martedì 17 settembre 2024

Via dalle pazze fiere (del fumetto)



Ho già scritto sulla situazione delle Fiere del Fumetto in Italia.
Una ulteriore riflessione sull'argomento l'ho fatta in occasione di Modena Nerd, uno degli eventi che, pur ospitando anche i fumetti, come da me auspicato hanno deciso di non nominarli nel logo della manifestazione. Giustamente, perché quella fiera si rivolge a un pubblico generalista principalmente interessato ad altre forme di intrattenimento e collezionismo che non sono quella delle Nuvole Parlanti. E dunque giochi, da tavolo e da video, pupazzi di vario genere, magliette, katane e incontri con youtuber e personaggi dello spettacolo.





Quando vedi la maggioranza dei visitatori passare davanti agli stand di libri a fumetti e non solo non soffermarsi per curiosare, ma nemmeno girare lo sguardo in quella direzione, capisci che per loro quel genere merceologico semplicemente non esiste, non viene registrato dai loro radar.
Mi sono perciò domandato se non è "ora di migrare", abbandonando quei luoghi dove l'autunno sta già facendo ingiallire le foglie (pardon: i fogli) e annuncia un inverno davvero rigido per il settore. Per andare dove? La risposta è semplice: dove c'è gente interessata alla lettura, e dunque alle fiere del Libro.
Tutto sommato, mi sembra l'uovo di Colombo .
Il fumetto, nel periodo dei suoi grandi successi, era un prodotto da edicola, considerato "roba da ragazzi" e snobbato - se non disprezzato - da lettori, editori e critici delle pubblicazioni da libreria. Poi le cose sono cambiate: da un lato la concorrenza di altre e più accattivanti forme di intrattenimento portate dalle innovazioni tecnologiche ha allontanato dalla lettura dei fumetti molte persone; dall'altro la "mutazione genetica" dell'immaginario dei ragazzi che, dagli anni ottanta, ha ricevuto l'imprinting dominante di anime e manga ha eliminato il ricambio generazionale che aveva fin lì permesso ai "giornalini" di andare avanti. Grazie alla trovata di marketing di definire il fumetto (o almeno alcuni fumetti) graphic novel, a un certo punto per il nostro amato linguaggio si sono finalmente spalancate le porte delle librerie che, prima per i successi di "fenomeni" della Rete come Zerocalcare e Sio e poi per quello dei tankobon, oggi non possono più prescindere da una corposa presenza del medium sui loro scaffali. Naturalmente, l'ho già spiegato, non si tratta di una nuova età dell'oro, ma solo di una "riserva indiana" dove sta trovando riparo quel che resta della Nona Arte nelle sue varie declinazioni.


Stando così le cose, forse è ora che gli operatori del settore ne prendano atto anche per quello che riguarda le fiere, abbandonando quelle che di fumetto ospitano ormai solo il nome in cartellone, e spostarsi in quelle di libri dove il pubblico è già selezionato in partenza: persone che leggono.
Per quella che è la mia esperienza, sia nelle più grandi come il Salone del Libro di Torino dove i più pronti si sono già infilati - e con soddisfazione - a quelle minori, ho riscontrato infatti che, anche chi non legge abitualmente fumetti, in quei contesti si avvicina comunque incuriosito, sfoglia e spesso compra.



Dunque, fatte salve poche manifestazioni davvero specializzate come Lucca Collezionando e la Lucca maggiore per chi potrà continuare a sostenere i sempre lievitanti costi, credo sia giunta l'ora di lasciare eventi che prospettano solo una stagione sempre più fredda a chi opera nel nostro settore e migrare verso manifestazioni dove l'Arte Sequenziale può trovare un'accoglienza più calda.
Magari capiterà di incontrare anche lì Cristina D'Avena e Rocco Siffredi, ma sarà perché presentano un loro libro.


sabato 14 settembre 2024

Dottor Castelli e mister Alfredo.


