giovedì 27 luglio 2017

Riminamente



Si è consumata da qualche giorno la ventunesima edizione di Riminicomix. Bel traguardo per la più originale delle mostre di fumetto (e non solo): orario serale, ingresso a mostra mercato ed esposizioni totalmente gratuito, autori che disegnano in spiaggia, corsi di fumetto, incontri con gli autori, il tutto in un sereno clima di amicizia e allegria nella cornice della famosa ospitalità della riviera romagnola. Formula premiata dal pubblico e dagli espositori, entrambi in continua crescita. Oltre all'espansione dei tendoni che ospitano gli stand di editori e negozianti, quest'anno si è moltiplicata anche l'area destinata al food... vabbe', alla pappatoria.
Queste, naturalmente, sono cose che riguardano soprattutto gli organizzatori. Noi autori partecipiamo alla manifestazione per incontrare amici, colleghi e, soprattutto, lettori. Volti noti e facce nuove, accolti sempre con piacere e allegria, come richiede la filosofia dell'evento. Come ogni anno ci siamo messi a disposizione per più o meno rapidi schizzi in spiaggia al mattino, per gli incontri alla Palazzina Roma nel pomeriggio, e di nuovo per dediche e disegni negli stand dopo cena. Di solito io, disegnando pupazzetti veloci da eseguire, smaltisco in fretta le richieste e sono il più "disoccupato" del tavolo, ma quest'anno non sono stato fermo un minuto!





Disegni in spiaggia: in alto, l'assalto dei lettori;
al centro, da sinistra a destra, Casty, Walter Venturi, io, Andrea Romoli,
Luca Usai e Oskar; qui sopra, con l'amico Tino "Bonelli Kids" Adamo
(dietro di noi si intravedono Paolo Guiducci e Sergio Masperi).

Per le dediche pomeridiane, in questa edizione ho avuto una postazione privilegiata: un grande tavolo al centro della mostra di personaggi e strisce di Strip Wars.




In alto, il tavolo delle dediche (e delle vendite) al centro della mostra nella Palazzina Roma.
Sopra, con l'amico Marco Grasso (zagoriano di ferro, organizzatore di Etna Comics
e collaboratore di Fumo di China) davanti ai pannelli della mostra di Strip Wars. 

Come già nel 1999 a Expocartoon, dove le strisce erano invece quelle dell'Inferno di Dante, l'esperienza è stata estremamente coinvolgente. Recensioni e segnalazioni da parte di critici e giornalisti fanno sempre piacere, ma non c'è paragone con il poter osservare le persone (e in particolare modo i ragazzini) che, spesso ignari della mia identità, percorrono tutte le pareti della stanza leggendo le strisce e ridendo, talvolta chiamando poi l'amico o i figli per leggergliele ad alta voce. Un ragazzino, dopo aver guardato i fumetti esposti, si è avvicinato al bancone per sfogliare il volume di Dada Editore. La madre gli ha detto di non toccare. Io l'ho rassicurata: il bimbo poteva sfogliare tranquillamente il libro. Ma ormai il pargolo si era allontanato dal tavolo. Li ho visti tornare dopo dieci minuti per acquistare il volumetto (con l'inevitabile dedica e disegnino) e, mezz'ora più tardi, perché il mio neolettore voleva farsi una foto con l'autore. La mattina dopo, in spiaggia, il ragazzino si è messo in fila per farsi fare un disegno: di "Ciucecca", come l'ha chiamato lui non avendo (fortunatamente?) colto la mia poco politically correct storpiatura del nome del wookiee.
Poi dicono che ai ragazzini di oggi i fumetti non interessano!


Il clima quest'anno ha deciso di dare una mano agli organizzatori (Sabrina Zanetti, Egisto Seriacopi e Paolo Guiducci per non citare che i "tre moschettieri" di Riminicomix) con giornate calde ma temperate da un venticello amico.



Egisto (all'estrema sinistra), Sabrina e Paolo (all'estrema destra)
durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione.

