sabato 14 settembre 2024

Dottor Castelli e mister Alfredo.


Ci ha lasciati Alfredo Castelli, sconfitto da un tumore bastardo che lo inseguiva da qualche anno. Ho preferito lasciare passare un po' di tempo, prima di scrivere un suo ricordo.
Se n'è andato il 7 di febbraio, ormai mezz'anno fa. L'avevo visto l'ultima volta l'anno scorso a Rimini a un incontro sul fumetto umoristico degli anni 50 e 60; era seduto in prima fila, davanti a me e non l'avevo riconosciuto, tanto la malattia l'aveva consumato. Finché non è intervenuto nella chiacchierata. La sua inconfondibile voce e quello che diceva me l'hanno allora riportato integro alla memoria, permettendomi di riconoscerlo e verificare che, nonostante tutto, era quello di sempre: intelligente, acuto, sornione, affabulante, grande conoscitore (forse il più grande) di tutto quello che è fumetto e non solo.
Lo conobbi quando muovevo i primi passi nella professione, in occasioni che si perdono nella nebbia della memoria di momenti lontani. Ricordo casa sua dove andai a parlarci in compagnia di non so più chi (Salvatore Deidda?), e la volta che mi portò alla Mondadori di Segrate, e poi tutte le volte che l'ho incontrato nella sede dell'Epierre quando collaboravo con quello studio, e quando andai alla rinnovata - e destinata a durare poco - nuova Eureka, colpo di coda di una Editoriale Corno morente, per propormi come collaboratore. La proposta che gli sottoposi (una scemata) non suscitò l'interesse suo né quello di Silver che era lì con lui. Poi, naturalmente, l'ho incontrato di nuovo alle mille fiere del fumetto, fino a quella su citata.



Aveva solo tre anni più di me, ma quando l'ho incontrato conosceva già tutto e tutti del nostro mondo editoriale, e dunque rappresentava per me, ingenuo toscano alle prime esperienze, una guida e un'autorità. Avevo letto da ragazzo il suo Scheletrino su Diabolik, e la sua rivistina Comics Club 104 che apriva la strada in Italia a mille altre iniziative di informazione e critica sui fumetti, e dunque anche alla Fumo di China che molti anni dopo avrei portato in edicola.




E l'avevo visto far capolino o farla da padrone in metà delle pubblicazioni a fumetti apparse in Italia dalla metà degli anni sessanta a quella degli ottanta, quando portò in edicola per la Bonelli il suo Martin Mystère, personaggio di rottura nella produzione della casa editrice di via Buonarroti: ambientato ai giorni nostri e con un protagonista che non usava le colt o le scuri come gli altri character storici dell'editore, ma una pistola "fantastica", il Murchadna, e soprattutto - come il suo autore - un computer macintosh per scrivere i suoi saggi e articoli.









Alfredo non si è mai fermato, nella sua straripante voglia di fare, scrivere e pure disegnare (oltre a Scheletrino, le strisce e vignette dell'Omino Bufo). Alla Bonelli, oltre a "rivoluzionare" le caratteristiche tipiche degli abituali personaggi western protagonisti delle collane storiche (anche se la strada, a onor del vero, l'aveva già aperta Sergio Bonelli/Guido Nolitta con Mister No), aveva introdotto nuovi formati editoriali: gli Speciali con allegato libriccino a tema, team up come quello tra il suo Detective dell'Impossibile e Dylan Dog, collane antologiche come Zona X e altre iniziative tese a svecchiare la produzione bonelliana senza fare salti nel vuoto come erano stati Full, L'Enigmistica Illustrata, Doctor Beruscus e altri scombinati tentativi di inseguire la concorrenza su terreni decisamente accidentati.






