mercoledì 17 febbraio 2016

La felicità disegnando



L'anno scorso mi è stato chiesto di realizzare due tavole di un personaggio molto noto del fumetto franco-belga in vista di un futuro progetto.
Ho affrontato l'impegno con l'abituale serietà. Ho capito che non sarebbe bastato "imitare" il tratto del creatore della serie. Avrei dovuto "capirlo" e introiettarne lo stile, non lontanissimo dal mio abituale, ma comunque "altro".
Mi ci sono voluti quasi due mesi, alternando rilettura, analisi, studio e disegno. Quello che si dice "un lavoraccio". Ma anche la mia esperienza fumettistica più ricca e feconda. Credo di non aver mai provato tanta soddisfazione (non oso dire "felicità", anche se credo di essermici avvicinato come non mai) nel disegnare delle tavole a fumetti.
Si è trattato di un'esperienza assolutamente inedita e quasi sconvolgente: man mano che procedevo nello studio e nel disegno, mi rendevo conto con sorpresa che tutto quello che avevo fatto nel fumetto nei miei quaranta e passa anni di professione, sembrava essere stato inconsapevolmente indirizzato a raggiungere quel risultato che ora stavo perseguendo.
La cosa è sorprendente, se penso che nelle centinaia di pagine che ho disegnato, forse solo una volta e per un particolare secondario mi era capitato di prendere a modello qualcosa di quell'autore. La sensazione è stata quella di scoprire in età adulta chi è il proprio padre e accorgersi con un po' di stupore di quante somiglianze, fisiche e caratteriali, ci siano tra noi.
Ovviamente chi mi ha chiesto di fare le due tavole di prova quelle somiglianze doveva averle invece già notate, e questo aumenta il mio stupore di esserne rimasto ignaro finché la mia matita non si è "riconosciuta" in quella dell'autore di cui ero chiamato a provare a continuare (con tutta l'umiltà possibile) il lavoro.





Il progetto, se tutto va bene, si concretizzerà tra un anno o due. Un lasso di tempo che, nell'attuale marasma editoriale, potrebbe far venire meno tutti i presupposti dell'operazione. Perciò non ci penso più di tanto. Sono comunque grato alla persona che mi ha dato questa opportunità di lavorare per molte settimane in uno stato di continua curiosità, scoperta, soddisfazione e stupore, facendomi raggiungere una "pienezza" che non credevo possibile.
Naturalmente, per non disturbare il lavoro del "manovratore", non pubblico niente di quelle due tavole.
Siccome in rete un testo senza immagini è però poco attraente, posto alcune tavole di tutt'altro genere realizzate diversi anni fa per l'editore Paquet. Lui ne era molto soddisfatto, ma io (oltre ad avere qualche piccolo problema "tecnologico" a fornire i file nel modo richiesto. All'epoca muovevo davvero i primi passi su certe fasi digitali del disegno) dopo aver lavorato con convinzione alle prime pagine della storia ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, mi terrorizzai scoprendo che nel secondo volume previsto avrei dovuto disegnare per molte tavole scene di scontri aerei della Battaglia d'Inghilterra. Lo confesso: i mezzi meccanici non sono la mia passione. Se c'è da disegnare in qualche vignetta un'auto, un motoscafo o un qualsiasi mezzo volante, lo faccio. Mi documento e, a costo di ricalcare l'immagine dalla foto, ci arrivo... ma mezzo libro di scontri tra aeroplani era al di sopra delle mie forze! Così detti forfait e il lavoro fu affidato a un altro disegnatore.


Mi divertì molto scoprire che il collega che mi aveva sostituito aveva mantenuto le fattezze dei protagonisti come le avevo create io (tra l'altro, "forzando" la descrizione che ne aveva dato lo sceneggiatore: l'amico del pilota avrebbe dovuto essere biondo e abbastanza "ariano", mentre io ne avevo fatto una specie di magnusiano Bob Rock molto latino, anzi... quasi mediorientale; potete vedere la mia versione qui sotto, e quella del disegnatore Bingono nella terza tavola pubblicata sul sito di Paquet). Evidentemente ormai editore e sceneggiatore "vedevano" i personaggi come li avevo immaginati io!




Nelle immagini: le tavole "di prova" realizzate per il primo volume di "Le passeur", sceneggiatura di Vereist, e un abbastanza rozzo esperimento di colorazione (era la prima volta che pasticciavo con Photoshop secondo i canoni richiesti oltr'Alpe. Chiesi telefonicamente lumi su alcuni passaggi tecnici a Emanuele Tenderini, che fu gentilissimo).