giovedì 22 aprile 2010

Una fiaba prima di dormire

È in edicola il nuovo numero de il Giornalino, che tiene a battesimo questa settimana una mia nuova piccola serie, “Le fiabe sbagliate di nonno Nedo”.

Quando padre Stefano Gorla, nuovo direttore del settimanale cattolico per ragazzi, mi chiese di scrivergli qualche “finalino”, come vengono chiamati in redazione i racconti autoconclusivi, sulle prime avevo pensato di rinunciare. Ne ho scritti diversi, in passato, e l'ho sempre fatto con un fondo di sofferenza. Riuscire a inventare qualcosa di sufficientemente originale nel ristretto spazio di sei-otto pagine è impresa non facile. Non avendo lo spazio per introdurre situazioni o ambienti inediti, si finisce sempre per cavalcare temi fin troppo risaputi. Qualche volta sono riuscito a trovare l'idea buona, simpatica, un po' diversa dal solito e questo mi ha dato molta soddisfazione. Ma in altre occasioni devo confessare che mi sono adagiato con rassegnazione sui cliché più scontati, e temevo di trovarmi troppo spesso in questa condizione, dovendone scrivere ancora. Finché mi è venuta l'idea: se devo sfruttare i topoi narrativi più risaputi, perché non farlo rileggendo a modo mio i racconti più conosciuti in assoluto, cioè le fiabe classiche?

Ed ecco nonno Nedo, anziano bizzarro e creativo che quando deve raccontare una fiaba al nipotino prima di dormire, lo fa a modo suo.

Biancaneve e sette nani” nella scombinata fantasia di nonno Nedo è diventata così “Biancanana e i sette spilungoni”. A disegnarla è stato chiamato quel geniaccio e gran maestro della matita che è Luca Salvagno, momentaneamente in libera uscita dallo jacovittiano Cocco Bill che porta avanti da par suo sulle stesse pagine da più d'un decennio. E raramente mi è capitato di essere tanto soddisfatto di come una mia sceneggiatura è stata realizzata.

Luca ha fatto davvero un lavoro stupendo! Il genio impaginativo di un De Luca servito dalla ricchezza compositiva di un Landolfi in salsa modernissima e con tratto e gusto personalissimi e inimitabili! Una gioia per gli occhi e un salutare massaggio per la materia grigia! Finita di leggere la storia, viene voglia di tornare a “studiare” le vignette una per una per scovare tutte le chicche che il diabolico autore clodiense ci ha seminato!

Ci sono già altre tre “Fiabe sbagliate” pronte per la pubblicazione tra aprile e maggio: “Alì Bebè e i 40-tardoni” con i disegni di Allegretti, “La bella imbranata nel web” realizzata da Ripa, e “La bulla e il bestione” di nuovo con Salvagno. Per coincidenza, ho spedito giusto oggi i testi di altri quattro racconti che rileggono a modo mio “Cappuccetto rosso”, “Il gatto con gli stivali”, “Hansel e Gretel” e “Cenerentola”.

Questo numero de il Giornalino ha naturalmente anche altri motivi d'interesse: un nuovo episodio del Gray Logan di Vietti e Bastianoni, una tripletta di gag del divertente Paky di Lo Bianco e Olivieri, la seconda puntata del fantascientifico “Cibyrus”, opera postuma del grande Toni Pagot disegnata da Genzianella e soprattutto l'inserto G fumetti che, in occasione del 25 aprile, ripropone la prima parte delle “Storie di Resistenza” di Renzo Calegari.

Se siete appassionati di buon fumetto, sareste dei criminali a non spendere 1 euro e 90 per tanto ben di Dio!  

lunedì 19 aprile 2010

Protagonista Dante Alighieri

In una delle mie ormai abituali scorpacciate di letture “a tema”, in queste settimane ho fatto fuori alcuni libri che attendevano da tempo sugli scaffali delle mie librerie e hanno come denominatore comune la figura di Dante Alighieri come protagonista, o almeno coprotagonista.

Il primo a fare del Sommo Poeta il protagonista di opere letterarie è stato, ovviamente, Dante stesso prima nella “Vita Nuova” e poi nella sua “Commedia” al fianco di Virgilio e Beatrice.