Dopo aver affrontato tra i primi anche le problematiche della professione (in un numero di If elencava ragioni sociali, indirizzi, numeri di telefono e nomi dei responsabili redazionali di un po' tutte le case editrici italiane), è stato lui a stilare su richiesta di Bonelli il primo contratto della casa editrice con gli autori delle nuove testate. Contratto, ahimè, secondo me decisamente sbilanciato a favore degli sceneggiatori. Sia perché riconosce la creazione dei nuovi personaggi al solo autore dei testi, cancellando assurdamente qualsiasi apporto creativo dei disegnatori, sia perché per le ristampe delle storie divide i compensi a metà tra chi scrive e chi realizza graficamente le tavole. Su questo ho discusso a lungo con lui, online e poi di persona in occasione di una Riminicomix quando mi affrontò sul marciapiede davanti alla Palazzina Roma, deciso a risolvere una volta per tutte la questione. Mise in campo per l'ennesima volta i suoi argomenti, e io i miei. Quando il confronto sembrò essere arrivato a un'impasse mi accorsi che a seguirlo c'era anche padre Stefano Gorla, fino a pochi mesi prima direttore de il Giornalino. Lo chiamai in causa domandandogli come venivano divisi i diritti delle ristampe tra gli autori in via Giotto, se 50 e 50 come alla Bonelli o no. La risposta fu: "30 allo sceneggiatore e 70 al disegnatore." E ciò mise fine alla discussione. Per sempre.


Questo è tutto quello che posso dire di Alfredo, nel bene e nel male.
Il dispiacere per le sofferenze che ha patito nei suoi ultimi anni è pari a quello di aver perso quanto ancora avrebbe potuto regalare al nostro amato medium se quella fottuta malattia non l'avesse portato via, perché la passione che non ha mai smesso di animarlo gli avrebbe ancora fatto partorire idee, personaggi e pubblicazioni originali in barba alla situazione sempre più problematica del settore.


   




mercoledì 28 agosto 2024

La fonte del font


Un bel po' di anni fa decisi di smettere di faticare scrivendo a mano i testi dentro i balloon. C'erano molti font digitali disponibili, e pensai che fosse ora di modernizzarsi un po'. La spinta definitiva me la dette un amicollega: "Ma davvero ti scrivi ancora il lettering a mano!?"
Cercai fra i caratteri etichettati "free" su uno dei siti di font per Macintosh; quello che mi piacque di più aveva lo strano nome di MAAP Cat Claw. E quello ho usato per anni.


Finché, iniziata la collaborazione con la Shockdom, si presentò un problema.
I primi volumi me li ero curati da solo: avevo rifumettato le strisce col font digitale, le avevo impaginate, curato la grafica, i redazionali e quant'altro. Ai colori aveva provveduto mio figlio Jacopo, fresco di un corso di colorazione al computer alla Scuola Internazionale del Fumetto di Firenze. Abbiamo fatto così per "Dante" e per "Renzo & Lucia".


Arrivato a "Omero", l'editore mi affiancò due collaboratori della casa editrice, il grafico-impaginatore (nonché autore di libri suoi) Stefano Antonucci e il supervisore editoriale Chiara Zulian. Fu lei a sollevare il problema.
Era successo che uno dei disegnatori della Shockdom aveva usato per un titolo di copertina del suo volume un font che non era esattamente "libero", e questo era costato all'editore una "multa", così la regola divenne quella di usare solo caratteri "sicuri". Dissi a Chiara dove avevo trovato il MAAP Cat Claw e lei mi spiegò che a volte alcuni font, anche se erano offerti con assoluta libertà di utilizzo a scopi commerciali, erano in realtà "copie" di altri invece protetti. Per curiosità andai a ricercarlo sui vari siti a cui attingevo abitualmente tipo 1001 Fonts e Dafont. Non era più da nessuna parte. Probabilmente, mi disse ancora la Zulian, i titolari del font originale avevano sgamato l'autore costringendolo a togliere il carattere dal sito. Chiara mi dette il link della Squirrel, dicendomi che lì potevo trovarne un buon numero. Dovevo solo stare attento che avessero la licenza SIL OPEN, che metteva al riparo da qualsiasi contestazione.
Così, per alcuni volumi successivi ho usato un carattere "fumettoso" preso su quel sito, ma non mi piaceva del tutto. Per altri lavori "minori" ho continuato caparbiamente a usare il font ormai "fantasma".
Finché non mi hanno fatto sparire il computer. Tra le poche cose andate perdute in quell'occasione, c'era proprio il carattere che mi piaceva. Nel post su linkato chiedevo perciò ai lettori se qualcuno poteva darmi una mano a rintracciarlo. L'aiuto mi è venuto dall'amicontatto facebookiano Claudio Piccinini che, esperto dell'argomento, mi chiese di vedere un campione del font. Dopo averlo visto individuò immediatamente la fonte originale: era "il Wild Words, uno dei primi, e più popolari lettering font della Comicraft, disegnato inizialmente su commissione per la serie WILDC.A.T.S. ADVENTURES di Jim Lee".