E anche il tempo speso con amici e colleghi (cito solo Oskar e Casty coi quali ho condiviso sedute di firme, pranzi e cene e che hanno brillato per estro, allegria e aneddotica, ma non escludo davvero nessuno) è risultato quantomai divertente e interessante.
Insomma, un'edizione divinamente riuscita. Anzi, riminamente riuscita.   



Due momenti del pranzo tradizionalmente offerto a ospiti e collaboratori.
In alto, Paolo Guiducci "fa l'appello" di tutti i presenti.
Qui sopra in primo piano, sulla sinistra Walter Venturi e sulla destra, Luca Bertelé;
al centro in secondo piano Anna Lazzarini,
dietro di lei Massimo Bonfatti; Casty con l'immancabile birra e, di nuca, Alfredo Castelli;
all'estrema destra, anche lui di nuca, Marco Grasso.


martedì 25 luglio 2017

Trecento!

No, il titolo del post non si riferisce al fumetto di Frank Miller. Il numero è quello dei Fumo di China pubblicati, dal primissimo Bollettino del CGAF a quello che uscirà nelle edicole di tutta Italia tra una settimana o giù di lì e che io ho ricevuto in anteprima in occasione dell'appena conclusa Riminicomix.



In alto, il numero "doppio" di Fumo di China che festeggia il 40esimo anno della testata
e i 300 numeri complessivi. Sopra, uno dei primissimi numeri di Fumo di China, quando ancora si chiamava Bollettino del Club Giovani Amici del Fumetto. Sotto, una parte del mio articolo sui fumettisti italiani.


Avendo portato in edicola la fanzine creata nel 1978 da Franco Spiritelli, Marco M. Lupoi, Andrea Plazzi, Andrea Magoni, Mauro Marcheselli e altri trasformandola nella rivista che il Sole 24 Ore ha definito "la Bibbia del fumetto", sono felicissimo di essere presente anche su questo numero che festeggia un invidiabile quanto incredibile traguardo.
Ci sono con un lungo articolo sull'evoluzione della figura del fumettista in Italia, "Da anonimi a divi"; ci sono nella carrellata di storiche copertine che correda il servizio sui 40 anni della testata (di qualcuna ho fatto l'illustrazione, di altre la grafica, talvolta entrambe); e ci sono con un piccolo "omaggio": un "graphic haiku" realizzato per l'occasione.


Data la mia ormai quasi veneranda età, sicuramente non potrò esserci fra altri quarant'anni e 300 numeri, perciò lasciatemi godere con soddisfazione la presenza su questo numero storico. Soddisfazione, soprattutto, per il cammino fatto dal mio figlioletto editoriale adottato nel lontano 1989.
Auguri, Fumo!


sabato 15 luglio 2017

Quando Dante parlò il Nynorsk



Sono passati dieci anni da quando, mentre ero al mio tavolo di lavoro, ricevetti la telefonata di Bodil (si pronuncia Budìl) Moss che, in buon italiano, mi chiedeva se i diritti di "Dante" erano disponibili. L'intraprendente fanciulla, che si era innamorata della mia versione a fumetti della Divina Commedia, si proponeva di tradurla in norvegese e farla pubblicare dalla piccola casa editrice Transfe:r Forlag di Bergen, messa su dalla sua amica Aasne Vickøy (si pronuncia Osne Vicoi, con la "o" a metà tra "o" ed "e") e altri soci. Visto che Bodil aveva già risolto tutti i problemi, detti subito il mio assenso, e qualche mese più tardi vedeva la luce "Dante, den Guddommelege Komedie som teikneserie - Helvetet".
Andando a verificare la consistenza della popolazione norvegese (quattro milioni circa di abitanti... un po' come fare un'edizione meneghina di Dante) avevo qualche perplessità sulle possibilità di vendita di quell'edizione delle mie strisce. Per quanto conosciuto, Dante non era esattamente un personaggio popolarissimo a quelle latitudini. Diventai ancora più scettico sulle possibilità di riuscita economica dell'impresa quando Bodil mi disse che aveva deciso di tradurre l'opera non nella lingua ufficiale e maggioritaria del paese, il danesizzante Bokmål ("Lingua dei libri", si pronuncia Bucmol) ma in Nynorsk (si pronuncia Ninorsck, con la "sc" dolce di "scena"), il "Nuovo Norvegese" che un manipolo di studiosi aveva messo insieme andando a recuperare la lingua "originale" negli angoli più sperduti e nei villaggi più isolati della nazione, e che il governo cercava di diffondere convintamente (da anni entrambe le lingue sono studiate a scuola). La diffusione della neolingua si limitava all'epoca al 15% degli abitanti, dunque una notevole restrizione del già limitato lettorato potenziale.

