giovedì 26 settembre 2013

Dottor Toninelli e Mister Zagor (sesta puntata)


La storia del Mutante è stata la prima di cui ho avuto un riscontro di "gradimento di lettura". Mi è venuto da uno zio di mia moglie. Una domenica, uscito dalla chiesa, aveva deciso di comprare al figlio Simone (in età da scuola elementare) un giornalino. Evidentemente lontano dai fumetti da molto tempo, gli aveva distrattamente acquistato un numero di Zagor convinto (per la somigliaza di formato e grafica) di prendergli un albo del Tex che leggeva lui in gioventù. Tant'è. La vicenda di Colin Randal detto "Skull" era piaciuta al ragazzino, che il mese dopo aveva imposto al genitore l'acquisto del numero successivo per leggere la fine della storia.
Racconto questo piccolo episodio per parlare di varie componenti del nostro mestiere di fumettisti. Una è la solitudine. Il nostro lavoro si svolge nel chiuso di una stanza, anche se il cervello si perde in mondi lontani e affascinanti. Condizione splendida, per tanti versi, ma comunque solitaria. Quando scriviamo le nostre storie a volte non sappiamo neppure chi le disegnerà, figuriamoci chi le leggerà!
Oggi, con internet, le cose sono un po' cambiate, ma all'epoca le occasioni di incontrare i lettori erano veramente minime. Qualche mostra...
Anche dagli editori non ci arrivavano molte informazioni, in questo senso. Alla Bonelli è successo solo una volta che Canzio mi dicesse come, nel pieno della mia "gestione" del personaggio, Zagor fosse l'unica testata classica che non solo non perdeva lettori, ma anzi in certi momenti aveva guadagnato qualche migliaio di copie. Anche al Giornalino l'unico riscontro che ho avuto dal direttore è stato relativo al fatto che la pubblicazione del mio Dante, la Divina Commedia a fumetti aveva suscitato un numero di lettere e telefonate in redazione mai verificatosi prima. Due o tre lettere inviate a me presso la casa editrice, e prontamente giratemi, sono stato l'unico altro riscontro che ho avuto del parere dei lettori. Altri indizi sono giunti a volte da qualche "referendum" svolto sulle pagine dei giornalini stessi. Ricordo di aver ricevuto un buon riscontro (entrai nella "Top Ten", ma solo relativamente al target maschile) per la mia neonata Agenzia Scacciamostri sul Giornalino, così come per una mia storia su Gordon Link (valutata dai lettori la migliore tra le prime cinque pubblicate) e, se non ricordo male, anche per il mio Lazarus Ledd "Hacker hobos".


Qualche volta i dati di vendita vengono comunicati per motivi opposti: è successo con la Star Comics quando Bovini, date le vendite disastrose di Shanna Shokk, mi chiese di poter interrompere la pubblicazione prima dei dodici numeri previsti dal ferreo contratto. Essendo stato in quel medesimo periodo invitato da don Tom(maso Mastrandrea, direttore del Giornalino) a produrre con maggiore continuità le avventure del professor Van Der Groot, non ebbi difficoltà ad accontentare l'editore perugino.
Un'altra considerazione che forse vale la pena di fare è questa: per CHI si scrivono i fumetti?
Un tempo, specialmente in Italia, si scrivevano per i ragazzi. Anche se poi erano molti gli adulti a metterci comunque dentro il naso. E, in questo modo (e in assenza di altre e più coinvolgenti distrazioni), si creava e ricreava continuamente un ricambio generazionale, una parte del quale andava  a sopperire al numero di lettori perduti con il raggiungimento dell'adolescenza e il conseguente distacco da quelle "letture per bambini". Poi il fumetto è stato "sdoganato". Si è scoperto che era un linguaggio versatile adatto anche agli adulti. E noi autori abbiamo cominciato a scrivere sempre più per i nostri coetanei realizzando storie vieppiù "difficili" per un approccio infantile. Mentre i cartoni animati giapponesi (alcuni splendidi) prima e i videogiochi poi si incaricavano al posto dei fumetti di crescere le nuove generazioni.
Io, quando scrivevo Zagor, non mi sono mai posto in particolare il problema di un preciso target a cui indirizzare le mie storie, ma ricordando come mi avevano affascinato nell'infanzia certe figure di cattivi "strani" e un po' mostruosi (una per tutte, il Terror avversario monocolo e ritornante di Akim) o protagonisti "da paura" come Kinowa, ho sempre cercato di ri-suscitare nei lettori, ragazzini o adulti che fossero, quel "senso di meraviglia" che dava maggior fascino alle letture della mia infanzia e adolescenza.

















