sabato 6 aprile 2024

Fiera di che?



C'era una volta il Salone Internazionale dei Comics.
Ci andavano gli appassionati, alla ricerca di vecchi albi di Gordon, dell'Uomo Mascherato, di Gim Toro o di Topolino per completare le loro collezioni. Vi si affacciavano anche i primi esempi di Letteratura Disegnata (non eravamo ancora così anglofili da chiamarli Graphic Novel) come "La rivolta dei Racchi" o qualche volume di Corto Maltese.
A spingere quei lettori era la curiosità di conoscere, scoprire, magari vedere per la prima volta in viso gli autori amati, o scoprirne in qualche caso il nome, mai apparso fino ad allora sui giornalini. Un mondo un po' carbonaro animato da sincera passione che muoveva i primi passi insieme a neonate associazioni come l'Anaf. Piano piano il fenomeno è cresciuto. Si sono moltiplicate le ristampe amatoriali, sono nate le prime eroiche fanzine, ha fatto timidamente capolino la critica specializzata.
Come sempre succede, quando con gli anni i numeri sono cresciuti e "l'affare" è apparso remunerativo, sono arrivati anche i cloni. Ricordando a spanne, credo che lo sviluppo maggiore si sia visto nei primi anni novanta. Quando Traini ha perso la sua gallina lucchese dalle uova d'ora, ha aperto a Roma Expocartoon; a Milano sono arrivati Cartoomics e il Quark Hotel, e intanto fiorivano fiere e mostre fumettistiche a Treviso, Genova, Falconara, Torino...








Al centro c'erano sempre i fumetti. I frequentatori erano collezionisti e appassionati, ogni anno più attempati perché nel frattempo il fumetto stava perdendo appeal e veniva a mancare il ricambio generazionale. C'è stata un'inversione di tendenza quando il fenomeno di Dylan Dog ha riportato alla lettura degli albi a fumetti gli adolescenti, e per qualche anno le fiere sono state assalite da torme di ragazzini ("Arrivano con rotoli di banconote e comprano anche la merda" mi confidò Luigi Bernardi l'anno in cui il fenomeno raggiunse l'apice). Ma come tutte le fiammate, era destinata a spegnersi, e l'interesse delle nuove generazioni è tornato a focalizzarsi sull'immaginario maturato dagli ottanta col segno e le storie di anime e manga.
Per chi aveva messo in piedi eventi e manifestazioni, si è dunque presentato un problema. Se, stranamente, nessuno si è gettato a cavalcare i nuovi gusti accantonando fumetti e comic book per intestare le manifestazioni alle produzioni giapponesi (forse i numeri non sembravano così interessanti o gli organizzatori, ancora troppo legati al "vecchio" fumetto, semplicemente "non vedevano" i sempre più dilaganti tankobon), mentre quel nuovo immaginario si imponeva comunque attraverso il fenomeno dei cosplayer e delle miriadi di banchi di katane, pupazzi di protagonisti dell'animazione orientale e ramen, la necessità di vendere biglietti ha costretto tutti a cavalcare altre "tigri" dell'intrattenimento, a cominciare dai game - videogiochi e giochi da tavolo - per poi allargarsi allo spettacolo tout court organizzando come momenti centrali degli eventi concerti, incontri con divi (persino del porno come Rocco Siffredi) e youtuber.



Con la pigrizia mentale tipica di casa nostra, i nomi delle manifestazioni vecchie e nuove (ormai tra piccole e grandi nella buona stagione ce ne sono almeno una mezza dozzina a settimana, sparse per l'Italia) hanno continuato a mantenere nel logo le parole FUMETTO e COMIC/COMIX anche se i sempre più residuali stand dedicati alla lettura delle storie disegnate "all'italiana", "all'americana" o "alla francese" sono, insieme, poco più d'un quarto rispetto alle proposte di materiale orientale. Certo, anche i manga sono fumetti, ma se nei nomi degli eventi ci si richiama a specifici "sottolinguaggi" come appunto Fumetto e Comic, sia pure utilizzati in maniera generica, sarebbe forse ora di chiamarle fiere del Manga che, se non altro per il fatto che si legge da destra a sinistra, "diverso" dalla letteratura disegnata degli altri paesi lo è eccome.
Bene hanno dunque fatto da questo punto di vista le manifestazioni che si richiamano a una generica "cultura pop" come il Nerd Show di Bologna.
E poi, è vero che molte fiere importanti comunque ospitano (sia pure accanto a cantanti e comici) eventi culturali direttamente legati al fumetto, ma se si dà un'occhiata agli stand degli editori ospitati nelle stesse, come detto sopra la situazione è desolante: il manga domina e tutti gli altri "sottolinguaggi" fanno la parte del parente povero. Ma il fumetto, per essere tale, lo devi frequentare comprando e leggendo, altrimenti si parla fumosamente di "arte" da appendere al muro... che è un'altra cosa. E non risollevano le sorti del settore le sempre più numerose Artist Alley dove noi autori, dopo esserci guadagnati un incarico in una scuola di fumetto per far quadrare i conti in un mercato sempre più avaro, siamo costretti a riciclarci anche come "madonnari della carta" per riuscire a pagare tutte le bollette.


Forse è necessario accettare il fatto che il fumetto, in Italia, ormai è ridotto a una riserva indiana e, a questo punto, per quello che riguarda fiere e mostre, più corretto sarebbe aumentare di qualche euro i biglietti di cantanti e altri artisti dello spettacolo, e dare gratuitamente gli stand agli editori di fumetti che così potrebbero magari anche praticare qualche sconto e attirare in questo modo un maggior numero di appassionati che, nell'attuale stato di cose, pagano per entrare in una fiera dove trovano solo e a prezzo pieno quello che è già da tempo in libreria, fumetteria e online (magari a prezzo ridotto) e non hanno altro motivo per venire se non le dediche dei loro autori preferiti. Se invece si continua così, saranno sempre meno quelli che spendono per entrare a queste manifestazioni, con conseguente necessità di attirare con attori e cantanti sempre più pubblico generalista per far quadrare i conti, arrivando rapidamente a uccidere anche il poco di Fumetto che resterà, ahimè, solo nel nome della manifestazione.





1 commento:

  1. Non si può chiamare una fiera del fumetto "Fiera del Manga", perché si incorrerebbe in penosi fraintendimenti specialmente al Nord ("L'è proprio una fiera del Manga"...).
    Certo che gli appassionati di fumetti sono una riserva indiana, da un pezzo ormai.
    Dispiace anche che il vecchio, classico "disegnino" che ai tempi del pallone l'autore regalava al bambino che gli rompeva i coglioni sia diventato tutt'altro, ma capisco che oggi bisogna arrangiarsi. C'era un sacco di Madonnari, illustri e non, a Collezionando.
    Non è male Collezionando, teniamocela finché dura (anche se sta già cambiando).

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