Nelle foto sotto: l'amore dei norvegesi per la propria storia è testimoniato dal "museo all'aperto" delle antiche abitazioni, prelevate qua e là nel paese, smontate e ricostruite a Oslo. Particolare curioso, tra l'ultimo scalino e la porta veniva lasciato uno spazio vuoto per impedire agli animali di entrare in casa.










Ma Bodil sapeva quello che faceva. In Norvegia, infatti, il Ministero della Cultura seleziona ogni anno trenta libri da distribuire in tutte le biblioteche della nazione, e proprio il fatto di essere scritto nella lingua che il governo cerca di diffondere ha fatto sì che "Dante" fosse tra i prescelti (su 130 candidati) ed esaurisse così immediatamente le mille copie della prima tiratura.

Nelle foto sotto: altre attrazioni turistiche della capitale norvegese: il museo dei vichinghi e il parco Vigeland con le innumerevoli opere dello scultore che rappresentano tutte le stagioni della vita.











Festeggiando i dieci anni da quella prima (e al momento unica) edizione estera di Dante, non posso che ringraziare le mie due intraprendenti amiche e tutti i responsabili delle sedi della Dante Alighieri che mi hanno ospitato e accompagnato nel mio "giro di presentazione" dell'opera: Marianne Zimmer a Oslo, l'ingegnere nucleare italiano Valerio Tosi e sua moglie Unni Dybvik a Halden, Stian Lyndersen e Olav Hunderi a Trondheim, il professor Jan Berg a Kristiansand, Mammi Sundt Hansen a Stavanger e, naturalmente, Bodil e Aasne a Bergen, dove il Dante norvegese ha esordito ufficialmente all'edizione di quell'anno del Raptus Festival organizzato dal simpatico Trond Stien.

Sotto: foto ricordo con i miei ospiti di Halden.



Nelle foto sotto: una delle residenze reali a Trondheim e i soci della locale Società Dante Alighieri.




Nelle foto sotto: due diverse zone di Kristiansand e il mio ospite, il professor Berg.





Nelle foto sotto: una statuetta di Becassine, prima protagonista femminile francese dei fumetti (1905)
che mi faceva compagnia sul tavolo della colazione del Bed and Breakfast che mi ospitava;
uno scorcio di Stavanger e un artistico tombino.





Nelle foto sotto: le caratteristiche abitazioni del porto di Bergen; un altro tombino con bassorilievo; due scorci cittadini.





Nelle foto sotto: traduttrice (seduta) e editrice allo spartano stand del Raptus Festival;
serata con sorpresa: un cantante locale che interpretava canzoni di Renato Carosone (!)
imparate a memoria senza conoscere una parola d'italiano (dietro di lui il batterista
nonché ragazzo di Bodil, Lars); incontro con Achdé, disegnatore di Lucky Luke;
Bodil, io e Aasne casualmente abbigliati con i colori delle copertine dei tre volumi dell'edizione italiana (di Cartoon Club) del mio Dante; la fumetteria Outland che ci ha ospitati offrendoci pizza e birra dopo la manifestazione. In cambio abbiamo aggiunto un piccolo ricordo sulla parete delle dediche disegnate; con la birra in mano, l'organizzatore del Raptus; al lavoro sulla parete, Achdé, io e il simpaticissimo Thierry Capezzone.