Ho cominciato a farlo con il Pequot, ho continuato con Skull e poi via via con Faccia Tagliata, Muso di Rospo, Testa di Morto e tutti gli altri.
Tornando all'inizio di questo capitolo, non so se il mio cuginetto acquisito abbia comprato altri Zagor dopo quello del Mutante, ma è certo che quel personaggio aveva raggiunto, almeno nel caso di Simone, lo scopo che mi ero prefisso. E forse non solo per lui, se dopo molti anni Moreno Burattini ha deciso di far ritornare Colin Randal in una nuova avventura.






















Tornando invece alla storia scritta una trentina d'anni fa, in queste settimane mi sto divertendo a rileggere e riscoprire quelle pagine che, rimaste sullo scaffale di una libreria per tanto tempo, avevo in gran parte dimenticato. Per dire, della vicenda del Mutante ricordavo l'incontro nella Soldiers Valley e anche lo scontro finale nella baracca della miniera, ma avevo completamente rimosso tutta la parte riguardante il colpo in banca e i "travestimenti" che avevano trasformato Zagor nell'uomo-proiettile Zarko, e Cico nella più orripilante donna baffuta mai vista! La rilettura è stata davvero piacevole e, per certi versi, sorprendente: decisamente, anche a trent'anni ero una fucina di idee e trovate!
Divertente anche leggere, sulla Collezione Storica a Colori di Repubblica, i commenti di Raffaelli e Burattini, quasi sempre attenti e originali. Ho però apertamente sorriso leggendo in questo numero come l'amico Moreno non sia riuscito a sottrarsi al "vizietto" di attribuire agli autori "fonti di ispirazione" basate sulle letture del recensore/critico invece che su quelle dello sceneggiatore. Per Skull, Burattini sostiene che mi sono rifatto ai mutanti telepatici del film "Scanners" (che non ho mai visto) e al personaggio del "Mulo" della Saga della Fondazione di Isaac Asimov (di questo ho letto forse un paio di volumi quando avevo diciott'anni, ma non ho alcun ricordo di "Muli" di alcun genere, né l'avevo trent'anni fa). Alla base del personaggio di Colin Randal (con una "l" sola), oltre a una genericissima idea base della figura del mutante che, oltre ai precedenti zagoriani, poteva venirmi dagli X Men e varia letteratura fantascientifica (senza alcun titolo in particolare), c'è invece un libro di Piero Angela, "Viaggio nel mondo del paranormale", che invito tutti a leggere. L'avevo letto molti anni prima, e mi era rimasto impresso un concetto che spiegava l'impossibilità fisica della telepatia, essendo i cervelli uno diverso dall'altro e dotati di una diversa "geografia cellulare". Angela faceva un paragone molto calzante: voler leggere il cervello di un'altra persona, "sarebbe come cercare di circolare a Parigi con una mappa stradale di Roma". Partendo da questo concetto, ho escogitato la trovata dei due cervelli (uno dei quali con funzione di "traduttore" dei tracciati cerebrali associati a una parola o a una figura, diversi da persona a persona) per dare una plausibilità (fanta)scientifica al mio personaggio.
Con buona pace del "Mulo". E di Moreno.

Per le immagini: "Akim" è una creazione di Renzi-Pedrazza; "Kinowa" è stato creato da Andrea Lavezzolo e realizzato graficamente dalla EsseGEsse (Sinchetto, Guzzon, Sartoris).

venerdì 20 settembre 2013

Dottor Toninelli e Mister Zagor (quinta puntata)

De "L'assassino di Darkwood" non ricordo molto.
L'idea del gruppo di assassini che cercano di far apparire Zagor come il colpevole dei loro delitti, come tutte le idee, chissà com'è nata. Da vari elementi "frullati" nel cervello finché non ne è uscito un abbozzo di soggetto.
Ricordo chiaramente di aver consultato l'enciclopedia "Come funziona" (una delle tante che, prima dell'avvento di internet, affollavano le mie librerie per le necessità di documentazione richieste dalla professione), trovandoci un'illustrazione dell'American Turtle, uno dei primi tentativi di macchina sommergibile (citata in didascalia nella storia), ma non so se è stato quello uno degli spunti primigeni, o se su quelle pagine sono arrivato solo in un momento successivo per verificare se all'epoca dello Spirito con la Scure era realistico utilizzare un veicolo del genere (anche se di ben più fantastici se ne erano già visti, nella serie; ma qui si trattava di mezzi a disposizione di mercenari "normali").
Anche in quest'avventura ho fatto "tornare" un personaggio (e altri nel ruolo di comparse) già apparso in passato, Tawar. Ma se con Cico mi ero divertito a sorprendere il lettore facendolo diventare temporaneamente un fuorilegge, stavolta sono stato molto più drastico nell'intervenire su un character abbastanza amato dai lettori: l'ho fatto uccidere.
Consapevole che ogni mia scelta narrativa era comunque controllata dai baldi Canzio e Sclavi, mi sentivo evidentemente già "padrone" del personaggio e abbastanza libero da manipolare e rimodulare a modo mio il mondo creato da Bonelli/Nolitta.



