venerdì 28 gennaio 2022

Una rece tira l'altra

Questo post verrà aggiornato man mano che terminerò una lettura o una videovisione che ritengo meritino una segnalazione. Non si tratterà di vere e proprie recensioni, ma di commenti più o meno brevi per chi è interessato/a a sapere cosa leggo o guardo in tivù. Li trovate in ordine cronologico dal basso in alto. Precedenti segnalazioni le trovate qui.



La regina rossa di L. McMaster Bujold
Ah, Lois, Lois, che mi combini? I tuoi romanzi del ciclo dei Vor mi hanno sempre appassionato, e ogni volta che ne trovavo uno nuovo era una festa. Poi è arrivato "Il segno dell'Alleanza", e con esso la prima delusione: una noiosa storia di amori e di problemi familiari resa appena più interessante da un furto. E poi arriva 'sto "La regina rossa", dove non c'è nemmeno il furto a ravvivare la vicenda. Patemi sentimentali con componente bisessuale, problemi familiari e qualche impiccio burocratico. Niente di più. Anche Miles, protagonista di tante avventure ricche d'azione fitte di pericoli da cui usciva regolarmente sopperendo con l'intelligenza e l'astuzia ai notevoli handicap fisici, è qui ridotto a un passacarte afflitto solo da banali problemi di rapporto coi figli e con la madre.
Ma che volevi fare, Lois? Passare dal romanzo di genere all'Alta Letteratura? Sei riuscita solo a realizzare un libro palloso che ho fatto fatica a finire di leggere! Vabbe', cercherò di dimenticare queste ultime due prove e considererò concluso il ciclo narrativo tre romanzi fa. Concluso per sempre, se questo è l'andazzo.
Intanto mi sto risollevando il morale con il giallo "Les italiens" di Enrico Pandiani dove, per fortuna, già nelle prime pagine vengono ammazzate quattro persone. Evviva, si torna a divertirsi!






Case di vetro di L. Penny
Se avete gusti simili ai miei (leggendo queste segnalazioni-recensioni dovreste esservene fatti un'idea) vi consiglio caldamente questo romanzo. Magari prima leggete almeno un altro con protagonista Armand Gamache, tanto per entrare in atmosfera (io ho letto il primo della serie) e ambientarvi con la particolare "fauna" umana dell'immaginario paese di Three Pines, e lasciatevi poi sorprendere/travolgere/coinvolgere da questo originale giallo della scrittrice canadese - credo sia la prima volta che leggo un'opera nata in quelle contrade - Louise Penny.
Si parte con l'inquietante figura del cobrador, realmente esistente ma qui in gran parte romanzata per necessità di scrittura, e l'uccisione di una donna, per poi venire immersi in una indagine parallela molto misteriosa, il tutto saltando dal processo all'assassino/a (l'autrice ci tiene abilmente all'oscuro della sua identità per tutta la durata del dibattimento) agli eventi che hanno portato al delitto e settimane seguenti.
Davvero un libro appassionante sul quale mi sono rituffato avidamente in ogni momento libero dell'ultima settimana.




K-11 di M. Casali, D. Gianfelice, S. Aquaro

Già pubblicata in volume, esce ora in versione da edicola spezzettata in cinque parti questa interessante storia di Casali che ha per protagonista il reduce di guerra russo Karl Tikhonov, o meglio un esperimento di potenziamento fisico che ha già fatto più d'una vittima e sembra finalmente funzionare nel soldato, al quale restituisce anche l'uso della gamba offesa in combattimento.
La sceneggiatura scorre molto bene, con un grande ed efficace uso di didascalie di racconto (vedi "Chi ha paura della didascalia" nel mio "La testa tra le nuvolette"). I disegni di Gianfelice, esaltati dall'emozionante colorazione di Aquaro, sono svelti e solidi e, senza indugiare in particolari distraenti, tirano il lettore dentro la storia; i personaggi sono ben caratterizzati e la recitazione buona, con scene d'azione coinvolgenti.
Sperando che i primi cinque numeri abbiano una "chiusa" sì da renderli sufficientemente godibili anche senza il seguito (le mie librerie potrebbero non sopportare altri albi), credo che prenderò almeno questa prima miniserie.




