm, film e videogiochi!


Giuseppe - Che peccato... Miki agiva in un parte degli Stati Uniti raramente sfruttata dalla letteratura e dal cinema, il Nevada. E inventava una Coulwer City (con annesso Fort Coulwer) che derivava forse dalla Culver City californiana, mecca degli studios cinematografici. I Ranger del Nevada, però, non sono mai esistiti!

Marcello - La esseGesse aveva una grandissima professionalità e due talenti di grandissima levatura: Sinchetto ai disegni, e Sartoris ai testi. Le loro storie erano delle piccole... commedie avventurose dove venivano toccate tutte le corde possibili: l'azione, la suspense, il rosa, il comico... riuscendo a stare in 32 strisce ogni volta e lasciando sempre il lettore col fiato sospeso in attesa del nuovo numero!

Giuseppe - Questa delle strisce fu una genialata, ma anche un handicap, visto che, quando rileggi le storie in formato albo, hai l'impressione di non seguire un vero racconto ma un collage di colpi di scena! C'è molta differenza, fra le due cose... ed è una formula tornata di moda oggi.

Marcello - Beh, le strisce erano figlie da un lato del formato "importato" dall'America, e dall'altro della miseria del dopoguerra. In casa mia giravano pochissimi soldi, ma 20 lire per un albo a striscia si trovavano sempre. Bonelli è l'unico che è riuscito a sopravvivere, degli editori di quell'epoca, perché ha capito che a metà dei Sessanta, finalmente, i lettori avevano più denaro da spendere, e ha avuto il "colpo di genio" di far continuare direttamente la produzione originale di Tex, Zagor e Piccolo Ranger in quelle che fino a quel momento erano state le raccolte da 200 lire, facendolo diventare il suo standard anche per le nuove produzioni. Chi non ha fatto il salto, è annegato con le strisce. Ma forse era anche un problema di contenuti: ai lettori cresciuti erano più congeniali il "maturo" (narrativamente) Tex e il problematico-hippy Zagor, piuttosto degli infantili Miki e Blek, oltretutto diventati l'ombra di sé stessi quando l'esseGesse decise di editarsi da sola con Alan Mistero.
E' vero che poi, col Comandante Mark, la loro formula ha funzionato per altri vent'anni: l'asso nella manica era proprio il formato bonelliano!



Giuseppe - Già, ma le avventure francesi e slave di Blek non sono male e ora le stanno ripubblicando proprio tutte, comprese le inedite. Originariamente erano in formato libretto spillato, credo, anche se non ho mai visto un numero di Kiwi; mentre la Dardo le ha riproposte nei Blekkoni giganti degli anni Novanta e Gianni Bono le sta rieditando in formato bonelliano.

Marcello - Io ho avuto dei Kiwi. Alcuni albi (un bonelliano più piccolo) erano spillati, altri (mi ricordo la Storia del West) erano brossurati, tutti stampati in cartaccia da giornale. Quella che i francesi chiamano "stampa da stazione"! So che ci hanno lavorato dei buoni autori, in effetti. La Dardo avrebbe potuto pubblicare quelli, adottandone magari anche il formato, invece di affidarsi a Italiani che imitavano in maniera decisamente penosa il trio torinese.

Giuseppe - Però Bignotti non è male!

Marcello - Sì, specialmente da quando aveva trovato quel bravo autore di cui mi sfugge il nome che gli faceva gli sfondi. Mi ha disegnato qualche bella storia di Zagor, compreso quella a cui sono più affezionato: "Duello ai Grandi Laghi", dove avevo infilato il baggatiway, l'antenato del lacrosse canadese. Nessuno l'aveva ancora mai usata in un fumetto, bonelliano e non. E credo sia anche una delle poche storie a fumetti a tema sportivo! Ne sono proprio fiero! Fra l'altro la storia era basata su un episodio storico: gli indiani avevano usato la partita per assalire un fortino!


Giuseppe - Fantastico. Ora potremmo cambiare genere e venire proprio a te: western per western, affrontiamo il tuo Zagor. Te la senti ora o preferisci rimandare alla prossima puntata?

