lunedì 26 ottobre 2015

Cose che ho fatto in tempo a conoscere...

...e che i miei figli non hanno mai visto né sentito.

4. IL TELEX



Quando, sul finire degli anni Sessanta, entrai a lavorare al Centro Borsa del Monte dei Paschi di Siena in quel di Milano, all'ultimo piano della sede di via Santa Margherita, a due passi dalla Scala, feci la conoscenza di un oggetto misterioso: la telescrivente, chiamata confidenzialmente anche Telex (acronimo di TELeprinter EXchange).
Si trattava dell'apparecchio che potete ammirare nella foto e serviva a inviare comunicati scritti tra un'azienda e l'altra. Il Fax, all'epoca, era ancora lungi da venire (figuriamoci le e-mail!), perciò quello era l'unico mezzo per effettuare comunicazioni interaziendali istantaneee per iscritto (a parte il telegrafo, di cui il Telex era un'evoluzione).
Se non ricordo male, per inviare un messaggio si componeva il numero di telex dell'azienda a cui si voleva scrivere (usando il classico "disco" allora in uso nei normali telefoni, come si vede sulla destra dell'ingombrante apparecchio) e una volta ottenuta la linea si scriveva semplicemente sulla tastiera identica a quella delle macchine da scrivere del periodo. Il messaggio usciva stampato sul foglio nella parte alta della macchina ricevente, che scorreva verso l'alto riga dopo riga come in una normale macchina per scrivere.
Quando si comunicava con aziende di altri paesi, la lingua usata era naturalmente l'inglese. Con l'eccezione della Germania, che scriveva in tedesco e accettava solo risposte in tedesco. I testi, trattando di acquisto o vendita di titoli azionari, erano tutto sommato abbastanza elementari, così io e il mio collega e grande amico Mario Formichi ci comprammo una grammatica tedesca e un dizionario tedesco-italiano-tedesco e, dopo un rapido studio, ci prendemmo l'incombenza di comunicare coi teutonici.
Tre anni più tardi io lasciavo l'impiego, prima per svolgere il servizio militare e poi per dedicarmi completamente al fumetto. Non so chi, dopo, abbia continuato a "parlare" coi tedeschi (anche Mario partì militare insieme a me). I Telex furono comunque sostituiti una ventina d'anni più tardi dai Fax e, in Italia, il servizio cessò definitivamente nel 2001.

venerdì 23 ottobre 2015

Dante si fa in quattro (e mezzo)



Avendo realizzato una versione umoristica a fumetti della "Divina Commedia" che mi accompagna da più di quattro decenni, non potevo lasciar passare senza far niente una ricorrenza come il settecentocinquantennale della nascita dell'autore. Il problema era cosa fare per festeggiarlo.
Dopo qualche riflessione, nella primavera di quest'anno sono approdato alla decisione di rimettere mano alla mia opera per farne una versione "definitiva", aggiungendo qualche striscia inedita, ridisegnandone altre, rileggendola, correggendola, aggiornandola e rifumettandola tutta con un font digitale. E, con l'indispensabile e preziosa collaborazione di mio figlio Jacopo, rendendola più appetibile con l'apporto del colore.
Deciso a far nascere questa nuova versione senza attendere i tempi a volte lunghi delle decisioni editoriali, ho messo mano al progetto determinato a fare quantomeno una edizione digitale autoprodotta, inizialmente limitata all'Inferno. Volevo farla in formato "orizzontale", con due strisce per pagina, adatta alla lettura su tablet e computer. Quella che vedete sotto era una bozza della copertina.




La proposta ha invece trovato subito l'interesse della Shockdom, una casa editrice giovane, nata sulla rete ma presto allargatasi anche al cartaceo, sia per libreria che in edicola. Non potevo sperare di "cascare" meglio!
Lucio Staiano e Gianluca Caputo hanno preso rapidamente le redini dell'operazione, suggerendo di fare un'edizione davvero definitiva, riunendo in un solo volume le tre parti della Commedia e la biografia di Dante. In extremis, abbiamo deciso insieme di inserire anche un Dizionario illustrato dei Personaggi.
Risistemare tutto si è presto rivelato un'impresa ciclopica che ha "divorato" l'estate a me e Jacopo... ma credo che ne sia valsa la pena!




Per l'occasione, mi sono concesso il lusso di chiedere a tre amici del mio personaggio di scrivere una prefazione al libro. Ognuno l'ha fatta da par suo e secondo le specifiche competenze: Sergio Rossi, da quel critico originale che è e con l'indipendenza di pensiero che ha sempre avuto; don Tommaso Mastrandrea, direttore per molti anni de il Giornalino, rievocando (in maniera emozionante) i motivi che lo portarono a pubblicare le mie strisce sul settimanale che dirigeva; il professor Trifone Gargano sviscerando i fecondi rapporti tra poema originale e versione a fumetti relativamente al mondo della scuola, dove ha avuto modo di utilizzarlo didatticamente in prima persona.
Alla fine, il risultato è stato ottenuto: un volume di 256 pagine, brossurato, in formato 17x24, che contiene Inferno, Purgatorio, Paradiso, La vita di Dante e le schede dei personaggi della Divina Commedia, tutte quelle già pubblicate alla fine di ogni capitolo sul settimanale paolino e altre assolutamente inedite.


Insomma, un libro decisamente imperdibile che accompagnerà degnamente anche le prossime ricorrenze: i cinquant'anni dalla nascita del personaggio che, avendo esordito su Off Side nel novembre del 1969, festeggerò tra soli quattro anni, e i settecento anni dalla morte dell'Alighieri, avvenuta nel 1321.
Chi vuole brindare con me? Cin cin!


lunedì 19 ottobre 2015

Cose che ho fatto in tempo a conoscere...