L'attimo prima della verità di D. Baldacci

In un altro post avevo scritto di aver letto tutti i romanzi pubblicati in Italia di David Baldacci. Non era proprio vero: ho scoperto che ce ne sono almeno altri due che mancavano all'appello, incentrati sull'agente dell'FBI Atlee Pine. Intanto ho letto il secondo. A tempo debito mi procurerò anche il primo. E il terzo, che suppongo non tarderà ad arrivare, visto che la ricerca della scomparsa sorella Mercy che fa da fil rouge alla serie non si è ancora risolta.
Questo volume è gradevole come tutti quelli dell'autore (che all'inizio la Mondadori aveva ribattezzato Baldacci Ford nel timore che i lettori più esterofili, scambiandolo per italiano, non lo comprassero), anche se la tensione e l'azione abituali non sono trascinanti come d'abitudine, visto che la storia resta più in ambito del poliziesco che in quello solito dell'intrigo spionistico-politico.
PS - Ho apprezzato questo libro anche per il traduttore, uno dei pochi che scrive con l'accento l'imperativo del verbo dare: dài. Da amante degli accenti (li metterei dappertutto, anche quando non sono indispensabili) ho sorriso soddisfatto, quando mi ci sono imbattuto.






Zombicide di L. Enoch, S. Vietti, A. Moroni, P. Francescutto

Chiariamo subito: coi miei settanta e passa anni, non faccio parte del target a cui è indirizzato questo albo. Per di più non amo l'horror e gli zombi in particolare. Ho letto classici come Dracula e Mr. Hyde, "Intervista col vampiro" della Rice e pure l'adolescenziale "Twilight". Non ho mai visto un film di Romero, e ho guardato solo una puntata dello spin off di "The Walking Dead". Con gli zombi, ho visto solo il parodistico "Pride + Prejudice + Zombies" e letto la trilogia di David Wellington: buono il primo "Monster Island", allungamento del brodo gli altri due.
Perciò ho acquistato questa miniserie della Bonelli in quattro parti, collegata all'omonimo gioco da tavolo, solo per curiosità professionale e, abbastanza naturalmente, non ci ho trovato motivi per acquistare i successivi tre numeri. Vietti è un abile sceneggiatore e, per quello che è il recinto del genere, se la cava in scioltezza. Unico fastidio, da toscano, "...il pezzo DEI zt sounds..." subito in prima pagina. Non so cosa ne pensa la Crusca, ma io continuo a storcere la bocca ogni volta che sento "i gnocchi" e "i zombi".
Per il resto, il disegno di Moroni lineare e piatto che lascia troppo spazio al colorista (infatti le uniche pagine che mi sono piaciute sono quelle in "bianco e nero" del ricordo dell'infermiera) non riesce a coinvolgermi, anzi, mi risulta un po' respingente. Quanto alla storia, di fatto ci si picchia dall'inizio alla fine come è inevitabile in un fumettogioco, e il fatto che gli avversari siano azzannatori senza personalità toglie gran parte dell'interesse alla vicenda.
L'ho detto: non è un fumetto indirizzato a me.  






  
Il West di Alberto Breccia di A. Breccia e AA. VV.

Le pubblicazioni "a quadernetto" inglesi con due vignette per pagina erano molto diffuse nel Regno Unito, negli anni sessanta. Buona parte di quella produzione arrivava anche da noi in pubblicazioni come Kit Carson, Collana Eroica, Robin Hood e tantissime altre. Ci lavoravano moltissimi disegnatori di varie parti del mondo, come gli italiani D'Antonio, Paparella, Pratt e Tarquinio, lo spagnolo Blasco, gli argentini Solano Lopez e, appunto, Breccia.
Alcuni autori che, all'epoca, come abitudine non firmavano e riconosciuti come grandi artisti in periodi successivi vengono oggi riscoperti con edizioni di prestigio come la Treasury of British Comics di cui la Cosmo sta riproponendo alcune storie. Le sei contenute in questi due albi ci mostrano un Breccia che illustra un West scarno e in gran parte di fantasia (era così per tutti: il West "documentato" sarebbe arrivato u po' d'anni dopo) che non inficia la bellezza delle inquadrature, del segno e del disegno del grande disegnatore sudamericano. Nell'unica storia senza personaggio fisso, "La sella della morte", anche se inquadrature e scenari giocati con l'abituale contrasto di ombre e luci, i personaggi sembrano invece figli di un'altra mano. Niente di strano: le collaborazioni tra autori erano la prassi, in queste produzioni seriali. Comunque due volumi imperdibili.





La sorella dimenticata di Janice Hadlow

L'autrice scrive questo "seguito" di "Orgoglio e pregiudizio" incentrandolo sulla più trascurata e insignificante delle sorelle Bennet, Mary. Tutta l'operazione sconta qualche evidente forzatura, perché nella descrizione di Austen la sorella mediana era una figura un po' ottusa, saccente e didascalica. Hadlow è però brava a giustificare i motivi per cui Mary voleva apparire così, nascondendo (anche alla scrittrice di Steventon) i suoi veri pensieri e la sua reale natura e psicologia. Una volta superato con felice agilità questo grosso scoglio, la vicenda scorre gradevolmente, e ritrovare la famiglia Bennet e corollario è un vero piacere. Unico neo: ci si poteva risparmiare di mettere in bocca ad altri personaggi (Mary e la signorina Bingley) le stesse frasi che Austen aveva fatto pronunciare a Lizzy e lady De Bourgh: va bene cercare la mimesi con l'originale, ma il troppo stroppia. Peccato comunque veniale che non inficia il godimento per l'originale (oserei dire necessaria) opera.  