Marcello - Rimandiamo! Adesso devo uscire per fare la spesa e passare a prendere figlia dall'amica e moglie in ufficio!

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Marcello - Ci sei, Giuseppe?

Giuseppe - Sì, ma... sigh... dovrei lavorare! Ci concediamo una mezz'oretta?

Marcello - Sì, dài... poi mi rimetto al lavoro anch'io. Dove eravamo rimasti? A Zagor?

Giuseppe - Perfetto. Tu l'hai disegnato e anche scritto: una cosa rara o addirittura unica, per quel fumetto?

Marcello - Ehi, ehi, no... io l'ho SOLO scritto! All'epoca i disegni erano tutti ed esclusivamente del gruppo "storico": Ferri, Donatelli, Bignotti. E dei due "giovani" Torricelli (mio quasi omonimo) e Pepe (poi tragicamente scomparso a causa di un infarto, lasciando moglie e due figli! Sob!).

Giuseppe - Ops... dal che si vede che sono un lettore dello Zagor recente, anche se da qualche parte ho la ristampa dei primi cento. Le tue sceneggiature con che numero cominciano?

Marcello - Col numero 204 o 205, non ricordo. E terminano un centinaio di numeri dopo, 320 o giù di lì...

Giuseppe - E' stata l'unica volta che ti sei "limitato" a fare lo sceneggiatore?

Marcello - No, no. Ho scritto sceneggiature per Lanciostory e Skorpio, per Intrepido, per Topolino (una!), per Poochie, per Candy Candy, per serie e storie autoconclusive del Giornalino, per Gordon Link, per Lazarus Ledd. Oltre che per gli altri bonelliani: Dylan Dog, Nick Raider, Il piccolo ranger, Kerry il trapper... e persino una sceneggiatura di Tex di 16 pagine per... uso interno: la davano ai nuovi disegnatori per le tavole di prova!

Giuseppe - Fantastico. Per Zagor com'è andata, ti sei proposto o ti hanno invitato loro a occuparti del personaggio?

Marcello - Mi ha "tirato dentro" Gianni Bono, da intermediario, col suo studio. E con questa scusa, per quasi dieci anni si è preso ben il 30% dei compensi... per portare le sceneggiature da Piazza Napoli a via Buonarroti! Non andava nemmeno a discutere i soggetti, lo facevo io. Finché ho scoperto la percentuale che prendeva, e ho rotto i rapporti. Sono stato un vero coglione...

Giuseppe - Gianni Bono, apriamo una piccola parentesi. Sembra che quest'uomo abbia attraversato tutta la storia del fumetto, dagli anni Settanta in poi. Personalmente compro oggi alcune delle sue Edizioni If, ma l'altro giorno ho trovato su una bancarella le domenicali di Tarzan di Hal Foster riproposte dalla Cenisio negli anni Settanta e sono a sua cura!

Marcello - Sì, è un indiscutibile appassionato e collezionista. Sul fronte professionale... lasciamo perdere.

Giuseppe - Capisco. Torniamo a Zagor: prima di scriverlo ne eri appassionato?

Marcello - Sì, certo. Avevo tutta la collezione. Almeno fino a che l'aveva scritto Bonelli. Anche per quello, quando Gianni mi propose di scriverlo, mi ci tuffai senza pensare che forse avrei potuto presentarmi da solo alla Bonelli, scavalcandolo. Ho voluto essere corretto... e è andata come è andata. Comunque scrivere Zagor, finché non si è creata qualche ruggine nel rapporto professionale, è stata veramente una gioia, per me. E, per fortuna, a parte qualche "studioso" che dà valore solo agli Zagor scritti da Bonelli (e da un certo punto di vista posso anche essere d'accordo) tuttora molti lettori e critici mi riconoscono una maggioranza di belle storie tra le moltissime che ho scritto.



Giuseppe - Zagor appare un personaggio più naïf  di Tex. Forse piace proprio per questo?

