mercoledì 27 marzo 2019

Mostra con premio


Sono stato invitato a Lucca Collezionando per festeggiare con lettori e colleghi il cinquantesimo anno di attività... a fianco di Dante, insieme al quale ho esordito nel lontano 1969 sulle pagine della rivista Off Side.
Ho preparato per l'occasione una piccola mostra che nei prossimi mesi porterò in giro anche in altre manifestazioni. Vedete qui sotto alcuni dei pannelli che la compongono, e più in basso la stampa "robotica" che ho firmato allo stand dell'organizzazione.













La manifestazione primaverile lucchese, come altre gestite dell'Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell'Illustrazione (ANAFI), è una fiera "pura" di fumetto: niente videogame, cosplayer o youtuber. Solo fumetto, principalmente quello d'antan con un pubblico di conseguenza un po' in su con l'età più a caccia di vecchi albi per completare le proprie collezioni che non novità dell'ultima ora, anche se gli organizzatori cercano di "svecchiare" l'evento coinvolgendo editori più in linea coi tempi come Tunué e Shockdom. Non sempre lo fanno al meglio, come dimostra l'infelice spostamento dello stand di quest'ultimo dalla posizione abbastanza centrale della scorsa edizione a un angolo "morto" dove arrivava a transitare sì e no metà dei visitatori. L'ho detto a caldo ai responsabili, e lo ripeto a ragion veduta qui: quanto fosse "invisibile" la postazione lo dimostra, se ce ne fosse bisogno, l'ampio reportage di Adriana Roveda, in qualche modo fotografa "ufficiale" della fiera. Lo stand della Shockdom non è entrato, neppure per sbaglio, in nemmeno una delle quasi 270 foto pubblicate in rete in questi giorni, né è entrato nel raggio d'azione dei radar della tv locale che ha monitorato la manifestazione con un filmato di quasi mezz'ora. Non mi meraviglierei se l'anno prossimo la casa editrice di Lucio Staiano, forse la più capace di parlare ai giovani e giovanissimi (bastino per tutti i nomi di due suoi autori: Sio e Labadessa), decidesse di non partecipare alla kermesse toscana. Se si vuole evitare che Lucca Collezionando diventi esclusivamente "un paese per vecchi" destinato a naturale prossima estinzione, gli sforzi devono essere maggiori e più convinti. Sarebbe un peccato il contrario, perché la manifestazione è originale e peraltro ben organizzata.


(Qui sotto, due immagini dello stand Shockdom)




Altro elemento che mi ha colpito è la massiccia presenza di associazioni legate a personaggi dei fumetti, principalmente bonelliani (dedicate al solo Zagor ce n'erano ben tre!), che si sobbarcano anche l'ospitalità degli autori più amati coi quali condividere pure la cena al sabato sera. Un tempo era l'editore che si faceva carico promozionalmente delle trasferte di sceneggiatori e disegnatori, e questa "mutazione genetica" in atto mi sembra un ulteriore segnale negativo per un settore che è da anni in grande sofferenza.


(Sotto, una carrellata di immagini di stand e installazioni
curati dalle associazioni legate ai personaggi bonelliani.)







Tralasciando questi aspetti problematici, la due giorni lucchese è stata, come nelle previsioni, una piacevole vacanza di fine settimana in un ambiente rilassato, amichevole, colorato e festoso. Niente a che vedere col caos di manifestazioni maggiori: qui, tra una dedica e l'altra, c'è la possibilità di scambiare due chiacchiere in tutta tranquillità con lettori e colleghi, nella condivisione di quell'amore per la Nona Arte che è l'anima dell'evento.


