Commentando qualche giorno fa su Facebook la pubblicità di un nuovo romanzo a fumetti tratto da un successo di Maurizio De Giovanni sul catalogo online Preview, scherzavo sui motivi che potevano aver spinto la redazione della Bonelli a non mettere in copertina i nomi dello sceneggiatore e del disegnatore, ma solo quello dello scrittore. Qualcuno l'ha presa più sul serio del necessario, ma non è un problema. Purtroppo quando si mettono le parole nero su bianco, possono acquistare un "peso" che non hanno mai avuto nella testa di chi le ha scritte. Pace.
Vedremo poi se quella apparsa su Preview (senza l'abituale scrittina "copertina provvisoria") è davvero la cover definitiva - e sarebbe un doppio problema: primo, rappresenterebbe uno schiaffo agli autori del fumetto; secondo, farebbe toccare il fondo alla cura grafica della casa editrice, data la sua essenzialità per non dire povertà - o se si è trattato di una svista dei comunicatori della casa editrice, e allora sarebbe il caso di controllarli di più (se sono pagati a sufficienza per richiedere loro un lavoro di buona qualità) e magari anche di fare loro un breve corso sulle varie facce del fare editoria in modo da evitare, come è successo in passato, che scrivano che gli albi delle serie regolari di Bonelli hanno "98 pagine".
Però, tra i commenti, c'è stata una frase di Mauro Uzzeo, collaboratore bonelliano, che mi ha spinto a ulteriori e diverse riflessioni (quando disegno, il cervello va dove gli pare, e in questi giorni sto prevalentemente disegnando. Per i più curiosi, sono al lavoro su una nuova storia dell'Omoragno per un libro delle rinascenti Edizioni Foxtrot. E' quasi pronto; ne riparleremo).
La frase è questa: "Ricciardi (...) è un personaggio notissimo in ambito letterario e quindi è evidente che l'intera operazione è volta a solleticare - oltre che i lettori di fumetti - soprattutto i lettori di De Giovanni che amano Ricciardi, quindi è SACROSANTO che quelli siano i nomi più visti in copertina".
Mi sono così trovato a riflettere se sia così dappertutto, dal fumetto al romanzo e allo schermo piccolo e grande, o se passando dall'uno all'altro le priorità cambino.
Il risultato è questo: cambiano, e nella graduatoria d'importanza il fumetto - vabbe', in fondo l'abbiamo sempre saputo - è l'ultima ruota del carro. Infatti, se un fumetto è tratto da un romanzo, come ci spiega Uzzeo, è normale privilegiare in copertina l'autore del romanzo di successo, affinché funga da traino nelle vendite. Ma se a essere tratti da un romanzo (o da un fumetto, se è per questo) sono un film o una serie tivù, ecco che che a essere sparati in grandi caratteri su locandine e copertine di DVD sono invece gli attori e/o il regista, mentre scrittori e fumettisti finiscono scritti in piccolo con un "tratto da...", tra gli autori delle musiche e della fotografia.
Vediamo qualche esempio.
Se nel manifesto de "Il vecchio e il mare" Ernest Hemingway si guadagna un certo risalto, comunque un decimo di quello del protagonista Spencer Tracy, "La ragazza del treno" si limita a fare riferimento al "thriller che ha tenuto il mondo col fiato sospeso" e "Millennium" segnala soltanto che il film è tratto "dal fenomeno editoriale internazionale". E ciao Stieg Larsson.
Pure le produzioni televisive non danno grande visibilità all'autore dei romanzi (vediamo il caso di Montalbano), né in Italia né all'estero. A prevalere è il nome dell'attore, oltre a quello del personaggio. E pure De Giovanni, di cui parlavamo sopra, nel DVD de "I bastardi di Pizzofalcone" deve accontentarsi di una citazione in piccolo rispetto ai protagonisti.
Se passiamo ai film tratti da fumetti, gli autori - quando ci sono - sono sempre segnalati abbastanza in piccolo; solo Hergé sulla locandina ha lo stesso risalto di regista, produttori e sceneggiatori, ma solo perché non ci sono attori a fare la parte del leone. E nella copertina del DVD scompare proprio. Ininfluente. A "solleticare" gli spettatori basta il nome del personaggio.
Se passiamo ai fumetti di casa nostra, restando in casa Bonelli vediamo che lo sceneggiatore creatore del personaggio di Tex (disegnatore non pervenuto, ovviamente) deve accontentarsi di apparire dopo gli attori, e comunque con un carattere più piccolo di quello del regista.
Completamente ignorate le sorelle Giussani creatrici del personaggio sulla locandina del "Diabolik" di Mario Bava così come, per quel che si riesce a intravedere, sulla copertina del DVD della nuova versione dei fratelli Manetti, al cinema dal prossimo dicembre.
Non cambiano molto le cose per i film tratti da "romanzi grafici". Nella locandina di "5 è il numero perfetto" Igort si guadagna il nome bene in evidenza, ma solo perché è regista del film oltre che autore del fumetto, mentre Gipi deve accontentarsi del solito trafiletto in caratteri piccoli, anche se in evidenza sopra al titolo della pellicola.
Sembrano non fare eccezione neppure i film di supereroi: sulle locandine di Spider-Man non si intravedono né il nome di Stan Lee né quello di Steve Ditko (perdonate la mia ignoranza: ma hanno fatto un film dell'Uomo Ragno interpretato da Michael J. Fox? O è una falsa locandina fatta bene?) né di altri autori nei film di differenti personaggi Marvel e DC.
Anche nel percorso inverso, dal cinema al fumetto, almeno in copertina non ci sono, tout court, nomi di autori (in qualche caso, quello del "padre" cinematografico, come è giusto) e, se ci sono, è sempre in relativa evidenza.
A dimostrazione della prevalenza del video su tutto il resto, dopo il passaggio sullo schermo grande o piccolo anche sui romanzi di partenza l'editore decide spesso di "agganciarsi" ai protagonisti di cinema e tivù, evidentemente dotati di maggiore capacità di "solleticare" l'attenzione del lettore.
Credo si possa serenamente concludere che cinema e tivù sono considerati (e sono di fatto) i media di maggior appeal, e che siano loro a dominare la variegata catena della narrazione, seguiti con un bel distacco dalla letteratura e infine da quel cugino povero che è il fumetto, costretto ogni tanto a elemosinare un nome di richiamo dagli aristocratici romanzi. Meno male che la crescente "librizzazione" del fumetto sta portando i fumettisti (almeno alcuni) al pari degli scrittori. In questo settore, l'ascensore sociale funziona ancora.