Da quei lontani anni a cavallo tra il tredicesimo e quattordicesimo secolo, per quanto ne so, nessuno ha più utilizzato il “ghibellin fuggiasco” come protagonista di poemi o romanzi. Solo sul finire del XX secolo io e Giulio Leoni, ignari l'uno dell'altro, abbiamo avuto probabilmente in contemporanea l'idea di fare di Dante Alighieri un investigatore ante litteram. Leoni, più o meno mio coetaneo, ha terminato per primo il suo lavoro, presentando “Dante Alighieri e i delitti della Medusa” nei primi mesi del 2000 al concorso per il Premio Tedeschi del Giallo Mondadori, di cui è risultato vincitore. Io ho terminato il mio “S'i' fosse morte...” solo nell'estate di quell'anno, condannandomi all'inevitabile posizione di secondo arrivato!

Leoni ha scritto finora altri tre romanzi con Dante protagonista. Io mi sono fermato al primo che ha visto la luce editoriale solo nel 2009 per i tipi di Cartoon Club.

Se l'idea di partenza è la stessa, i risultati sono ovviamente abbastanza diversi. Leoni mette in scena un Dante un po' troppo incazzoso per i miei gusti, inquadrato nel periodo in cui era priore di Firenze, con linguaggio e tematiche abbastanza “moderni”. Io ho optato per un Dante più giovane, appena ventunenne, nonché più riflessivo e taciturno, anche se con il suo bel caratterino. Dovendo poi citare alcune opere sia di Dante che del coprotagonista Cecco Angiolieri, per evitare che il linguaggio trecentesco di quelle stridesse con il normale parlato dei personaggi, ho scelto di scrivere i dialoghi in un simil-volgare a metà tra la “Vita nuova” e Brancaleone, e anche la scrittura ha inevitabilmente una cadenza abbastanza classica.

Chi vuol divertirsi a confrontare i due esiti troverà i libri di Leone in libreria, editi da Mondadori, e il mio in fumetteria o presso l'editore (Tel. 0541.784193; e-mail: fdc@fumodichina.com).

Dal 2000 in poi, i romanzi con Dante protagonista si sono moltiplicati. Non un diluvio, ma una discreta pioggia.

Del 2002 è “La mano di Dante” (“In the Hand of Dante”) di Nick Tosches, Mondadori, 18,00 euro. La vicenda si svolge su due piani temporali. In quello odierno, in chiave noir, lo stesso Tosches è protagonista della vicenda, in veste di malavitoso che entra in possesso di poco plausibili manoscritti danteschi e cerca di venderli a collezionisti privati. In quello storico, un Dante quanto mai insoddisfatto e tormentato va “a lezione” di vita da un “maestro” giudeo, mentre sua moglie Gemma vive problematiche romantico-femministe. Un'idea dell'Alighieri e della sua famiglia abbastanza “da americani”, se posso dire. I personaggi tratteggiati da Tosches mi sembrano decisamente poco veritieri e alcuni elementi biografici addirittura errati, almeno da quel che posso giudicare in base alle biografie dantesche che ho letto per scrivere il mio romanzo e “La vita” di Dante a fumetti. A cominciare da quella di Giampaolo Dossena (“Dante”, Longanesi, 1995, Lit. 30.000), che consiglio caldamente a tutti gli interessati. Un vero spasso intellettuale.

Il libro di Tosches, poi, vive di una varietà di stili: dal giallo, al pamphlet, al saggio storico-religioso, a non so che altro. Presi ognuno a sé, tutti godibilissimi (la lettera del Tosches scrittore al suo editore è da antologia), ma nell'insieme fanno un pastone poco digeribile. Comunque la Infinitum Nihil, società di produzione cinematografica fondata da Johnny Depp, ne ha acquistato i diritti per trarne un film con lo stesso Depp nei panni di Tosches, perciò ne risentiremo parlare.

Del 2006 è “Stella cadente” di Alberto Costantini, opera vincitrice del Premio Urania, apparso su Urania n. 1516. Si tratta di un'indagine su un misterioso oggetto sprofondato in una palude del padovano. Anche questo romanzo, ovviamente fantascientifico, si svolge su più piani temporali. Nel primo, della spedizione inviata nel 1303 da Bartolomeo della Scala a indagare sull'accaduto fa parte anche un certo Durante da Firenze. L'idea dell'autore è che da quel “viaggio” nelle profondità del suolo e all'interno del manufatto alieno, Durante (nome anagrafico di Dante) abbia tratto spunto per l'Inferno della sua Commedia.