Marcello - Sì, Tex era giusto figlio di Gianluigi, un "duro" nella scrittura. Zagor, oltre a essere una indovinatissima miscela tra Amok, l'Uomo Mascherato e Tarzan con un pizzico di supereroe, era decisamente più semplice e bonario, anche se poi, nella maturità, questo ha consentito a Sergio di trattare temi molto più profondi di quelli possibili nel tetragono Tex.

Giuseppe - Per esempio?

Marcello - Beh, il razzismo, la coltivazione del dubbio, nessuna manichea divisione tra buoni e cattivi... Zagor ha un senso di "civiltà" decisamente più duttile e moderno, rispetto a Tex. E ovviamente questo percorso ideologico di Sergio è poi sfociato in Mister No raggiungendo l'apice. Anche se Tex è sicuramente più capace di toccare l'anima profonda dell'italiano medio, un po' anarchico e giustiziere-in-proprio: basta pensare che Tex vende ancora più di 150.000 copie al mese (solo la collana inedita... poi ci sono le ristampe), mentre Zagor fa fatica a tenere le 40.000. Anche se pare che, terminata la collana di Tex, su Repubblica ora metteranno la ristampa a colori di Zagor. Vedremo. E speriamo che anche quella vada avanti un bel po' ... per me vorrebbe dire un bel mucchio di soldini di diritti d'autore!

Giuseppe - Te lo auguro. Ma a proposito di colore: pur avendo acquistato l'intera Collezione storica, trovo che cromaticamente non abbiano fatto un lavoro eccelso e so che anche Sergio se ne lamentava. Perché oggi l'industria preferisce colori "smorti", marroncini e cinerini a quelli sfavillanti della vecchia quadricromia tipografica? Perché non si fanno più cavalli rossi, case blu e prati arancione, che erano la grande scoperta dei fumetti di una volta?

Marcello - Mah, non saprei. Non ho preso la collana (ormai le mie librerie non hanno più spazi liberi), ma so che la colorazione veniva fatta da un "service" di Sesto S. Giovanni, la GFB dei fratelli Capizzi, per cui non c'è stata un gran scelta "d'autore" in nessun senso. Credo che i colori fossero come li voleva Sergio che, a quanto mi dicono, quando Recchioni ha chiesto che la sua nuova miniserie fantascientifica a colori venisse messa nelle mani di un colorista "vero" che non si limitasse a fare i colorini piatti, si sia incazzato dicendo che per i suoi fumetti andavano bene quei colori lì e che anche i suoi nipotini erano in grado di farli senza cercare "artisti" della colorazione (magari più costosi di quanto voleva, abituato al suo tranquillo ed economico bianco e nero)!

Giuseppe - Uhm. Per me, colore nel fumetto popolare vuol dire ancora quattro-colori-quattro dati con gli inchiostri delle macchine. Ma mi rendo conto che è medioevo e che per le serie moderne ci vuole ben altro. Torniamo a Zagor: tu cosa facevi per farti venire l'idea di un soggetto?


Marcello - Mah, quello che si fa per trovare le idee per qualsiasi storia: si guardano i riassunti delle trame dei film, si cercano spunti in libri che si è letto... in quel caso, poi, mi ero procurato tutta una serie di libri sulla storia del Far West e delle tribù indiane e cercavo particolarità che, abbinate agli spunti nati dalle altre letture, facessero scattare la scintilla per un'idea più o meno originale. Ho rifatto a modo mio anche "Il giro del mondo in 80 giorni", "1999 fuga da New York", "Il mondo perduto"...
Recentemente un vecchio lettore (laureato nella materia) si è complimentato con me per come mi ero inventato un ecosistema coerente proprio nel rifacimento di "Il mondo perduto", disegnato da Ferri.
Non sarei un appassionato di fantascienza, se non mi piacesse inventare mondi!

Giuseppe - Giusto! Zagor, nonostante tutto, non è un fumetto western ma di libera avventura. Ci si può mettere tutto, anche il fantastico. E naturalmente il comico, come in tutti i fumetti bonelliani con spalla. Ma forse Cico è riuscito meglio di altri personaggi d'appoggio, è un piccolo protagonista davvero: che ne pensi?