Golden City di D. Pequeur, N. Malfin, P. Schelle e S. Rosa

Versione fantascientifica de "La maschera di ferro" dumasiana. Lettura piacevole, disegno simpatico e ben curato, colpi di scena e spiegoni ben calibrati, solo i personaggi ogni tanto sembrano dei manichini ma non in modo disturbante. Sei uscite raccolte da Cosmo in due volumetti bonelliani. Il disegno, inevitabilmente, soffre la riduzione di formato, ma comunque un prodotto godibile a un prezzo ragionevole.





Stanlio & Ollio
con Steve Coogan e John C. Reilly
Regia di Jon S. Baird

Ho finalmente trovato il tempo per guardarmi con calma questo film sulla tournée teatrale inglese del duo comico più famoso del mondo. Sono gli anni del declino, quando nessuno vuole più investire sui loro progetti cinematografici e la malinconia serpeggia tra reciproci rimproveri e frustrazioni senza però riuscire a scalfire l'amicizia e la voglia di divertirsi ancora e sempre. Insieme. Mi è piaciuto molto, al contempo allegro e triste, e commovente. Mi sa che ora dovrò trovare il tempo anche per rileggere il "Triste, solitario y final" di Osvaldo Soriano. Anche quello mi piacque tantissimo, ma non ricordo granché della vicenda: troppe letture ci sono state nel frattempo.  





Martin Mystère n. 386 di A. Castelli, G. Alessandrini, A. Orlandi e R. Torti

Castelli azzecca le note giuste per questa ballata celebrativa di un traguardo di tutto rispetto come quello del quarantennale della sua creatura, dimostrando ancora grande sapienza e divertimento nella scrittura. La storia è piacevole da leggere. Certo, per le caratteristiche del personaggio e il pregresso narrativo, l'autore non riesce a evitare una robusta dose di spiegoni e verbosità, ma tutto sommato ci stanno. Il disegno del creatore grafico della serie è fresco e godibile come quarant'anni fa e gli altri collaboratori, il giocoso Orlandi e il mimetico Torti, lo accompagnano senza cadute di stile. Non ho letto la riproposta in appendice del Doc Robinson-che-non-fu perché l'avevo già vista altrove e il disegno di Ricci non è mai stato nelle mie corde. Dal prossimo numero... si va avanti, finché i conti lo permetteranno.




Perry Mason di Ron Fitzgerald e Rolin Jones
con Matthew Rhys, Juliet Rylance, Chris Chalk e John Lithgow
Regia di Tim Van Patten e Deniz Gamze Ergüven

All'inizio, per chi ha conosciuto il personaggio di Perry Mason sui romanzi di Erle Stanley Gardner e nella serie tivù nell'interpretazione di Raymond Burr, questa serie televisiva risulta spiazzante: il protagonista non è l'abile avvocato che conosciamo, ma un giovane detective semialcolizzato negli Stati Uniti del proibizionismo che si trascina dietro gli incubi della prima guerra mondiale. Pian piano si capisce che i creatori del telefilm hanno voluto ricreare la genesi del personaggio, e tutto sommato l'operazione è gradevole. I canoni narrativi sono quelli di altre serie HBO (per ambientazione e crudezza ricorda il "Boardwalk Empire" con Steve Buscemi), con scene di sesso, personaggi un po' borderline e, per rispettare il Manuale Cencelli del politically correct, Della Street è lesbica e Paul Drake nero. Tutti bravi, attori e attrici. Sono arrivato al quinto episodio, quello in cui la vicenda svolta e si avvia su un percorso più tradizionale. Non mi perderò gli sviluppi delle prossime puntate. (disponibile su Raiplay)




Zorro di Alex Toth e AA. VV.

Questa corposa raccolta degli episodi di Zorro realizzati da Toth mantiene quel che promette: brevi avventure sulla falsariga di quelle della serie tv targata Disney di cui è il proseguimento a fumetti. Dunque, storielle godibili e il piacere di ammirare il disegno e le soluzioni grafiche di un maestro internazionale. Che, dopo una partenza sull'onda dell'entusiasmo con pagine ricche di particolari e personaggi e scenari curati con la consueta abilità, comincia però a "tirare via" a causa del pessimo rapporto con gli autori dei testi (ce lo racconta lui stesso nell'interessante introduzione al volume). Certo, sono comunque più belle le tavole "tirate via" di Toth che le mie fatte col massimo della cura, ma resta un peccato non poter godere di un'opera realizzata dall'autore newyorkese al massimo delle sue capacità dall'inizio alla fine.