La scrittura è scorrevole, la lettura gradevole.

Del 2008 è poi “Il tradimento del templare” di Franco Cuomo (Baldini Castoldi Dalai editore, 17,50 euro), romanzo che vede Dante Alighieri operare al fianco del templare Esquieu de Floryan detto Squinn. L'autore si rifà alla poco verificabile tradizione che vuole Dante appartenente alla eretica setta dei Fedeli d'Amore. Cuomo lo immagina addirittura Gran Maestro della setta. Poco amante come sono della mistica frammassonica, paratemplare o settaria in genere, dalla lettura di questo tomo mi sono astenuto.

Per chiudere vale la pena di citare “Il circolo Dante” (“The Dante club”, 2003, Rizzoli) di Matthew Pearl anche se non ha per protagonista Dante ma la sua “Commedia”. La vicenda, ambientata a Boston nel 1865, è incentrata su un assassino che per uccidere le sue vittime si ispira alle punizioni infernali secondo la legge del contrappasso codificata da Dante. Sulle tracce del criminale, al fianco del poliziotto nero Nicholas Rey, c'è il gruppo dei traduttori americani ottocenteschi della “Divina Commedia” capitanati dal poeta Henry Wadsworth Longfellow. L'idea è decisamente bella. La trama che l'autore ne ha tirato fuori risulta invece a tratti un po' farraginosa, e la scrittura (o la traduzione, non so) non sempre scorrevole. Meglio, da questi punti di vista, la seconda opera di Pearl “L'ombra di Edgar” (“The Poe shadow”, 2006, Rizzoli), che si occupa invece del mistero che circondò la morte dell'autore de “I delitti della via Morgue”.

C'est tout. Se qualcuno fosse a conoscenza di altre opere con Dante protagonista, lo invito a segnalarmele ringraziandolo anticipatamente.


Orgoglio Trantran

L'altro giorno il postino mi ha consegnato il n. 130 di Pride, mensile gay italiano. Me lo ha spedito Massimo Basili che su quel giornale cura una rubrica sui fumetti e, in quel numero, si è occupato delle strisce di Tinì Trantran, il personaggino transessuale che realizzo per Gazzenda, l'agenda-diario della Gazzetta dello Sport.

Confesso che non avevo mai avuto occasione di sfogliare una rivista gay. Negli anni 70, quando bazzicavo il Partito Radicale, ma anche in caserma, ho avuto occasione di frequentare diversi omosessuali. Tutte persone gentili, dolcemente rassegnate alla loro condizione di “diversi” sempre esposti, nel migliore dei casi, alla burle dei conoscenti e, nel peggiore, alla violenza fisica dei fascistoidi di varia natura sempre pronti a dimostrare in questo modo la loro presunta superiorità di virili maschi “normali”. Mi è capitato anche di conoscere almeno un omosessuale abbastanza stronzo, un attorucolo a cui come associazione radicale avevamo organizzato uno spettacolo a Siena. Politicamente corretto sulla scena, fuori dal palcoscenico era una primadonna presuntuosa e scostante, senza nemmeno avere le qualità attoriali per permetterselo. A dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che gli omosessuali sono decisamente normali.

Ma dicevo della rivista. Mi hanno fatto impressione, sfogliandola, le pagine pubblicitarie a base di maschioni seminudi palestrati e fascinosi. Poi mi sono chiesto se alle donne fa lo stesso effetto vedere sulle pagine dei giornali e in televisione le pubblicità di modelle altrettanto fascinose e seminude che ci vengono quotidianamente propinate da pigri creativi pubblicitari che vogliono ottenere il massimo risultato col minimo sforzo di fantasia. Ma forse a quelle siamo ormai talmente abituati che non ce ne accorgiamo più. Ringrazio perciò doppiamente l'amico Massimo che, aprendomi uno spiraglio su un mondo a me sconosciuto, mi ha (ri)fatto riflettere sull'uso un po' distorto che del corpo umano si fa nei messaggi pubblicitari. E, ormai, anche nelle trasmissioni televisve, a ogni ora del giorno. 

sabato 3 aprile 2010

Ricordi di china

L'unico acquisto che ho fatto a Cartoomics è il libro autobiografico di Stefano Babini “Non è stato un picnic”, Dada Editore. Ero molto curioso di leggerlo. Ne avevo visto alcune parti in anteprima, avevo letto un paio di recensioni e conosco l'autore, incontrato la prima volta (se la memoria non mi fa difetto, ed è possibilissimo) un bel po' di anni fa a una Lucca, quando mi si presentò come fumettista di belle speranze nonché fresco marito della sorellina di una mia cara amica “di penna”.