Lasciando da parte il mio lavoro di sceneggiatore, segnalo una piccola curiosità che non riguarda questa ristampa, ma i due albi originali, che presentano un aumento di prezzo "doppio". Infatti il volumetto passa da 800 a 900 lire e contemporaneamente riduce la pagine interne da 104 a 96, poi diventato a lungo lo standard bonelliano.

Un'ultima riflessione: nella parte redazionale di questo ottantaquattresimo numero della Collezione Storica a Colori, oltre a una puntuale biografia del sottoscritto compilata da Moreno Burattini, c'è una originale analisi del mio stile narrativo per il quale Luca Raffaelli (almeno relativamente all'avventura de "La Roccaforte dei Dannati") mi avvicina più a Gianluigi Bonelli che al figlio Sergio. Credo che ci sia del vero: sia l'uno che l'altro, per motivi opposti, mi piacevano molto. Ho amato allo stesso modo lo Zagor di entrambi (indimenticabili le atmosfere nella palude della strega Yaska, così come quelle di "Odissea americana"), e penso di aver portato in dote nel mio lavoro sulla serie l'eredità di tutti e due. Compresa quell'aderenza alla realtà storica del West che faceva parte della cifra stilistica di Bonelli padre (e che Decio non finiva mai di rimproverarmi), di cui mi ero definitivamente innamorato sulle pagine de La storia del West di D'Antonio e de I protagonisti di Albertarelli.



mercoledì 18 settembre 2013

O Giornalino vestito di nuovo...


Eccolo qua, il nuovo Giornalino, dopo una bella "rinfrescata" grafica (colori più allegri e titoli più accattivanti) e delle rubriche (a cominciare dall'accorpamento di tutte quelle della posta, con il professor De Pennutis che manda definitivamente in pensione lo stagionato "zio Giò"), con nuove serie e i personaggini di sempre, dall'irresistibile Ippo in versione panel, all'immarcescibile Fra Tino, al francofono Cedric e, dulcis in fundo, al mio instancabile Capitan G alle prese con un nuovo, temibile supercriminale: la Mosca Tzè Tzè.
Che aspettate a correre in edicola per gustarvi tutte le novità! Come? Ah, siete abbonati e l'avete trovato stamani nella cassetta della posta? Ma allora io per chi perdo tempo a scrivere?

giovedì 12 settembre 2013

Dottor Toninelli e Mister Zagor (quarta puntata)


L'avventura della Roccaforte dei Dannati è la mia seconda storia di Zagor in ordine di scrittura e di pubblicazione. Nel capitolo precedente ne abbiamo visto la particolare genesi.
Devo confessare di non essere particolarmente soddisfatto di questo lavoro. Se l'episodio di Cico fuorilegge era, narrativamente parlando, una casetta a piano terra con un corridoio e tre stanze in successione, con questa vicenda mi sono imbarcato nella costruzione di un edificio a più piani che, a ogni passo, rischiava di diventare una di quelle abitazioni disegnate da Escher con scale e muri che negano ogni legge fisica.





La buona dose di professionismo che, nonostante la giovane età, avevo comunque accumulato (d'altronde mi scrivevo storie a fumetti già all'età di dieci anni) mi ha impedito perlomeno di cadere in "buchi logici" di sceneggiatura, ma non di evitare una serie di intorcinamenti e stiracchiature per mantenere la storia in pista. A cominciare da un grande andirivieni tra la Casa nel Cielo, il villaggio degli Abenaki, la "base operativa" di Zagor e compagni, e la miniera. Se lo dovessi riscrivere oggi, credo che ripulirei molto il soggetto facendolo diventare più lineare e meno dispersivo geograficamente.
Restano comunque molti elementi positivi che, credo, rendano in ogni caso l'avventura appassionante per i lettori: i molti scontri fisici, a cominciare da quello con il massiccio Bomb; il ritorno di un vecchio avversario dello Spirito con la Scure, stavolta affiancato da un altro villain come il Pequot, forse non più malvagio ma sicuramente più gelido... un vero serpente; il mistero dello strapiombo del Red Wolf Cliff dove, come dice Cico, "tutti precipitano, ma nessuno tira le cuoia", con la fantastica scena di Zagor che ci si tuffa plasticamente dopo aver predetto il proprio ritorno dalla morte; la cattura di Cico da parte del Pequot; il "lancio" di Smart Eel sopra il burrone... e tutte le sparatorie, gli agguati, i colpi di scena fino al doppio duello finale.