Marcello - Sì... peccato che dopo un po' di anni Decio Canzio mi abbia chiesto di ridurre la durata delle gag, segandomene di netto una (secondo me molto riuscita), perché riteneva (d'accordo con Sergio, immagino) che le vecchie gag che a volte duravano per un intero albo a striscia (80 pagine!), "rallentassero" l'azione. Poi, da molti lettori e critici, sono stato criticato perché non davo spazio al messicano!

Giuseppe - Succede sempre così. Nel tratteggiare il personaggio eri relativamente libero? Come ritieni di averlo modificato?

Marcello - Mah, amando il personaggio, ho cercato di rispettarlo al massimo. Forse, proprio per le letture di documentazione western di cui dicevo prima, ho aggiunto qualche dose di realismo e di "storicità". Ma Sergio era contento del mio lavoro, lo ha detto pubblicamente, proprio perché avevo rispettato, conoscendolo bene, il personaggio. Quando ho sentito il bisogno di fare il personaggio un po' più mio... ho dovuto abbandonare, perché Sergio non voleva cambiamenti.

Giuseppe - Com'è finita la vostra collaborazione?

Marcello - Niente, ho proposto dei cambiamenti e anche una nuova serie (quando di serie se ne sperimentava una ogni quattro o cinque anni e dopo molti studi)... ma era chiaro a me e a loro che in realtà stavo presentando una lettera di dimissioni. Il nuovo lavoro al Giornalino (Dante e Agenzia Scacciamostri) mi soddisfaceva di più.

Giuseppe - Sì, quella casa editrice è un terreno minato. Devi solo obbedire, i creativi pensano di essere gli interni... ne so qualcosa anch'io. Marcello, sospendiamo per stavolta? E la trascrizione la fai tu o io?

Marcello - Trascrivo io, tranquillo.
Quando hai tempo, attendo anche una risposta sui programmi uraniani relativi alla serie della McMaster Bujold (vedi nella chat, un po' più su). Ciao... alla prossima!

Giuseppe - Ciao! Ti chiederò una consulenza fumettistica via email, perché ho ricevuto una proposta molto impegnativa da un cartoonist sardo. Te la giro, grazie.

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Marcello - Di cosa parliamo, allora? Ancora Zagor per la ristampa?

Giuseppe - Sì, Zagor a colori. Che effetto ti fa vederlo così?

Marcello - Beh, avendo già visto qualche volume dell'edizione di Tex, è quello che mi aspettavo. Personalmente avrei preferito una colorazione più moderna, ma giustamente hanno proseguito nel solco delle precedenti decisioni di Sergio... e questo può già comunque essere un sintomo di come la casa editrice rischia di mummificarsi sul pensiero del defunto.

Giuseppe - Cosa vuol dire colorazione più moderna?

Marcello - In ogni caso, è bello vedere un'edizione di lusso di quelle storie dal sapore un po' ingenuo. Come d'altronde avevano già fatto con alcuni volumoni della Mondadori, no? La colorazione più moderna vuol dire che di notte il rosso della casacca di Zagor è più spento, il colore della pelle più marrone, gli sfondi giocati tutti su toni di blu...

Giuseppe - Capito. Ma la casacca di daino rossa, non ti sembra un'eccentricità? Passi sulle copertine, però in tutte le vignette mi pare un po' troppo.

Marcello - Beh, il personaggio è quello. Un po' Tarzan che vola sulle liane, un po' supereroe con il "costume" rutilante (nella realtà, una casacca del genere avrebbe attirato frecce e pallottole come una calamita!)... o lo si accetta (e lo si colora di conseguenza) o si legge Tex... che anche lui, con quella bella camicia gialla!!!

Giuseppe - Già, già. Pensavo solo alla difficoltà di colorare in rosso una casacca di pelle. Ai primi dell'Ottocento, poi... Ho letto rapidamente il primo volume, ma il secondo mi stanca. Sono ancora a pag. 100, perché non sono abituato alla narrazione degli albetti a striscia: verbosa, ripetitiva e fatta di scene incollate insieme più che di una vera trama.

