venerdì 2 novembre 2018

Il "punto di vendibilità", questo sconosciuto



Ho già detto in altro post che mi capita abbastanza spesso di trovare sulla rivista FilmTV commenti e riflessioni sul cinema che si adattano perfettamente anche al fumetto.
Un paio di settimane fa il sempre acuto Filippo Mazzarella, nella sua rubrica Mulholland drive ha affrontato l'argomento del "selling point" che il dizionario Cambridge così definisce: "A characteristic of a product that will persuade people to buy it". Cioè, per i non anglofili, "la caratteristica di un prodotto che persuaderà il pubblico ad acquistarlo".
Se questo elemento è importante anche per il prodotto Film, credo non lo sia da meno per il prodotto Fumetto.
Ma qual è il selling point del fumetto? Quale è stato in passato e quale è o può essere oggi, in un momento di crisi del medium che lo vede ormai relegato a interesse per ultracinquantenni?
Un tempo i "giornalini" erano, come li definiva anche Sergio Bonelli, un po' il "cinema dei poveri" (ecco l'affinità tra i due media che ritorna). In un'Italia povera che usciva da una guerra disastrosa e anche poi negli anni del boom industriale, con una cinematografia il cui selling point erano le storie e non certo gli effetti speciali, tutti abbastanza artigianalmente "poveri", il fumetto, poco costoso e potenzialmente senza limiti quanto a "effetti speciali", poteva ben rivaleggiare con il concorrente in pellicola.




Fin negli anni Settanta, le possibilità di mostrare in modo convincente il fantastico sulle pagine disegnate erano decisamente maggiori che non sul grande schermo. Ricordo i film dell'Uomo Ragno di quel periodo: uno spettacolo penoso. Per far credere che si arrampicasse sui muri lo facevano camminare a quattro zampe su un pavimento disegnato a mattoni e poi raddrizzavano l'immagine. Non ci poteva credere nessuno, mentre nelle immagini di John Romita, per dirne uno, Peter Parker volava davvero tra i grattacieli appeso a una ragnatela e si arrampicava sui muri. La differenza di spesa faceva il resto e pesava sulla bilancia delle preferenze anche nei confronti dei cartoni animati che, se ben fatti, dal punto di vista della "credibilità del fantastico" rivaleggiavano senza problemi (anzi, col vantaggio del movimento) col fumetto. Due selling point in una botta sola. Sulle storie, invece, cinema e fumetti se la giocavano alla pari: erano i bravi sceneggiatori a determinare, per parte loro, il "punto di vendibilità".
Oggi la situazione è completamente ribaltata. Già negli anni Ottanta l'arrivo degli anime giapponesi sulla RAI e poi sulle reti private hanno dato una mazzata al medium più povero: erano gratis e vincevano su tutti gli altri fronti.



Quando a questi si sono aggiunti anche i videogiochi e poi i film "recitati digitalmente" (lo spoggettamento si è probabilmente avuto con "Jurassic Park", che ha reso più reali del reale le creature più fantastiche di sempre, i dinosauri), per il fumetto è iniziata l'agonia.



Non più cinema per i poveri, non più contenitore insuperabile della fantasia più sfrenata, ha semplicemente smesso di essere appetibile per le nuove generazioni che sono andate a cercare altrove l'intrattenimento senza degnare più di nemmeno uno sguardo la Nona Arte.
Eccoci così alla domanda delle cento pistole: quale può essere oggi il selling point del fumetto?
A proposito del cinema, Mazzarella si chiede: "Bastano, nell'ordine, il look GoPro/YouTube, un fenomeno di semi-nicchia come Zerocalcare, il metacinema con cast composito, il teatro filmato da un racconto di Pessoa, un mezzo scimmiottamento di Poveri ma ricchi, una coppia di comici tv semi-carneadi, Abatantuono in Svizzera, e un ennesimo libro di Luca Bianchini adattato con primi nomi in cartellone Preziosi e la Felberbaum? Non sto entrando nel merito del valore del film, alcuni di questi sono anche rispettabili: parlo di selling point. La risposta è no. E ovviamente quasi tutti vanno male."



Si può parafrasare l'intera riflessione sostituendo ai film citati uscite fumettistiche come Il commissario RicciardiDeadwood DickMercurio Loi, le storie di Topolino col Totti o il Montalbano di turno disneyzzati o serie pluridecennali che scimmiottano libri, film e telefilm di successo sperando di mutuarne almeno una fettina (aggiungete voi altri esempi, non dovrebbe essere difficile)? Penso di sì.




In chiusura, Mazzarella aggiunge: "Noi che i film dobbiamo solo vederli ci chiediamo ovviamente come sono; ma sarebbe bello che qualcuno a monte si chiedesse anche per chi sono."
Già. I fumetti che escono attualmente, per chi sono? Il dibattito è aperto.



2 commenti:

  1. Non so per chi siano i fumetti. Di sicuro lo "spogettamento" non è per me, per non dire del "selling point". Per chi si scrivono i blog?

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  2. Per chi ha voglia di leggerli. E, per fortuna, almeno loro non hanno problemi di "selling point", visto che sono gratuiti, e si possono permettere allegramente qualche "senesismo". Honny soit qui mal y pense.

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