Rileggere questa storia dopo tanti anni, per me, è stato insieme misurare la distanza che, come autore, ho percorso nel frattempo, e ritrovare molte emozioni che avevo provato scrivendola e spero di aver saputo trasmettere a chi l'ha letta.
Per chiudere, ricordo che l'amico Giampiero Belardinelli, sul suo blog, procede di pari passo con questi miei ricordi inanellando una serie di brevi interviste al sottoscritto. Quella relativa a quest'avventura la trovate qui.



giovedì 5 settembre 2013

Dottor Toninelli e Mister Zagor (terza puntata)



Forse sto svelando un piccolo segreto.
Quasi tutti credono che Sergio Bonelli/Guido Nolitta abbia scritto le sue ultime tavole zagoriane nell'albo "Magia senza tempo", che concludeva l'avventura contro Hellingen e gli Akkroniani.
Non è così.
Prima di abbandonare definitivamente il personaggio, Sergio scrisse ancora alcune pagine di sceneggiatura. Si trattava di una gag che vedeva il ritorno del barone Laplume e dei due fraticelli Gelsomino e Serafino. Terminata la scenetta comica, però, non andò oltre. Quel breve testo dormì nel suo cassetto per molti mesi, finchè non decise di tirarlo fuori per far continuare la storia a un altro sceneggiatore. La sua scelta non cadde né sul fido e professionale Castelli, né sull'estroso Sclavi. Bonelli decise di far proseguire il racconto a un giovane sceneggiatore appena aggiuntosi allo staff ma che, probabilmente, con la storia di Cico fuorilegge aveva dimostrato più degli altri di padroneggiare da appassionato lettore e grande conoscitore il suo Spirito con la Scure, cioè il sottoscritto. Mi vennero così consegnate quelle pagine, sulla base delle quali mi fu chiesto di inventarmi un soggetto. Lo feci, e venne approvato. Nasceva così "Un'impresa disperata".
Si sa che all'epoca, quando le storie non erano scritte da Bonelli/Nolitta, il nome dello sceneggiatore all'inizio dell'albo semplicemente non veniva indicato, così non ci fu bisogno di segnalare la doppia paternità della storia. Sarebbe stato necessario quando si arrivò alla ristampa nel tuttoZagor, ma a quel punto evidentemente Bonelli non ritenne importante informare il lettore che quelle poche pagine iniziali erano opera sua, e l'intera storia venne attribuita a me.
In occasione di questa riedizione, dove di nuovo tutta la sceneggiatura viene considerata farina del mio sacco, trovo corretto ristabilire la verità storica e restituire a Cesare quel che è di Cesare: le prime undici-dodici pagine (non ricordo con esattezza dove si interrompeva il testo di Sergio) della storia sono state scritte da Bonelli, e solo da lì in poi la sceneggiatura è mia.
A distanza di trent'anni, non posso che ringraziare ancora Sergio e sentirmi fiero e onorato per quel particolarissimo "passaggio di testimone" che, senza tante parole, diceva quanto fin dall'inizio il creatore di Zagor apprezzasse il mio lavoro.


   

lunedì 2 settembre 2013

Dottor Toninelli e Mister Zagor (seconda puntata)