Marcello - Tieni conto che quelle prime storie sono in gran parte farina del sacco di Ferri, che è un disegnatore prestato solo momentaneamente alla sceneggiatura. Già quelle di babbo Bonelli successive sono più pregnanti, e con quelle del ritorno di Sergio/Nolitta cominceranno a trovare una più giusta dimensione. Però è vero che già il passaggio dalla striscia (sia pure di 80 pagine) al volume già pesava un po' sui volumetti bonelliani, figuriamoci qui dove sono raccolti due numeri e mezzo per volta!

Giuseppe - Le edizioni a striscia di Zagor avevano ottanta pagine? E quanto costavano?

Marcello - 50 lire, a differenza delle venti degli albetti di 32 pagine. Avevano anche la costolina in brossura, invece della spilla.

Giuseppe - Una roba da siuri, insomma. Apprezzo lo sforzo di Ferri-sceneggiatore, ma forse a questo si deve il brusco salto temporale per cui, dopo il primo episodio nolittiano, sembra che sia passato già qualche tempo nella convivenza tra lo Spirito e Cico. Per esempio, quando Cico ha corteggiata la grassa figlia del Sakem? Quando l'ha piantata in asso? Quali avventure Ferri ci ha nascosto, alludendovi a malapena?

Marcello - A volte ho l'impressione che le prime storie realizzate di Zagor siano quelle scritte da Ferri, e che solo in un secondo momento Sergio abbia deciso di inserire "La foresta degli agguati" come storia di "presentazione" dei personaggi. Per poi abbandonarlo di nuovo nelle mani del padre per le sue insicurezze di sceneggiatore alle prime armi (col genitore che gli diceva: "Tu andresti bene a scrivere Topolino, non le storie d'avventura!"), come già aveva fatto con "Un ragazzo nel Far West". Anche lì intervenne il padre, per un po'...


Giuseppe - Un padre castratore, quando di solito si dice che sia il ruolo della madre... Povero Sergio, non vedo l'ora che tornino le sue storie. Ma anche quelle di Gianluigi mi incuriosiscono, e quanto a Gallieno, è un ottimo tappabuchi.

Marcello - Sì, è anche grazie a lui che non è morto sul nascere ed è poi arrivato al grande successo delle più di centomila copie vendute (fors'anche 200.000, se non ricordo male).

Giuseppe - Tornando ai colori, non saranno ultramoderni, ma semimoderni sì. Ad esempio non trovo traccia di una cosa che a me piaceva moltissimo, nei fumetti colorati tipograficamente: la persona o la casa in ombra che è tutta colorata di viola, di marrone o di blu, per staccarla dai personaggi colorati realisticamente. Che bello...! Pare un espediente dimenticato.

Marcello - Beh, sì. Anche perché ora si colora con il computer. I Tex e Zagor di Repubblica li fanno alla GFB, che è sinonimo di lavoro "industriale", certo non artistico. E d'altronde scriveva giusto due giorni fa Burattini che fanno un volume di Bonelli in tre-quattro giorni! 256 pagine!!! Difficile che abbiano il tempo di fare, che so, le ombre sui corpi dei personaggi! E tantomeno di fare cose preziose come ricercare colorazioni d'antan che, certo, sarebbero adeguatissime a quelle storie degli anni 60!

Giuseppe - Ma no, non ricercare: basterebbe decidere che il tale è in ombra oppure che voglio staccarlo dagli altri e lo coloro tutto di rosso, blu o verde: un colore scuro, insomma. Con il computer puoi farlo benissimo. Il punto è che qui non sembra esserci un colorista creativo, uno che "decide" la scala cromatica. Così appiattiscono tutto, anche se professionalmente.


Marcello - Appunto: è una produzione "un tanto al chilo" fatto in maniera un po' infantile, senza tener conto della luce, del buio, della polvere... colori piatti sulle figure umane e qualche sfumaturina sui paesaggi, tanto per far vedere che sanno farle. Il tipo di colorazione che dici tu l'ha usata (molto a proposito) mio figlio Jacopo per una tavola (del grande D'Antonio) da portare all'esame del corso di colorazione con Photoshop. Se vuoi darci un'occhiata, è qui: (link).