(sotto, alcuni momenti della manifestazione, con la cerimonia
del calco delle mani del grande illustratore Emanuele Taglietti
e del mitico Max Bunker/Luciano Secchi, gli incontri con
Milo Manara e Alfredo Castelli, il funambolico Prosdocimi
e una foto di famiglia di "giovani promesse" del fumetto
ospiti allo stand degli Amici del Vittorioso)













Per me c'è stata anche una piacevole sorpresa, di cui sono stato informato all'ultimo minuto: gli organizzatori hanno infatti deciso di assegnarmi uno dei premi di Lucca Collezionando con la seguente motivazione: 

"Dall’esordio sulla rivista Off Side alle trasposizioni a fumetti dei grandi classici della letteratura, dall’avventura con la nascente Fumo di China alla Bonelli a il Giornalino, disegnatore, sceneggiatore, perfino editore, personaggio colto, ironico, critico e, da buon senese, anche polemico, salutiamo i 50 anni di carriera di Marcello Toninelli."


(Sotto, alcune immagini dell'assegnazione dei premi Lucca Collezionando:
a me, Salvatore Taormina, Sergio Pignatone e all'editrice lucchese Pacini Fazzi) 









Sperando di poter tornare anche l'anno prossimo e di trovare una fiera ancora più bella e proiettata nel futuro, ringrazio gli amici dell'organizzazione per l'ospitalità (oltre che per il riconoscimento, fra l'altro uno dei più belli, dal punto di vista estetico: potete ammirarlo qui sotto tra alcune mie pubblicazioni), consapevole delle difficoltà di gestione di una manifestazione del genere avendo a disposizione forze e finanziamenti limitati.



(Le foto sono di Adriana Roveda, Alessio G. e Serena T.)



domenica 24 marzo 2019

Undici anni spesi bene?


In occasione di Lucca Collezionando, la fiera primaverile organizzata dall'organizzazione toscana in joint venture con l'ANAFI, i ragazzi di SCLS sono passati a darmi una copia del loro magazine che festeggia i dieci anni della rivista.
Avevo scoperto su internet che questo numero ospitava un articolo su di me e avevo chiesto ai responsabili se potevano farmene avere una versione anche solo in pdf. Visto che sia l'associazione di appassionati che io saremmo stati a Lucca, il direttore Francesco Pasquali mi aveva detto che me ne avrebbero portata direttamente una copia, come hanno fatto puntualmente. Ringrazio lui e tutto il resto della "banda", e in particolare l'autore del pezzo che mi riguarda, Pierfrancesco Collalto il quale si è lanciato nella non facile impresa di analizzare il lungo periodo in cui mi sono trovato a scrivere, quasi da solo, le sceneggiature di Zagor, ben undici anni. Pierfrancesco lo fa scegliendo di prendere in esame principalmente le storie che sono state realizzate graficamente da Franco Donatelli, il disegnatore - tra quelli "storici" - col quale, come ho più volte affermato, mi sono sempre trovato meglio per come "aderiva" perfettamente ai miei testi accompagnandoli col suo segno senza fronzoli ma di grande efficacia narrativa. Scelta, dunque, originale ma tutt'altro che peregrina.
L'analisi ricostruisce puntigliosamente il cammino della mia opera tra luci e ombre con grande attenzione e da più punti di vista (il ritmo narrativo, il montaggio della tavola, l'utilizzo dei personaggi ecc.) dipanandosi per ben una quarantina di pagine della corposa rivista. Il risultato dello studio si condensa nella chiusa finale:
"...alla luce di tutto ciò, vorrei chiudere con una domanda: è azzardato dire che dopo l'addio di Nolitta, se non ci fosse stato Toninelli, oggi probabilmente non avremmo più Zagor? Se pensiamo ai destini del Piccolo Ranger, del Comandante Mark e dello stesso Mister No, credo proprio di no".

lunedì 18 marzo 2019

Una fantastica strunzata


Correva l'anno 2000. Con l'amico Sergio Rossi mi ero recato a Segrate nella redazione di Urania per parlare col recentemente scomparso Giuseppe Lippi in merito alla realizzazione di un volume per una nuova collana "uraniana" dedicata ai fumetti ("Il prigioniero delle stelle" di Alfonso Font).