 

Arsène Lupin, La comtesse de Cagliostro di Maurice Leblanc

Nella maratona di lettura di tutte le avventure di Arsenio Lupin che mi sta impegnando da diversi mesi sono finalmente arrivato a "La contessa di Cagliostro", o meglio a "La comtesse de Cagliostro" giacché di questo romanzo ho anche la versione francese e ho preferito leggerla in lingua originale. Il motivo dell'attesa di questo particolare episodio era duplice: intanto, parlando in rete dei romanzi di Leblanc, l'amico Sauro Pennacchioli - ex sceneggiatore di fumetti e giornalista - aveva affermato di reputarlo il migliore della serie, e poi volevo aspettare di averlo letto prima di guardare il film del 2004 ritrasmesso in tivù anche in questi ultimi giorni.
Per quanto riguarda il primo punto, col personaggio della presunta immortale discendente di Cagliostro il romanzo è intrigante, ma per quelli che sono i miei gusti non superiore alla media degli altri. Personalmente ho trovato molto più divertente e pieno di colpi di scena il successivo "La signorina dagli occhi verdi", con un gustosissimo - forse il più spassoso in assoluto - ribaltamento di situazione a spese del poliziotto convinto di aver messo fuori gioco il ladro gentiluomo.



Il film, invece, giustamente utilizza la vicenda della contessa Josephine che, anche se molto avanti nella produzione leblanchiana, narra a posteriori la prima importante avventura (con l'aggiunta di un prologo ripreso dal primo racconto della serie) di Lupin, quella che gli dà la definitiva fiducia nelle proprie capacità e lo convince della necessità di agire col supporto di una banda. Questo, nel film, viene mantenuto. Mentre molte altre sono le cose che si perdono nella versione cinematografica; e non solo quelle dovute alla durata della pellicola, che costringe ad asciugare il racconto; soprattutto viene del tutto eliminato l'aspetto che più di ogni altro caratterizza il protagonista, cioè le doti di "mentalist", le capacità che - come al Patrick Jane dei telefilm - gli consentono di entrare nella testa delle persone da un lato per scoprirne pensieri e prevederne comportamenti, e dall'altro per spingerle a fare quello che a lui fa comodo. Quello che resta è un banale taccheggiatore esperto di savate. Troppo poco, per risultare davvero coinvolgente. Il film, al quale con tutta evidenza si prevedeva di dare un seguito (poi non arrivato a causa dell'insuccesso commerciale), si chiude oltretutto senza risolvere tutti i nodi della vicenda.
Ho apprezzato invece abbastanza la scelta dell'attore, Romain Duris, che impersona il gentleman cambrioleur, mentre considero frutto di miscasting quella di George Descrières per i telefilm: mi è sempre sembrato più un impiegato - se non addirittura un funzionario di polizia - che non l'elegante, fascinoso, giovane e geniale ladro creato da Leblanc.





U.C.C. Dolores di D. e L.Tarquin

Piacevole avventura fantascientifica a opera di Didier Tarquin, creatore grafico del fortunatissimo Lanfeust, capostipite di tutta una serie di collane fantasy ambientate nel mondo di Troy, qui coadiuvato dalla (moglie?) Lyse. Strani ordini religiosi, pirati spaziali e un'astronave piena di misteri sono le componenti di questa trilogia raccolta dall'Editoriale Cosmo in unico volume bonelliano da edicola, a colori. Niente per cui gridare al capolavoro, ma lettura sicuramente gradevole servita da disegni e colori che riempiono la vista e soddisfano il palato.




Strati di Zerocalcare

Breve opera di graphic journalism pubblicata da L'Essenziale. Capisco che ognuno ha i suoi gusti, e che i lavori di Zerocalcare possano non piacere per i motivi più diversi. A me, da lettore, generalmente piacciono; da professionista lo apprezzo moltissimo: si è saputo trovare un vasto pubblico (senza sottrarre niente a nessuno) e ha una grande capacità di raccontare con linguaggio parlato e un disegno scarno ma efficace che ben gli si accompagna. Anche questa "indagine" sulla morte del diciassettenne Ugo Russo ucciso da un carabiniere in borghese durante un tentativo di rapina, "funziona". Certo, l'esagerato formato del giornale non è il più adeguato alle tavole essenziali dell'autore romano, ma questo passa il convento dei formati editoriali. 