In attesa che sulle pagine della Collezione Storica a Colori di Zagor appaia la mia seconda storia, due considerazioni sulla gestione delle ristampe in casa Bonelli. In via Buonarroti non è mai esistito il concetto di "Autore", almeno per quel che attiene alle serie mensili con personaggio fisso e in particolar modo relativamente ai disegnatori. Quando in redazione si riteneva che un collaboratore in qualche vignetta avesse fatto, per dire, un Tex troppo poco somigliante a quello del creatore Galleppini, o uno Zagor che si discostava esageratamente dalla matrice ferriana, nessuno si è mai preoccupato del rispetto della "mano" dell'autore in questione. Fotocopie, forbici e colla intervenivano prontamente ad appiccicare una faccia galleppiniana o ferriana al posto di quella "sbagliata", perché l'importante era che il lettore non si trovasse spaesato di fronte a un "altro" personaggio al posto di quello amato, e pazienza se per chi aveva più occhio lo stile del disegno del viso faceva a cazzotti con quello del resto della vignetta. Atteggiamento che ha una sua artigianale logica e che probabilmente è risultato pagante nei confronti dei lettori, la stragrande maggioranza dei quali non sono in grado di cogliere certi particolari né preparati a dare una valutazione artistica degli albi, ma interessati solo alla storia in sé.
Non c'è dunque da stupirsi se, dovendo affrontare un programma di ristampe, in casa Bonelli si sia spesso deciso di intervenire ad "aggiornare" le tavole originarie per adeguarle al "livello" del materiale inedito che andava in edicola in quel momento. Si sono così, talvolta anche massicciamente, riscritti (e pure riposizionati, come vedremo) i balloon, si sono corretti i disegni (magari ci si accorgeva che il disegnatore aveva fatto a un personaggio secondario una camicia a scacchi in una vignetta, e a righe nella successiva) e anche le onomatopee.
In tutto questo, come sempre succede, ci sono lati positivi e negativi. Se è sicuramente giusto correggere alcuni dialoghi per evitare che certe storie di venti o trent'anni prima possano apparire "vecchie" ai nuovi lettori, resta un peccato che vada perduta per sempre l'atmosfera forse un po' vintage, ma certamente affascinante, dell'edizione originale che resta così appannaggio solo dei lettori della prim'ora.
E vediamo dunque alcune delle modifiche che, rispetto alla prima uscita, sono state apportate alla mia prima storia zagoriana nella ristampa di una ventina di anni fa in tuttoZagor e riproposta oggi nello stesso modo nella Collezione Storica a Colori.
Le correzioni iniziano già dal titolo. Come si può vedere nelle immagini pubblicate qui sopra, nella ristampa è scomparsa le parte degli alberi che sconfinava nella vignetta superiore, si è ingrandito il titolo ed è apparso il nome dello sceneggiatore. Le grida e i versi degli animali vengono racchiusi in bande bianche, e cambia anche la maggior parte dei "rumori", riducendone la varietà: spariscono i punti esclamativi e un multifunzionale TUMP va a sostituire i TROK, gli SDUM!, gli SBAM e persino i CIOK CIOK, come il THUD prende il posto degli STOMP, degli SDUM!, degli SPOCK! e dei TONF. Una decisione editorial-redazionale che si può condividere o meno, certo, ma pur sempre una scelta legittima.
Più discutibile quando, nella foga uniformatrice, al posto di un'onomatopea se ne sostituisce una "sbagliata". È il caso del rumore che fa Cico quando, sentendo la sbalorditiva cifra che la truffa di Trampy potrebbe procurare, "sbruffa" fuori il vino che stava bevendo (vedi immagini in basso). Si può anche considerare uno SBRUUF! troppo jacovittesco e direttamente onomatopeico e decidere di conseguenza di sostituirlo con qualcosa di più adeguato. Di sicuro non con un PUAH che non indica certo una "improvvisa e incontenibile emissione di liquidi dalla bocca" come il disegno mostra con evidenza, ma un "senso di disgusto" che non ha niente a che vedere con la situazione rappresentata.
Lasciano perplessi anche le decisioni prese sui balloon. Quando ancora lavoravo per la casa editrice di via Buonarroti qualcuno mi raccontò che un amico aveva convinto Sergio Bonelli che le nuvolette dei dialoghi dovevano sempre essere posizionate vicino alla bocca di chi parlava. Idea, secondo me, piuttosto discutibile. Prima di tutto perché se si considera fondamentale una cosa del genere per realizzare un fumetto "giusto", si afferma di fatto che, per fare un esempio, un Maestro indiscusso del fumetto mondiale come Edgar P. Jacobs (vedi vignetta qui sotto) non sapeva fare il suo lavoro.


E comunque, anche decidendo di applicare questa balzana regola, un conto è farlo sulle nuove storie comunicando la nuova disposizione ai disegnatori che, con la loro esperienza, costruiranno le vignette in modo graficamente equilibrato secondo le nuove indicazioni; ben diverso è metter mano a quelle che sono già state disegnate. Spostando i balloon, infatti, in molti casi questi vanno a coprire zone "importanti" del disegno e lasciano invece scoperte zone "morte". Graficamente, una sgradevole forzatura, come si vede nelle vignette qui sotto. Credo che tutto questo sia un po' figlio del fatto che alla Bonelli i responsabili redazionali sono sempre stati solo ed esclusivamente sceneggiatori, e sia venuto perciò a mancare il "peso" riequilibratore di un parere tecnico sulla grafica che avrebbe evitato certi "errori".
Che si tratti di errori, naturalmente, è solo una mia opinione. I numeri, da decenni, dicono che ha sempre avuto ragione l'editore.