Giuseppe - Vado a guardarla subito... A me il colore nel fumetto piace molto, devo ammetterlo.
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Giuseppe - Perfetta! Bellissimo lavoro.

Marcello - Comunque, si spera che la forza "pubblicitaria" di Repubblica riesca a fare il miracolo che ha fatto con Tex anche con Zagor. Il primo numero (che però costava solo 1 euro) è andato esaurito in due giorni e l'hanno dovuto ristampare...

Giuseppe - Lo so, me lo dicevano lunedì in Bonelli. Io li prendo tutti, stai tranquillo.

Marcello - Io no, invece. Ho preso il primo, e riprenderò i miei se ci arrivano. In casa non ho più posto "fisico" per ospitare una collezione del genere. Se la facessero in digitale, allora...

Giuseppe - Giusto, dovrebbero farla su CD rom o per lettori digitali. A proposito di colori, io prendo anche i Diabolik colorati di Panorama: lì il colorista non legge mai il testo, perché a volte il colore degli oggetti non corrisponde a quello dichiarato nelle "spieghe".

Marcello - Ah! Ah! Vecchio vizio dei coloristi! Ho visto cose su Topolino, ma anche sulle storie che disegnavo io per il Giornalino, che gridavano vendetta! No, pardon, non per il Giornalino! Per Adamo della Corno... sul Giornalino le indicazioni di colore le davo direttamente io!

Giuseppe - Ah, ecco. Negli anni Sessanta, ammiravo molto i colori "sporchi" che davano ai fumetti di Magnus tipo Kriminal e Satanik, in occasione dei numeri speciali. E più che sporchi, accesi (lurid in inglese).

Marcello - Ne ho un vago ricordo... purtroppo quelle erano collezioni che faceva mio fratello Marzio, e quel fetentone se le è vendute tutte senza nemmeno chiedermi se volevo comprargliele io!

Giuseppe - Guarda, io fremo letteralmente di fronte a un Dennis Cobb a colori (lo erano quasi tutti), a Kriminal n. 50, a Satanik contro il barone Wurdalak, a Gesebel... Secchi ha raccontato vari aneddoti sulla colorazione di quelle tavole, in appendice alle edizioni Mondadori di Kriminal e Satanik. Ho recuperato molti di quei vecchi numeri (che avevo persi tutti, naturalmente).

Marcello - Bisognerà che qualcuno me lo riprenda, la prima volta che vado a una mostra...

Giuseppe - (Ma delle testimonianze di Secchi si può ben dubitare.)

Marcello - Ah! Ah! Sì, non usa la fantasia solo per scrivere Alan Ford!



Giuseppe - Sì, ti intossicherai piacevolmente. Comunque, è strano: da ragazzo abbandonai ben presto i fumetti "sani" in favore di quelli per adulti. E i bonelli-bonellidi non li ho mai letti: tutti in bianco e nero, tutti a puntate... Mi facevano tristezza! A quell'epoca pensavo addirittura che Galleppini fosse un mediocre disegnatore, se paragonato a Sy e Dan Barry!

Marcello - Beh, diciamocelo: in America erano molto più "professionali". Io ricordo quasi con stupore la bellezza del Flash Gordon a colori della Corno, proprio di Barry. E le donnine che disegnava! Erano quasi più sexy di quelle di Magnus. Anch'io i bonelliani li ho "recuperati" tutti più tardi, proprio grazie alla ristampa di Zagor, al Comandante Mark e soprattutto alla "stranissima" Storia del West del gigantesco D'Antonio.

Giuseppe - In sostanza, si può dire che io sia un figlio dei comic book tradotti dall'inglese e dei fumetti neri e per adulti degli anni Sessanta (non quelli di Barbieri, che allora disdegnavo). Quando vedevi i disegni di Rip Kirby (Raymond o Prentice), ti prendeva un coccolone. In Italia, invece, puntavamo sulla quantità... che sfiniva il disegnatore come un cavallo sfruttato fino a stramazzare.



