mercoledì 28 settembre 2022

Un editore in calzoni corti


Ho già accennato ai giornalini che io e mio fratello facevamo da ragazzini a partire dai dieci-dodici anni, e in una pagina di questo blog ne trovate alcuni numeri completi.

I personaggi all'inizio li copiavamo da quelli dei fumetti che leggevamo (Pecos Bill, Il piccolo sceriffo, Blek Macigno, Rio Cid, Capitan Condor...), poi abbiamo cominciato a inventarne di nostri. I miei andavano dal cavalleresco Ser Lanciair, probabilmente ispirato ai telefilm di Ivanohe con Roger Moore, al tarzanide Zagaragli umoristici Ribo e Roboai Tre del West. Quelli di maggior "successo", nel senso che mi avevano portato a realizzarne più episodi, sono Atlas, un poliziotto che (all'inizio) andava in giro con una tuta rossa e i guantoni da boxe (!), il cavernicolo Bonzo e, buon ultimo, Capitan Falco.






E' con lui che ho chiuso la mia carriera di editore infantile. Dopo le sue avventure, realizzate quando avevo ormai quindici anni, ho fatto solo tre o quattro albi con protagonisti i miei compagni classe alle superiori, ai quali li facevo ovviamente leggere, mentre tutti i precedenti non erano mai usciti dalle mura di casa.




A distanza di quasi sessant'anni, tornato a fare l'editore di me stesso utilizzando il servizio Kindle Direct Publishing di Amazon (dove, perciò, sono distribuiti in esclusiva i volumi), tra le altre proposte e riproposte di miei lavori ho preso la balzana decisione di pubblicare almeno uno dei personaggi di quei giornalini disegnati direttamente a penna su fogli strappati ai quaderni di scuola e colorati con le matite, e la scelta è caduta quasi inevitabilmente su Capitan Falco che aveva già avuto, in altra veste, l'onore di una pubblicazione sulla stampa "vera". Infatti, quando collaboravo con il Giornalino delle Edizioni Paoline, avevo inserito alcuni dei personaggi e delle idee di quei piccoli albi infantil-adolescenziali nella mia serie Agenzia Scacciamostri. Lì, accanto al professor Van Der Groot e al suo assistente alieno Pico, avevo infilato sia Bonzo che Atlas che Capitan Falco, del quale avevo sfruttato anche il plot de "L'attacco dei robot".





Consapevole che di questo volume venderò solo una manciata di copie, ho praticamente rinunciato alle royalties (tanto, sarebbero state comunque ininfluenti per le mie finanze) mettendolo in vendita a prezzo di costo. Quello che conta è che ogni copia venduta - fosse anche solo una - strapperà un sorriso di gioia al ragazzino che ero (e che da qualche parte sonnecchia ancora dentro di me). Sicuramente in quei lontani giorni, seduto al tavolo di cucina a scrivere e disegnare insieme a Marco, non avrei mai immaginato di veder approdare quelle paginette su un libro "vero". Anche perché per me quegli albetti erano già più che veri così come li avevo fatti. 


  

mercoledì 14 settembre 2022

Quei Troll con la X finale

Per quanto ne so, Arleston non ha mai negato l'ascendenza asterixiana della sua serie "Trolls de Troy". E sarebbe ben strano se lo facesse, visto che oltre a riprenderne (in versione splatter) molti elementi, la cita a ogni piè sospinto. Con l'unico, dichiarato scopo di divertirsi e divertire. Riuscendoci benissimo.

Se in un episodio della creatura di Goscinny e Uderzo si citavano en passant i Beatles, l'autore delle innumerevoli serie troyane (Lanfeust e derivati), nell'ottavo volume dedicato ai Troll impernia l'intera vicenda sull'altra faccia delle rock band inglesi, i Rolling Stones. Ribattezzati The Groaring Trolls, da buoni troll quando fanno "l'angelo" proiettandosi sugli entusiasti spettatori... li schiacciano. Per l'intera vicenda si citano, francesizzati, i testi delle loro canzoni più famose. E si scherza sul nome originale del complesso quando, davanti a una piccola pioggia di sassi sulla testa, Ynghston/Mick Jagger protesta: "Ehi! Fate attenzione alle pietre che rotolano!", mentre le musiche vengono "registrate" da esapodi che somigliano a musicassette; per riascoltare i brani basta premere sulla schiena gli animaletti che provvedono a... petarli fuori!


Come dicevo, le citazioni asterixiane non mancano. Una delle più divertenti è quella che nel nono volume vede i troll in viaggio per mare imbattersi in una nave pirata. Ovviamente, quella stessa che Goscinny fa incontrare periodicamente ai suoi galli parodiando le avventure del Barberouge di Charlier e Hubinon. Se sulle pagine di Asterix l'imbarcazione viene puntualmente affondata e i pirati "medusati", non va altrettanto bene a quelli che si imbattono in Tetram e compagni, che divorano letteralmente i malcapitati. Gag nella gag, il nero a cui dalla coffa Goscinny fa gridare "I ga... i ga... i gaga... i galli!", nella versione di Arleston, vedendo due piccoli troll attaccare la nave, il meschino urla: "Des go... des go... des gogo... des gosses!" (cioè, dei bambini).


Nell'ultima tavola dell'ottavo volume, anche qui, saltano fuori pure i Beatles, ribattezzati Boeufs Attelés (Buoi agganciati, aggiogati) che si legge più o meno Bè-Atlé. Naturalmente, I Groaring fanno del rock duro (pardon, "du Rauque dur") mentre i Boeufs Attelés fanno Rauque pop, e il troll jaggeriano accetta di suonare con loro perché apprezza i loro hit: "Sergente Pepe", "Lascia che sia", "Dei campi di fragole per sempre", "La notte di una dura giornata" e, immancabile, "Lucy nel cielo con dei diamanti".


Come si vede, rispetto al genio creativo di Goscinny, Arleston marcia più sulla strada del puro divertimento tra gag d'azione e giochi di parole. Lo sceneggiatore di Asterix, va detto, operava in un mondo dove i precedenti non erano tantissimi e lo spazio per inventare e sperimentare ancora tantissimo. Arleston agisce in un settore dove è già stato scritto e disegnato praticamente tutto e, intelligentemente, preferisce giocare coi materiali a disposizione che inseguire non facili creazioni del tutto originali (anche se il mondo di Troy, con ognuno degli abitanti fornito di una diversa capacità magica, è comunque un'idea abbastanza inedita). Questo non gli impedisce, sulla traccia del predecessore, di inventare alcune di quelle cose che sono prettamente fumettistiche, nel senso di non esportabili in altri linguaggi come il romanzo o il cinema, d'animazione o meno. Se Goscinny l'aveva fatto con due perle come l'egiziano che parla coi geroglifici e i balloon che si coloravano progressivamente di verde dopo che il cattivo della storia aveva diffuso tra gli altri la zizzania, Arleston si è inventato il fatto che quando un personaggio sta a testa in giù anche quello che dice appare rovesciato e di conseguenza incomprensibile per chi ascolta. La lezione del maestro l'ha appresa bene!


Insomma, con le avventure del troll Tetram e della sua scombinata ma affettuosa famiglia (che comprende anche l'umana "trollizzata" Wa-Ha, la cui magia personale è di poter fare ogni genere di magie... ma senza sapere in anticipo quale) il divertimento è assicurato. E, per fortuna, ad Arleston non sembra mancare la fantasia per inventarsi ogni anno nuove folli situazioni.