A quel punto ho deciso di acquistare la licenza del carattere per poter continuare a usarlo serenamente, e l'ho fatto, soddisfatto di me stesso per aver avuto l'occhio di scegliere a suo tempo, nella mia assoluta ignoranza, un font "professionale".
Il primo lavoro che ho realizzato col carattere finalmente legalizzato è stato, nelle settimane scorse, il mio contributo al quarto volume (a più mani, come i precedenti) della collana di Guida Editori "Nuvole in città" dedicato, dopo Napoli, Milano e Torino, a Bologna. Avete visto più sopra qualche striscia con Asinelli e Garisenda, le due torri cittadine antropomorfizzate (cliccate sulle immagini, per ingrandirle).



D'ora in avanti, per il lettering, posso dormire sonni tranquilli.



giovedì 8 agosto 2024

Il corso interrotto


Una trentina di anni fa, quando stavo al timone di Fumo di China, rivista che con altri quattro soci mi ero (felicemente) azzardato a portare in edicola, decisi di infilare tra le varie componenti della rivista anche un corso di sceneggiatura... senza pretese. Anche se all'epoca avevo alle spalle già la scrittura di testi per le Sexy Operette, Lanciostory & Skorpio, Intrepido, Zagor, Dylan Dog, Candy Candy e altro (più un centinaio di giornalini fatti in casa nell'infanzia), ero comunque un autodidatta, per cui più che salire in cattedra volevo solo trasmettere... quel che avevo capito dall'esperienza maturata.
Correva l'anno 1993, e le puntate del Corso apparvero sui numeri 19, 20, 20bis, 21, 22, 23 e 25 della rivista.








Dopo le vicissitudini estive del mio iMac, durante la ricerca nelle memorie esterne del computer per verificare cos'avevo perso (poco, per fortuna) e cos'avevo salvato, inaspettatamente mi sono saltati fuori i vecchissimi file di quel breve e incompiuto manualetto che credevo non esistessero nemmeno. Non erano proprio completi, ma quasi. Così ho deciso, dopo più di trent'anni, di terminare, aggiornandolo, quel ruspante corso di scrittura.
Per il momento, prima che altri disastri tecnologici mi facciano perdere o rendano inaccessibili quei file, ho sistemato-corretto-integrato i testi recuperati e li ho già impaginati nella prima parte del libretto che diventeranno, e buttato giù anche una bozza di copertina (che avete visto. in alto).



Al momento sono occupato con un nuovo libro per l'editore Guida (dopo quello dedicato a Torino e Pietro Micca; stavolta tocca a Bologna e alle sue due torri) e poi dovrò finire di disegnare la mia versione a strisce umoristiche di Pinocchio, ma appena potrò tornare a lavorare ai volumi Foxtrot, credo che questo sarà il primo a cui metterò mano.












domenica 28 luglio 2024

Il computer che andò dal tecnico e scomparve


Con un titolo del post che richiama il fortunato romanzo di Jonas Jonasson, vi racconto (l'assurdo) sogno tecnologico di mezza estate che ho vissuto negli ultimi due mesi.
A inizio giugno ho portato il mio iMac da un tecnico di cui mi ero già servito qualche tempo fa per un'espansione di memoria. Stavolta avevo da risolvere un problema relativo a un programma. Una sciocchezza sistemabile in poche ore, ma non gli ho messo fretta perché al momento mi stavo dedicando al disegno delle strisce di Pinocchio e non avevo alcuna urgenza di utilizzare il computer. Per la posta e i social mi era sufficiente lo smartphone.



Così, preso da lavori certamente più urgenti del mio, l'esperto gli ha dedicato un po' di attenzione in un ritaglio di tempo e, non riuscendo subito ad aggiustare la magagna, l'ha di nuovo accantonato preso da consegne più pressanti.
I computer in attesa di riparazione vengono tenuti sui vari banconi e mensole del negozio, dove lavorano più persone. Per un caso più che malaugurato, nello stesso tempo era stato portato lì anche un iMac come il mio che era però risultato decisamente non riparabile, così il proprietario era stato invitato a venire a riprenderselo. Il tizio è venuto e ha preso dal bancone... il mio!
L'errore (se di questo si è trattato) è saltato fuori quando, un paio di giorni dopo, il tecnico si è rimesso al lavoro su quello che credeva il mio computer. L'altro cliente, subito contattato telefonicamente, ha detto di averlo buttato via dopo averlo ritirato visto che gli avevano detto che era rotto senza rimedio. Il fatto che in quei giorni Meta mi abbia segnalato un tentativo di intrusione su Facebook mi lascia qualche dubbio sull'effettiva distruzione della macchina, dubbio che ha avuto anche il tecnico il quale ha tentato, senza successo, di "tracciare" il computer per vedere se era ancora in attività e dove. L'episodio è stato denunciato alle autorità, ma dubito che ne venga fuori qualcosa.