Kate Burkholder - Tracce dal passato di Linda Castillo

La protagonista è una amish che, dopo aver abbandonato la comunità di Painters Mill dove è cresciuta, è diventata capo della polizia e, per la sua conoscenza di quel mondo religioso, è la più adatta a indagare sui crimini che vi vengono commessi. Al suo fianco l'agente-compagno John Tomasetti. Ho già letto una dozzina di libri della serie, tutti piacevoli, ben scritti e che "acchiappano" fino alla soluzione. Certo, per il numero di delitti che vi accadono, la zona in cui si svolgono sembra un po' la Cabot Cove degli amish, ma sono i limiti della serialità.



Lady S - L'integrale di Van Hamme e Aymond

Van Hamme è uno scrittore versatile, capace di passare dal fumetto, al romanzo, alla tivù, al cinema. E tali mi sembrano essere le sue ultime produzioni: buone per tutti i linguaggi mediatici. Anche questa Lady S, abilissima ladra-spia perennemente ricattata da servizi segreti di vario genere, poteva nascere tranquillamente come opera letteraria o prodotto per lo schermo. Il disegno di Aymond, simile a quello di altri attuali collaboratori dello sceneggiatore, è "normale", adatto a mettere in scena una storia a vocazione multimediale. Per me, uno di quei fumetti-non fumettosi che, per questa loro natura, mi soddisfano a metà. Finirò la collezione della serie, ma senza entusiasmo.



Le inchieste di Maisie Dobbs - Un semplice caso di infedeltà di Jacqueline Winspear

Insieme storia poliziesca e romanzo di crescita, questo piacevole libro ha per protagonista Maisie Dobbs che, entrata tredicenne a servizio della ricca Lady Rowan - fervente suffragetta - come cameriera, mostra un'intelligenza e una curiosità che spingono la padrona a finanziarne l'istruzione e a indirizzarla a fare un tirocinio presso  l'abilissimo investigatore Maurice Blanche. La ragazzina dovrà attraversare gli orrori della Prima Guerra Mondiale prima di aprire la sua agenzia di investigazioni e affrontare quello che sembra "un semplice caso di infedeltà". Scrittura molto piacevole, personaggi adorabili, bella trama. Un poliziesco che esce con eleganza e leggerezza dal genere. 



Evaristo di Sampayo e Solano Lòpez 

Raccolta completa dei sapidi racconti polizieschi che Carlos Sampayo generosamente condensa, per necessità editoriali, in una dozzina di pagine ciascuno quando gran parte delle idee avrebbero retto senza problemi lo sviluppo in un romanzo breve o in un film. Per riuscirci, utilizza un metodo di racconto sincopato che salta bruscamente dal presente al passato costringendo il lettore a uno sforzo d'attenzione e così a un maggiore coinvolgimento. Il poliziotto massiccio dalla morale e dai metodi molti personali in un'Argentina prossima al colpo di stato è tratteggiato con grandissima efficacia da Lòpez, qui nella piena maturità artistica. Il formato bonelliano non penalizza la lettura, anzi forse risulta il più adatto. 



Con l'arte e con l'inganno di Valeria Corciolani

Quando arrivare a pubblicare con un grosso editore fa male alla scrittura. Corciolani si era fatta apprezzare con i sei volumi della serie de "La colf e l'ispettore": personaggi simpatici, lettura piacevole anche se viziata da quella che sembra essere una fastidiosa tendenza dei nuovi autori e autrici del giallo italiano, cioè l'abitudine di citare continuamente canzoni, film, spettacoli televisivi e tormentoni di comici di varia natura (un'altra serie che vi indulge è quella dei fratelli Corsaro, avvocato l'uno e giornalista l'altro, di Salvo Toscano). Credo che l'intento sia quello di "essere contemporanei" e strizzare l'occhio al lettore di oggi. Col rischio di datare eccessivamente le opere e renderle in parte incomprensibili per i lettori di domani. Tant'è.
In questo romanzo apparso nella collana Nero Rizzoli però l'autrice sembra aver perso del tutto la trebisonda. Se nella serie apparsa per i tipi di AmazonPublishing i protagonisti erano ben caratterizzati e avevano ognuno un proprio linguaggio, come è nella realtà, qui sembra che la verve ironico-sarcastica-citazionista si estenda come un manto dalla narratrice a tutti i personaggi, così che l'impressione è quella di assistere a una commedia con un solo attore che cambia abito per interpretare le varie parti, ma mantenendo sempre la stessa voce. Poi, per carità, la storia c'è ed è arricchita da un sacco di interessantissime informazioni sul mondo dell'arte e del rapporto tra colori e religione-esoterismo (la protagonista è Edna Silvera, storica dell'arte), ma se ne esce con un senso di stucchevolezza.