Marcello - Era un mondo editoriale mooolto artigianale! Quello passava il convento! I Barry e i Raymond lavoravano per i quotidiani e prendevano cifre altissime, tanto da potersi permettere perfino le modelle. Il povero Galleppini per disegnare i ranch poteva rifarsi solo... ai casolari della campagna grossetana!

Giuseppe - Infatti. Però i vizi sono comuni a tutti: per esempio, mi riesce difficile perdonare a Sy Barry l'uso intensivo di altri matitisti che gli facevano da negri. Questo ha portato a traumatici cambi nel tratto, secondo i decenni: negli anni Sessanta si serviva di assi come Carmine Infantino, Joe Giella eccetera; ma nei Settanta mise tutto nelle mani di André Le Blanc che disegnava un Phantom dagli zigomi alti e la mascherina ridotta al minimo, col risultato di dargli un faccione. Non parliamo poi di fine anni Ottanta e Novanta, quando Barry si fece sostituire da George Olesen, un povero impedito...

Marcello - Sì, certo, anche le produzioni sindacate avevano i loro problemi. Magari il disegnatore era malato, o aveva altre cose da fare... e la striscia doveva uscire comunque, sui giornali.
In Italia è mancato soprattutto il "capitale" Le testate che potevano pagare bene e permettere ai disegnatori di lavorare a ottimi livelli erano poche: Il Vittorioso, il Giorno dei Ragazzi, L'Intrepido, il Pecos Bill della Mondadori...

Giuseppe - Forse nei nostri c'era più coinvolgimento col personaggio... tornando a Zagor e a te, ti è mai capitato di identificarti nello Spirito con la scure?

Marcello - Ah! Ah! No, quelle cose le lascio a Burattini, che si faceva anche la maschera per carnevale! No, per me era solo un personaggio tra i tanti che amavo. Prima di lui c'erano stati Pecos Bill, Buck Danny, Il Cavaliere Sconosciuto... e dopo sono venuti Ken Parker e altri.


Giuseppe - Da bambino avevo una forte identificazione con Phantom, ma, non potendo illudermi di essere lui, lo sognavo che "mi dava udienza". Anche alla mia famiglia, se è per questo. E che colori: rosso scarlatto, il verde smeraldo dei prati, il cielo azzurro...

Marcello - No, forse perché io i fumetti me li disegnavo sui fogli strappati dai quaderni di scuola (con copertina, gerenza, pubblicità, spilletta...) fin da quando avevo dieci anni, ho sempre "saputo" che erano storie create da qualcuno, raccontate ai lettori che come me "ascoltavano", perciò non sono mai riuscito a sentirli "veri". Forse qualche personaggio visto al cinema poteva spingermi a una sorta di identificazione.

Giuseppe - Bene, Marcello, ci aggiorniamo alla prossima puntata?

Marcello - Okay. Mi piacerebbe parlare della fantascienza nei fumetti (e nei romanzi). Loris Cantarelli mi ha girato il pdf di una tua intervista a non so più quale rivista e ci sono degli spunti che mi piacerebbe approfondire...

Giuseppe - Ma certo! A presto ritrovarci.

Marcello - Ciao!

Giuseppe - Ciao e grazie

...invece con ci furono altri scambi di idee. Probabilmente presi entrambi dai nostri rispettivi impegni, lasciammo cadere questi piccoli appuntamenti periodici. E ora non ci sarà occasione di riprenderli.

Vi lascio con il bel ritratto che gli fece il comune e bravissimo amico Giuseppe Festino.





1 commento:

  1. Molti romanzi, racconti, ecc. di Urania andrebbero ristampati...
    Ci sono autori che non hanno avuto più riedizioni.
    James White in primis, con il suo "Stazione Ospedale" (che mi sembra comunque fosse stato edito eoni fa dalla BUR e poi dalla Nord) scriveva anche racconti brevi meravigliosi.
    Saluti.

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