Lippi ci invitò a mangiare alla mensa aziendale dove dividemmo il tavolo con Giacomo Spazio Mojetta, image editor della collana fantascientifica. Sentendo il mio nome disse di essere un mio affezionato lettore, da Strip Wars a Superstrunz. A questo proposito mi raccontò un episodio di vita familiare: qualche sera prima, dopo aver messo a letto il bimbo, era in salotto con la moglie quando avevano sentito dei rumori inabituali nella cameretta del figlio. Andati a controllare, l'avevano trovato che rideva allegramente nel sonno. Giacomo non aveva resistito alla curiosità e aveva svegliato il bambino chiedendogli di cosa stava ridendo. La divertita risposta era stata: "Sognavo di volare con le scorregge come Superstrunz! Era bellissimo!"



C'è un altro episodio, stavolta relativo al mio nucleo parentale, che fa di Superstrunz il personaggio a cui sono più... grato. Mio figlio Jacopo, che già da piccolo portavo spesso con me a fiere, incontri e convegni, si era fatto l'idea che i miei lavori non incontrassero grande interesse. Una volta che come autore di Shanna Shokk ero stato invitato a una convention per fan della fantascienza (certo, non il posto migliore dove incontrare degli appassionati di fumetto in generale e dei miei personaggi in particolare), mi espresse questa sua convinzione scuotendo sconsolatamente la testolina. Vabbe', nessuno è un eroe per il suo maggiordomo... e i suoi familiari. Ma pochi mesi dopo qualcosa ribaltò la situazione. E il merito fu di Superstrunz. In occasione di una edizione della Mostra del Fumetto di Falconara Marittima, mi trovavo infatti allo stand di Fumo di China (di cui all'epoca ero editore) e delle collegate Edizioni Foxtrot che stampavano i miei personaggi, quando si avvicinò un visitatore che, vistomi, domandò: "Ma sei Marcello, l'autore di Superstrunz?" Alla mia risposta affermativa, davanti all'esterrefatto Jacopo, il lettore appoggiò un ginocchio a terra e allargò le braccia come se avesse visto la madonna. Quel giorno credo di aver riacquistato una valanga di punti, agli occhi di mio figlio.

Se un personaggio è capace di entrare (letteralmente) nei sogni di un ragazzino e di suscitare in un lettore tanta venerazione per il suo autore, penso che meriti da quest'ultimo una particolare attenzione. Una ventina di anni fa, per motivi insieme editoriali, professionali e familiari ho dovuto abbandonare il Supercacatore nel bel mezzo di un'avventura sull'astronzonave Shitanic. Avevo già fatto le matite e fumettato le prime pagine dell'episodio successivo, ma il lavoro era rimasto nel cassetto, destinato a rimanerci sine die. Finché il mio passaggio dalle produzioni di fumetto "impiegatizio" (ormai sempre più raro e in declino) a quelle per il settore librario non ha creato i presupposti per il ritorno del primo e unico supereroe scatologico del mondo. Mi sono così ritagliato qualche mese dagli altri impegni lavorativi e, nel cinquantesimo anno della mia vita professionale, ho deciso di dare finalmente a Superstrunz il posto che merita. Ecco come è nata l'edizione "definitiva" del personaggio.



Tutte le tavole sono state scansionate di nuovo, corrette, rifumettate e colorate (come merita un comic book che si rispetti); ho ripreso in mano l'episodio interrotto che omaggiava Gim Toro e ce ne ho aggiunto un altro che parodizza invece il Barbe-Rouge di Charlier e Hubinon, completando così l'avventura di "Shitanic". Poi ho realizzato un altro episodio "normale" che vede Superstrunz alle prese con la minaccia del temibile Capitan Moccio. Completano il volume qualche redazionale, un... articolato articolo sulle scorregge e un breve StrunzFolio.

Realizzando il volume, ho riscoperto la quantità sorprendente (per me stesso) di trovate che l'originale personaggio mi ha suscitato, una per tutte l'invenzione del flip-manga-book dell'episodio con gli Stitici 4 e la Kagon Ball, altra invenzione narrativo-editoriale, credo, unica al mondo. Dante, che ha rappresentato il mio esordio e mi accompagna fedelmente e con successo da ormai 50 anni, è sempre stato indubbiamente il mio personaggio più importante, ma Superstrunz potrebbe riuscire a strappargli il titolo.