I casi del commissario Dupin - Intrigo bretone di Jean Luc Bannalec
I casi del commissario Dupin - Risacca bretone di Jean Luc Bannalec

Un'altra piacevole serie poliziesca, quella dedicata al commissario Dupin e ambientata nella regione di Concarneau, in Bretagna (l'autore, però, celato sotto pseudonimo francesizzante, è il tedesco Jörg Bong). Simpatici i personaggi, a cominciare dal ruvido poliziotto, e ben congegnate le storie, soprattutto la prima che si regge su una trovata narrativa abbastanza originale (per quanto ne so... e che comunque non vi rivelo per non rovinare la sorpresa a chi deciderà di leggerla). La Germania non è famosissima per la produzione di romanzi gialli, ma direi che questi si fanno apprezzare.




Koralovski - 1. L'oligarca di Gauckler

L'idea di partenza (se è originale) è decisamente buona: secondo una teoria di alcuni scienziati russi sulla Terra ci sarebbe petrolio in quantità illimitata, e il timore di un prossimo esaurimento dei giacimenti è solo una menzogna sparsa ad arte per lucrare al massimo sul prezzo del greggio. Su questa base, il "re del petrolio" russo Viktor Koralovski si ritrova al centro di un vasto complotto per eliminarlo. Purtroppo, anche se la storia è narrata in maniera incalzante con continui colpi di scena, a rovinarla è la non eccelsa gestione del disegno da parte di Gauckler. Da un autore unico ci si aspetterebbe una simbiosi tra testo e illustrazioni, con l'uno e le altre che si sostengono e migliorano a vicenda. Invece spesso si assiste a un eccesso di dialoghi accompagnati da pagine molto statiche, come nella scena della fuga dal carcere: dopo che uno dei due evasi ha detto "...leviamoci da qui, altrimenti moriremo davvero di freddo!", Gauckler li fa restare immobili a chiacchierare per una pagina e mezzo (una ventina di riquadri). Se si aggiunge che il disegno non è esaltante e che una colorazione eccessivamente pesante rende spesso difficile decodificare il contenuto stesso delle vignette, il risultato non può che essere quello di un'occasione (quasi) sprecata.



67 Clarges Street - L'avventuriera di M. C. Beaton
Agatha Raisin - La quiche letale di M. C. Beaton
Agatha Raisin e il matrimonio assassino di M. C. Beaton
I casi di Hamish Macbeth - Morte di un macho di M. C. Beaton

Ecco un'autrice versatile e spumeggiante capace di regalare pagine di grande ironia (e persino umorismo) in più d'un genere narrativo. Nei romanzi sentimentali "Regency" si è inventata, tra gli altri, un piccolo escamotage per raccontare storie d'amore autoconclusive all'interno di una struttura seriale: lo ha fatto mettendo al centro delle vicende un'abitazione al n. 67 di Clarges Street (e la sua stabile servitù) che viene data in affitto di volta il volta a persone diverse, protagoniste della vicenda romantica. Nei gialli sono due le serie principali portate avanti dall'autrice (il cui vero nome era Marion Chesney, scomparsa a 83 anni nel 2019): quella dell'allampanato e rossocrinito poliziotto delle Highlands Hamish Macbeth e quella della PR in pensione riciclatasi investigatrice per passione Agatha Raisin. Se la trama poliziesca è a volte prevedibile (magari è colpa mia che, da autore, riesco a sgamare anticipatamente qualche trucchetto narrativo), le continue, divertenti trovate regalano ore di piacevoli letture.






Diabolik - Novecento minuti di furore di AA. VV.

C'è stato un tempo, una venticinquina di anni fa, in cui prima di dormire leggevo albi a fumetti (ora, quasi sempre, sostituiti da romanzi). Quelli che più mi rilassavano e conciliavano un sonno sereno erano Nick Raider e Diabolik. Oggi, conclusa la parabola editoriale del primo (attualmente "resuscitato" con una miniserie inedita che non mi ispira l'acquisto), di Diabolik compro solo le uscite estive del "Grande"; ed esclusivamente per i bei disegni di Giuseppe Palumbo, perché le storie mi sembrano diventate così autoreferenziali e narrativamente appesantite da spiegazioni spesso non richieste, che mi suscitano più fastidio che altro. Delle storie-storie, lineari e piacevoli, delle sorelle Giussani mi pare non essere rimasto niente, almeno in questa "serie parallela" basata sui ricordi dei vari protagonisti. Può darsi che nella serie normale ci siano ancora vicende scorrevoli (anche se per il gran numero di collaboratori chiamati sovente a metterle insieme, mi danno l'impressione di fumetti dell'Ikea, costruiti assemblando contributi diversi); questo novecentesimo numero - inevitabilmente celebrativo - rientra purtroppo nella categoria delle narrazioni autoreferenziali e dunque tutt'altro che rilassante, per me. Nella gerenza finale, tanto per chiudere in bellezza, si sono dimenticati di inserire il nome di Palumbo, autore dei disegni di una ventina di tavole.