Nel libro la sua storia parte un po' più tardi, a divorzio già avvenuto. Ed è la storia di una vita con poche regole e diverse tegole, qualcuna arrivata casualmente e qualcuna masochisticamente cercata. Come tutte le autobiografie che si rispettino, anche questa ha il pregio della sincerità, anche dove l'autore si autoassolve forse più del dovuto. Si legge d'un fiato e alla fine se ne vorrebbe ancora, perché in fondo, anche se non se ne condividono le scelte di vita e si rimane perplessi davanti a quelle professionali, a questo scombinato genietto della matita e del pennello, più casinaro che artista maudit, non si può non volere bene. La stessa scelta, nel momento di rendere omaggio in copertina a Magnus & Bunker, di farlo forse inconsciamente attraverso la figura del Conte, invece che con quella del protagonista Alan Ford, ce la dice lunga sulla battaglia combattuta fin qui da Stefano per “fregare” continuamente la vita (e anche, per ora fortunatamente con successo, la morte) autocondannandosi però a un'esistenza da Gruppo TNT.

Il volume mescola parti a fumetti, campioni di portfolio professionale, brani in prosa e illustrazioni, svariando tra cronaca quotidiana, percorsi clinici, sogni, citazioni metafumettistiche e cinematografiche. Unica pecca, Babini oltre che con la vita fa un po' troppo spesso a pugni con l'italiano, anche se tutto sommato le sue virgole fuori posto, gli accenti ballerini e altre sgrammaticature aggiungono ulteriore verità alla sua confessione, e bene ha fatto l'editore Seriacopi a conservarcene la spontanea naïveté.

Ora che con questo inetichettabile libro ha spurgato, nel bene e nel male, un percorso di vita personale e artistica che lo ha visto finora girare abbastanza in tondo, ci aspettiamo da Babini che prenda una direzione e metta le sue notevolissime capacità grafiche al servizio di un progetto forte. Dài, Stefano, sorprendici.


venerdì 2 aprile 2010

Stando allo stand

Sono rimasto a Cartoomics poco più di 24 ore, impedito a restare di più da impegni professionali e familiari. Ci è scappata comunque un'intervistina su BooksWeb.tv. Chi ha voglia di vedersela digiti “Toninelli” nel riquadro “Cerca” di quella piattaforma... e buon ascolto.
Quello che conta per me, però, ben più anche delle copie vendute al bancone, è stato rivedere gli amici lettori, quelli che mi seguono pure ad altre manifestazioni come quelli “stanziali” che da anni mi riaspettavano a Milano. E trovare l'ennesima conferma della loro “bellezza”. Ragazzi, giovani e meno giovani, maschi e femmine, sono tutti allegri, festosi e gentili. Lo so, nell'intero comicdom c'è una prevalenza di belle persone allegre e curiose, ma se posso azzardare un'analisi sociologica a pelle, direi che quelli che leggono fumetti umoristici hanno un “sorriso interiore” in più che li illumina. Nel nostro voltastomachevole paese di furbi, disonesti e mafiosi, questa fetta “sana” di popolazione mi riconcilia ogni volta un po' col mondo. Perché i potenti e i loro servi potranno anche provare un senso di onnipotenza nel governare a loro piacimento le nostre vite, o godersi i miliardi, le “barche” e le ville, per non parlare delle escort e degli altri generi di conforto che ricevono da chi vuole corromperli, ma alla fin dei conti mi fanno una certa pena se penso che nessuno di loro avrà mai la ricchezza di quel sorriso interiore.
E dunque sapere che, quando solo soletto siedo in poltrona a inventarmi le battute delle strisce o al tavolo a disegnarle, sto lavorando per i miei meravigliosi lettori e lettrici, è una cosa che mi inorgoglisce e emoziona. Grazie!