Vi lascio con una carrellata delle splash page iniziali di alcuni episodi contenuti nel volume.



giovedì 7 marzo 2019

Quando Jacovitti inventò il Numero Uno


Correva l'anno 1959. Benito Jacovitti, dopo quasi vent'anni trascorsi sulle pagine de il Vittorioso che l'hanno fatto conoscere e reso popolarissimo a più d'una generazione di giovani lettori, è approdato da un paio d'anni al concorrente il Giorno dei Ragazzi dove ha già imposto due personaggi del calibro di Cocco Bill e Tom Ficcanaso. Accanto ai suoi pezzi da novanta, l'autore termolese affianca altri character e storie di più corto respiro nelle quali continua a riversare la sua scatenata, apparentemente inesauribile fantasia e follia grafica.


Uno di questi è il pirata Gamba di Quaglia, scorridore dei mari che, persa una gamba nell'affettar maldestramente salami (e che altro, se no?), se l'è vista sostituire dall'originale chirurgo di bordo con una - appunto - di quaglia. La divertente avventura è uno one shot: il personaggio non tornerà mai in altre storie di Lisca di Pesce. Con lui finisce nel dimenticatoio anche il suo equipaggio: il mozzo Cartuccia, il cuoco Barbacotta, lo stiratore di vele Arcipeppe, il gabbiere Peter Gancio, lo psicopatico (ma all'epoca viene qualificato con un bonario "cattivaccio") Pape Satan e il Nonnomo.


Quest'ultimo, una specie di matusalemme su sedia a rotelle dalla lunga barba bianca e la vitalità di un ventenne, alterna fendenti con la sua spada di legno a ricordi delle sue esperienze passate. Passatissime, per meglio dire: non solo si professa autore della sconfitta della Grande Armada spagnola, ma sostiene di aver partecipato alla battaglia di Zama prendendo a sciabolate Annibale.
Vi ricorda nessuno?
Basta guardare la vignetta in apertura di questo post per capire che, senza ombra di dubbio, il Nonnomo è l'antesignano fatto e finito dell'alanfordiano Numero Uno.



Che si tratti di una mera somiglianza dovuta al caso è decisamente improbabile: non solo Luciano Secchi ha sempre dichiarato il suo amore per Jacovitti, ma ha pubblicato proprio l'avventura di Gamba di Quaglia in un supplemento della rivista Eureka che dirigeva per l'editore Corno, e l'apparizione del Numero Uno avviene sul n. 11 di Alan Ford, uscito appena il mese prima del supplemento "Eureka Seltz" che ospita la storia piratesca di Jac. Le tavole di "Gamba di Quaglia" erano dunque in redazione, nei mesi in cui Bunker/Secchi si "inventa" il personaggio che riuscirà rapidamente a imporsi come primo co-protagonista del biondo agente segreto, strappando spesso la ribalta al titolare della testata.



Possiamo dunque parlare di plagio?
Sicuramente no. Questo è uno di quei casi in cui un autore intravede in un personaggio o una situazione inventati da un autore precedente tutte le potenzialità che il creatore primigenio non ha saputo vedere o ha comunque trascurato giacché per lui rappresentava solo un aspetto secondario dell'opera.
Non è certo la prima volta che questo succede. Uscendo dal mondo del fumetto per approdare a quello della grande Letteratura mondiale, non può sfuggire come il meccanismo sia presente e si sviluppi attraverso ben tre capisaldi della poesia classica.
Partiamo da Omero che, narrando il periglioso ritorno di Ulisse a Itaca dopo la distruzione di Troia, nell'Odissea spedisce il suo personaggio nell'Ade, dove incontra la madre, i guerrieri che ha conosciuto e l'indovino Tiresia che gli profetizza il rientro a Itaca solo dopo molte traversie.