Piccoli omicidi di Margaret Moseley

Mentre cercavo esempi di scelte tipografico-letterarie (quali autori-editori per i dialoghi usano le virgolette in apertura e chiusura e quali la sola lineetta iniziale ecc.) mi è capitato tra le mani questo libretto del 2000. O non l'avevo ancora letto, o me l'ero completamente dimenticato, ma propendo per la prima ipotesi. Si è rivelato uno di di quei piccoli romanzi piacevolissimi che ti fanno innamorare dei personaggi e quando arrivi in fondo, comunque sia andata a finire, ti dispiace doverli abbandonare. Non è propriamente un giallo, ma piuttosto una storia di formazione a base... di omicidi, con una protagonista decisamente non irreprensibile, ma in più d'un modo giustificata. E adorabile. Un modo di parlare di violenza sulle donne senza mai perdere il sorriso. Ancora rintracciabile sui siti di vendite librarie, per esempio qui.



Tyler Cross (Integrale 1/3) di Fabien Nury e Brüno

Primo volume della riproposta da parte dell'Aurea Editoriale delle storie del personaggio già apparso anche in un'edizione della Panini. Siamo dalle parti del Parker di Richard Stark/Donald Westlake che abbiamo visto fumettizzato magistralmente da Darwyn Cooke (recentemente ristampato in albi da edicola da
 Editoriale Cosmo). Sul fronte della storia, niente da eccepire: la vicenda è tesa e piena di colpi di scena, e Cross è un duro come si deve. Anche se le cose non gli vanno come lui si era immaginato. Rimasto a piedi con un carico di droga e pochi spiccioli in tasca, finisce nel paesino texano di Black Rock tiranneggiato dalla famiglia Pragg...
Meno felici i disegni. Brüno è molto bravo nelle inquadrature e nel montaggio della pagina, e anche se tratteggiati con linee scarne, pure i personaggi si muovono in modo convincente. Quello che proprio si fa fatica a digerire sono le caratterizzazioni facciali dei personaggi, a cominciare da quelle (praticamente assenti) del protagonista. Ne risente inevitabilmente la recitazione. Per quanto io ami la linea chiara, qui più che di una scelta stilistica sembra trattarsi proprio di carenza del disegno. Siamo lontani anni luce dalla sintesi coinvolgente e affascinante del citato Cooke. Prenderò sicuramente anche gli altri due volumi, ma storcendo inevitabilmente la bocca.





  

venerdì 21 gennaio 2022

Arrivano i nostri!


Lucky Luke era uno dei personaggi di maggior successo del settimanale per ragazzi Spirou. E come tale attirava l'attenzione della concorrenza che, un bel giorno, è riuscita a strapparlo alla Dupuis. L'editore belga, per correre ai ripari, decide di sostituirlo con un'altra serie umoristica western. Tra le varie proposte viene accettata quella di due autori "interni". Louis Salvérius e Raoul Cauvin sono infatti entrambi impiegati da anni nella redazione del giornale (per la precisione, al Bureau de dessin) dove svolgono vari compiti, dalla realizzazione di piccole e grandi illustrazioni a corredo di articoli, alla scrittura dei dialoghi nei balloon. Il primo aveva già realizzato alcune storielle nelle "mini-recits", piccoli album realizzati dai giovani lettori strappando e ripiegando le pagine centrali della rivista. I protagonisti erano spesso dei pellerossa, argomento che appassionava Salvé (come si firmava in questi miniracconti). Così, quando lo sceneggiatore gli propone una serie che ha per protagonisti dei cavalleggeri lui accetta a patto che gli indiani non vengano descritti come stupidi selvaggi ma trattati allo stesso modo dei "visi pallidi".




Nascono così "Les Tuniques Bleues", una serie corale (almeno all'inizio) un po' sul genere del telefilm "I forti di Forte Coraggio".