Il tecnico mi ha naturalmente procurato un iMac come quello che avevo, raddoppiando di nuovo la memoria e fornendolo dei programmi di base. Mio figlio ha provveduto a ripristinare il resto.
Per fortuna salvo periodicamente su memorie esterne i file lavorati, così mi sono venute a mancare solo poco cose minori degli ultimi mesi, più un po' di font che in gran parte ho già riscaricato dalla rete. Non riesco a ritrovare da nessuna parte quello che usavo per il lettering nei fumetti (MAAP Cat Claw; anzi, se tra chi mi legge ci fosse qualcuno che ce l'ha e potesse girarmelo, oltre alla mia eterna gratitudine si guadagnerebbe un disegno originale a suo piacere), ma ne ho comunque già trovato uno con cui sostituirlo.

Come ho vissuto la faccenda? In uno stato di discreta serenità. Gli anni mi hanno insegnato che a farsi il sangue amaro per un problema che non si può risolvere ci si guadagna solo la gastrite, così ho continuato a disegnare strisce e godermi la nipotina attendendo il rientro del computer sostituto. Ora sto spendendo un po' di giornate per recuperare dai vari hard disk esterni, chiavette USB varie e da qualche corrispondente i file che mi servono per tornare pienamente operativo e poi tutto l'episodio diventerà solo una storia da raccontare ad amici e conoscenti, de visu o per il tramite della Rete.






venerdì 26 luglio 2024

La Shockdom ha gettato la spugna


La casa editrice di Lucio Staiano si è arresa. Dopo molti mesi di sofferenza editoriale che ha portato prima al blocco delle produzioni e poi anche dei pagamenti "i libri sono stati portati in tribunale", come si dice. Dalla data del 13 giugno di quest'anno, la Shockdom è ufficialmente "inattiva" e, con l'intervenuta liquidazione giudiziale, non è più "autorizzata la continuazione dell'attività di ideazione e realizzazione di fumetti in forma cartacea e multimediale". I passi verso il fallimento effettivo saranno compiuti dalla curatrice nominata dal giudice; la professionista dovrà cercare di monetizzare tutto ciò che è possibile per dividere il poco attivo rimanente tra i tanti creditori.


Una storia iniziata per pura passione esattamente 24 anni fa con una web agency creata da Staiano e Maximiliano Bianchi poi trasformatasi in casa editrice vera e propria che ha conosciuto momenti di grande euforia per i successi di una manciata di autori tra cui spiccava Simone "Sio" Albrigi che, col suo seguito di entusiasti follower conquistati su YouTubesocial, riusciva a radunare folle oceaniche di ragazzini e ragazzine e creare file interminabili ogni volta che si presentava a far dediche (e selfie) a una manifestazione del settore.


Anch'io ho fatto la mia parte con le riduzioni dei classici della letteratura in strisce umoristiche, dimostratisi tutti evergreen e continuamente ristampati (il solo Dante, da quando ha iniziato a essere proposto in pubblicazioni da fumetteria dalla mia Foxtrot nel 1995, non ha mai smesso di vendere raggiungendo nelle varie edizioni le ormai quasi ventimila copie, circa dodicimila delle quali con l'edizione "definitiva" della Shockdom).


Purtroppo non è bastato per compensare gli errori editoriali di vario genere che hanno portato l'editrice bresciana al tracollo.
Confermando in ogni caso la mia assoluta stima a Staiano che, finché ha potuto, almeno nei miei riguardi si è comportato sempre in maniera correttissima, mi accingo a girare obbligatoriamente pagina.
Mentre attendo di rientrare quanto prima in possesso dei diritti delle mie opere per le quali cercare un nuovo editore, lavoro serenamente alla versione a fumetti alla mia maniera del capolavoro collodiano del quale sono arrivato ormai a più di metà.



Dove mi porterà il nuovo cammino professionale ce lo dirà solo il tempo.