Quando Virgilio, per guadagnarsi la riconoscenza del suo "finanziatore" Ottaviano si mette a scrivere l'Eneide, ha un solo scopo: dimostrare con la sua poesia che l'attuale imperatore discende dell'eroe troiano di cui racconta perciò la fuga da Troia in fiamme col vecchio padre Anchise e il figlioletto. Per costruire il suo poema, Virgilio attinge a piene mani alle opere omeriche, "ricalcando" quasi spudoratamente l'Odissea nella prima parte della sua opera e l'Iliade nella seconda. In questo "copia-incolla" poetico (sto scherzando, chiaramente) non trascura la discesa dell'eroe nell'Oltretomba. Ma ci mette, e ampiamente, del suo delineando una struttura dell'Inferno con guardiani e dannati che era sostanzialmente assente in Omero.

Immagino che Dante Alighieri, leggendo l'opera del maestro che non a caso sceglie poi come guida per la propria discesa nei regni dell'Aldilà, sia rimasto molto colpito da quello che per Omero (che il fiorentino però non ha mai letto) prima e Virgilio poi era solo un breve e tutto sommato ininfluente episodio dei loro poemi. E quando si tratterà di metter mano alla sua opera in volgare, un po' pamphlet politico, un po' trattato teologico, un po' enciclopedia del sapere medievale, troverà in quel racconto di viaggio oltremondano la cornice perfetta per il suo capolavoro. Preso dunque il breve capitolo virgiliano come fosse creta quasi informe, la modellerà, la plasmerà, la svilupperà e, col suo genio, la trasformerà in un capolavoro che trascende e supera l'opera da cui aveva tratto ispirazione.



Lo stesso - e torniamo alle nostre amate nuvolette - è successo col Nonnomo e il Numero Uno. Jacovitti è un genio incontenibile che riversa nelle sue storie e vignette idee, trovate e personaggi che escono a getto continuo e in modo quasi incontrollato dalla sua fervida fantasia. A entrare nel dettaglio della sua produzione, chissà quanti personaggi minori o appena abbozzati, ma capaci (se sviluppati) di vivere da protagonisti troveremmo. Il Nonnomo è uno di questi. Come un novello Popeye (di cui, e qui torniamo alla circolarità di idee e letture, l'autore termolese era grande estimatore) che si fa largo a suon di cazzotti tra i protagonisti del Thimble Theatre (Teatro del Ditale) segariano e li prevarica e mette tutti in secondo piano, il Nonnomo avrebbe potuto diventare il titolare di chissà quante avventure, grazie anche alla sua possibilità di vivere in tutte le epoche che racconta di aver attraversato. Ma Jacovitti non lo fa. Altre mille idee, una migliore dell'altra, lo portano nello spazio di Microciccio Spaccavento, nel regno favolistico di Tarallino o nella cosa, la California di Zorry Kid.
E' Luciano Secchi, invece, a vedere le grandi potenzialità del personaggio. Così lo fa suo e, novello Alighieri, lo mette al centro della sua opera più fortunata e duratura rafforzandola narrativamente e, con tutta probabilità, anche sul fronte delle vendite e del gradimento dei lettori.

Onore al genio di Lisca di Pesce, dunque, ma riconoscimento al merito per il grande acume e lungimiranza di Luciano Secchi/Max Bunker che, affiancato dal talento grafico (e non solo) di Roberto Raviola/Magnus ha saputo dare al Nonnomo tutto lo spazio che meritava.

Nota finale: la su riportata ricostruzione della nascita del personaggio, naturalmente, per quanto supportata da dati di fatto e "pesanti" coincidenze, resta comunque soltanto un'ipotesi. Aggiungo in chiusura che Secchi, relativamente al Numero Uno, ha dichiarato in una recentissima intervista che "è l’unico del gruppo che è totalmente d’invenzione. Il Conte Oliver è un nobile decaduto, il Bob Rock è la caricatura della caricatura, la Cariatide è il pigro per eccellenza, Numero Uno invece non è paragonabile a niente e nessuno, non è uno stereotipo".
Se la mia ipotesi è fondata, questo sarebbe un bel riconoscimento del genio di Jacovitti.