Ci ha lasciati Alfredo Castelli, sconfitto da un tumore bastardo che lo inseguiva da qualche anno. Ho preferito lasciare passare un po' di tempo, prima di scrivere un suo ricordo.
Se n'è andato il 7 di febbraio, ormai mezz'anno fa. L'avevo visto l'ultima volta l'anno scorso a Rimini a un incontro sul fumetto umoristico degli anni 50 e 60; era seduto in prima fila, davanti a me e non l'avevo riconosciuto, tanto la malattia l'aveva consumato. Finché non è intervenuto nella chiacchierata. La sua inconfondibile voce e quello che diceva me l'hanno allora riportato integro alla memoria, permettendomi di riconoscerlo e verificare che, nonostante tutto, era quello di sempre: intelligente, acuto, sornione, affabulante, grande conoscitore (forse il più grande) di tutto quello che è fumetto e non solo.
Lo conobbi quando muovevo i primi passi nella professione, in occasioni che si perdono nella nebbia della memoria di momenti lontani. Ricordo casa sua dove andai a parlarci in compagnia di non so più chi (Salvatore Deidda?), e la volta che mi portò alla Mondadori di Segrate, e poi tutte le volte che l'ho incontrato nella sede dell'Epierre quando collaboravo con quello studio, e quando andai alla rinnovata - e destinata a durare poco - nuova Eureka, colpo di coda di una Editoriale Corno morente, per propormi come collaboratore. La proposta che gli sottoposi (una scemata) non suscitò l'interesse suo né quello di Silver che era lì con lui. Poi, naturalmente, l'ho incontrato di nuovo alle mille fiere del fumetto, fino a quella su citata.



Aveva solo tre anni più di me, ma quando l'ho incontrato conosceva già tutto e tutti del nostro mondo editoriale, e dunque rappresentava per me, ingenuo toscano alle prime esperienze, una guida e un'autorità. Avevo letto da ragazzo il suo Scheletrino su Diabolik, e la sua rivistina Comics Club 104 che apriva la strada in Italia a mille altre iniziative di informazione e critica sui fumetti, e dunque anche alla Fumo di China che molti anni dopo avrei portato in edicola.




E l'avevo visto far capolino o farla da padrone in metà delle pubblicazioni a fumetti apparse in Italia dalla metà degli anni sessanta a quella degli ottanta, quando portò in edicola per la Bonelli il suo Martin Mystère, personaggio di rottura nella produzione della casa editrice di via Buonarroti: ambientato ai giorni nostri e con un protagonista che non usava le colt o le scuri come gli altri character storici dell'editore, ma una pistola "fantastica", il Murchadna, e soprattutto - come il suo autore - un computer macintosh per scrivere i suoi saggi e articoli.









Alfredo non si è mai fermato, nella sua straripante voglia di fare, scrivere e pure disegnare (oltre a Scheletrino, le strisce e vignette dell'Omino Bufo). Alla Bonelli, oltre a "rivoluzionare" le caratteristiche tipiche degli abituali personaggi western protagonisti delle collane storiche (anche se la strada, a onor del vero, l'aveva già aperta Sergio Bonelli/Guido Nolitta con Mister No), aveva introdotto nuovi formati editoriali: gli Speciali con allegato libriccino a tema, team up come quello tra il suo Detective dell'Impossibile e Dylan Dog, collane antologiche come Zona X e altre iniziative tese a svecchiare la produzione bonelliana senza fare salti nel vuoto come erano stati Full, L'Enigmistica Illustrata, Doctor Beruscus e altri scombinati tentativi di inseguire la concorrenza su terreni decisamente accidentati.






Dopo aver affrontato tra i primi anche le problematiche della professione (in un numero di If elencava ragioni sociali, indirizzi, numeri di telefono e nomi dei responsabili redazionali di un po' tutte le case editrici italiane), è stato lui a stilare su richiesta di Bonelli il primo contratto della casa editrice con gli autori delle nuove testate. Contratto, ahimè, secondo me decisamente sbilanciato a favore degli sceneggiatori. Sia perché riconosce la creazione dei nuovi personaggi al solo autore dei testi, cancellando assurdamente qualsiasi apporto creativo dei disegnatori, sia perché per le ristampe delle storie divide i compensi a metà tra chi scrive e chi realizza graficamente le tavole. Su questo ho discusso a lungo con lui, online e poi di persona in occasione di una Riminicomix quando mi affrontò sul marciapiede davanti alla Palazzina Roma, deciso a risolvere una volta per tutte la questione. Mise in campo per l'ennesima volta i suoi argomenti, e io i miei. Quando il confronto sembrò essere arrivato a un'impasse mi accorsi che a seguirlo c'era anche padre Stefano Gorla, fino a pochi mesi prima direttore de il Giornalino. Lo chiamai in causa domandandogli come venivano divisi i diritti delle ristampe tra gli autori in via Giotto, se 50 e 50 come alla Bonelli o no. La risposta fu: "30 allo sceneggiatore e 70 al disegnatore." E ciò mise fine alla discussione. Per sempre.


Questo è tutto quello che posso dire di Alfredo, nel bene e nel male.
Il dispiacere per le sofferenze che ha patito nei suoi ultimi anni è pari a quello di aver perso quanto ancora avrebbe potuto regalare al nostro amato medium se quella fottuta malattia non l'avesse portato via, perché la passione che non ha mai smesso di animarlo gli avrebbe ancora fatto partorire idee, personaggi e pubblicazioni originali in barba alla situazione sempre più problematica del settore.