Cauvin, infatti, un po' per evitare di imitare banalmente il cowboy solitario di Morris e un po' per gusto personale, decide di mettere in scena le avventure delle "giacche blu" di un fortino dell'Arizona, Fort Bow. All'inizio si tratta di storielle di una pagina o, al massimo, una decina. Ne sono protagonisti il sergente Cornélius Chesterfield (come le sigarette, anche se il graduato non fuma e indulge piuttosto al bere) e altri tre militari: il caporale Blutch e i soldati Bryan e Tripps. La serie piace. Conquista di anno in anno piazzamenti sempre più lusinghieri nei referendum votati dai lettori e ottiene così lo spazio per storie "lunghe", quelle canoniche da 46 tavole. Arrivano così "Un chariot dans l'Ouest" e "Du Nord au Sud".


Il crescente successo spinge l'editore a sparare a palle incatenate: le due storie escono contemporaneamente in libreria (le avventure brevi e le gag saranno raccolte in seguito su due album "Special Salvérius", nn. 9 e 10 della collana) e consacrano definitivamente la serie e gli autori. Che intanto hanno già terminato anche un terzo volume, "Et pour quinze cents dollars en plus" (titolo che richiama il film di Leone, ormai arrivato al successo internazionale; la storia invece va per altre strade) e lavorano al quarto, "Outlaw" (si sarebbe dovuto chiamare "Les Hors-la-Loi", ma un titolo quasi identico dell'ormai concorrente Lucky Luke convince l'editore a inglesizzare il titolo).




Una fatale notte, però, un infarto uccide nel sonno il disegnatore che lascia la trentasettesima tavola incompleta. Nello strazio della famiglia, la giovane moglie Eliane e le figlie Annie e Nathalie, e il cordoglio dell'intera casa editrice, lo spilungone timido e riservato che amava gli indiani lascia orfani anche i suoi personaggi. A completare l'album ed ereditare poi la serie sarà chiamato il collega Lambil (Willy Lambillotte), amico di Louis e proveniente anch'egli dal Bureau de dessin. Le Giacche Blu sono infatti ormai un marchio di successo che l'editore non ha nessuna intenzione di lasciar cadere.


Come ho detto, Cauvin aveva optato per una serie corale mettendo in scena l'ambiente militare di un fortino di cavalleggeri alle prese con Comanche e altre tribù, ma già al termine della prima avventura lunga lo sceneggiatore deve essersi reso conto che la scelta rischiava di portarlo molto presto a girare su sé stesso: troppe poche le variabili su cui giocare per trovare sempre nuove idee. Così, già nel secondo album completo scaraventa i suoi personaggi nel bel mezzo della Guerra di Secessione, dalla quale non usciranno più.


Trovata nuova linfa per le sue storie, Cauvin si libera ben presto anche dei due cavalleggeri riducendo il quartetto iniziale a un duo: l'ottuso militarista Chesterfield, ambizioso quanto casinista, e il suo contraltare, il pacifista, sarcastico, renitente caporale Blutch bastano e avanzano (qualche volta col supporto della guida indiana Piuma d'Argento) per reggere i plot che lo sceneggiatore mette felicemente su carta anno dopo anno. Anche il genere di storie congeniali a Cauvin sono ben lontane da quelle del pistolero più veloce della sua ombra che intanto prosegue felicemente la sua cavalcata sulle pagine di Pilote con l'arrivo ai testi del grande René Goscinny. Se quest'ultimo, come metodo di lavoro, prende un argomento (che sia il giovane pistolero Billy the Kid o l'ennesima evasione dei Dalton) e col suo genio ne spreme fino all'ultima goccia tutte le trovate umoristiche possibili, lo sceneggiatore della Tuniques Bleues preferisce costruire delle vicende avventurose più simili a quelle dello Charlier di Blueberry, con missioni impossibili e continui colpi di scena, incaricando poi i suoi protagonisti di trarne divertimento per i lettori mettendo in campo la propria imbranataggine.

Salvérius si rivela l'autore più adatto a dar vita grafica al progetto narrativo dell'amico e collega. Se nelle primissime storie brevi basate solo su rapide gag abbozza dei personaggi che sono poco più che pupazzetti, appena le trame si fanno più complesse aggiunge dosi di realismo non sono nelle anatomie più slanciate dei suoi attori di carta, ma anche nelle inquadrature che prendono un taglio più avventuroso e cinematografico capace di coinvolgere ed emozionare il lettore che viene avvinto dalle scene d'azione intanto che ride delle continue baruffe tra il sergente, il caporale e i vari comprimari.


Un vero peccato che il disegnatore di Ghlin ci sia stato strappato così presto e brutalmente. Chissà quante magnifiche tavole avrebbe potuto regalarci ancora.


Nelle mani di Lambil la serie ha comunque superato i sessanta album e i venti milioni di copie vendute; abbandonata anche da Cauvin colpito da un tumore incurabile, è portata avanti da Lambil (ormai più che ottantenne) e nuovi autori.