...e che i miei figli non hanno mai visto né sentito.

3. IL DUPLEX


Quando ancora abitavo a Siena in via Don Minzoni, nel palazzo a otto piani che veniva chiamato "il grattacielo", un bel giorno in casa nostra arrivò il telefono. Erano gli anni a cavallo tra i 50 e i 60, e si usavano ancora i modelli in bachelite nera, in prevalenza da parete, con il "disco" per fare il numero (TRRRRR... ta-ka-ta-ka-tak... TRRR....). Quello che ci fu installato aveva pure un'altra caratteristica: era in DUPLEX.
All'epoca per le famiglie non abbienti come la mia il costo del canone telefonico era poco abbordabile e la compagnia telefonica, per diffondere l'uso del nuovo mezzo di comunicazione e allargare la clientela, consentiva che a dividersi il canone fossero due diverse famiglie. Naturalmente anche il servizio risultava "dimezzato". La linea infatti era comunque una sola, e quando una delle due famiglie telefonava, l'altra non poteva né chiamare né ricevere chiamate: se si sollevava la cornetta l'apparecchio, al posto dell'abituale "tu-tuuu", offriva un inquietante silenzio.
Nel fare la scelta di condividere la linea, bisognava dunque sperare che nessuna delle due famiglie ne abusasse, altrimenti si rischiava la lite condominiale continua... e chissà quante ce ne sono state nell'Italia di quel tempo!
Noi fummo fortunati, e non ricordo alcuna discussione o anche solo lamentela nel ristretto delle mura di casa.
Oggi che la linea fissa per moltissimi italiani è solo un ricordo e i telefoni sono diventati un oggetto portatile che somiglia ormai più a un computer che a un apparecchio telefonico, l'idea del Duplex può sembrare una favola particolarmente fantasiosa, ma per quegli anni di frenetico sviluppo e ancora diffusa povertà fu una geniale trovata commerciale.

lunedì 12 ottobre 2015

Il Dante sul Titano



Venerdì 25 settembre ho partecipato in veste di docente "tecnico" (traduzione: quello che fa i disegnini a uso di chi non ha mai visto come si realizza un fumetto) alla "First International Conference Comics and Health Education in the Digital Age - Sciences Comics and Digital Storytelling". Tema portante dell'incontro, incentivare e promuovere, con strumenti di comunicazione legati ai fumetti, un percorso di Educazione Sanitaria rivolto in particolare ai bambini delle scuole dell'infanzia e delle scuole elementari.
Relatori della due giorni (24 e 25 settembre di quest'anno) la professoressa Giuliana Dettori, il dottor Renaldo Ciro Renzi e il dottor Riccardo Venturini. Giovedì sono intervenuti anche il professor Giuseppe Fattori, il professor Daniele Barbieri (sul tema: "Ritornando alle origini. I fumetti didascalici di Will Eisner"), la professoressa Sara Colaone ("Fumetto, storyline e altre ricette sperimentali per una didattica indimenticabile"), il professor Mario Rivelli, la professoressa Caterina Cangià e l'art director Letizia Mollo.
Venerdì è toccato allo staff di Cartoon Club nelle persone di Loris Cantarelli direttore di Fumo di China ("Le sfide della rivoluzione digitale nel fumetto italiano"), Paolo Guiducci e Sabrina Zanetti, oltre al sottoscritto.
Per parte mia, mi ero abbozzato una striscia di Dante realizzata ad hoc, esemplificativa di come il fumetto possa veicolare messaggi sociali e di pubblica utilità, che ho completato in corso di dibattito, come potete vedere qui di seguito, insieme al "prodotto finito" (dietro di me, l'efficiente Roberto Sardo, sempre del team di Cartoon Club, addetto alle riprese).




L'incontro è stato interessante e confido che sia solo il primo passo di un'attenzione e collaborazione sempre maggiori tra il mondo della sanità, quello della scuola e quello del fumetto. Certo, la "scoperta" del fumetto giunge un po' tardiva, ma forse in tempo per un utilizzo digitale più pervasivo di quello solo cartaceo che si sarebbe potuto avere venti o trent'anni fa.
Tanto per non trascurare il lato "vacanziero" che si accompagna sempre a questi incontri "fuori casa", la sera precedente (una serata di tregenda, con pioggia, lampi e tuoni) io e mia moglie ci siamo fermati a cenare (con grande soddisfazione) alla trattoria "la Puraza", sulla strada tra Rimini e San Marino (fantastica la birra ambrata artigianale che abbiamo ordinato, ottimi i primi e la frittura di pesce) e, dopo il pernottamento all'Hotel Rossi della Repubblica sanmarinese, il convegno e un pranzo "istituzionale" al ristorante-pizzeria "Il monte", ci siamo concessi una breve gita nel centro storico di San Marino, con una fitta nebbia, ahinoi, che (come si vede nella foto sottostante) non ci ha permesso di gustare molto le bellezze del posto e tanto meno il panorama circostante.



Abbiamo però potuto apprezzare l'originale scultura di Stefanie Krome, "Mother & Son" di cui vedete qui sotto un'immagine intera e il particolare del "son"... appeso al collo.




sabato 3 ottobre 2015

Appendendo la scure al chiodo




Con la pubblicazione dei miei tre Speciali di Zagor nella Collezione Storica a Colori, credo che si chiuda definitivamente ogni rapporto tra me e il Giustiziere di Darkwood. Può darsi che ci sia ancora qualche tardiva pubblicazione in altri paesi come Croazia, Turchia o Brasile di cui verrò a sapere solo dai diritti d'autore che, all'occorrenza, l'editore puntualmente e correttamente mi paga. Edizioni di cui comunque non saprò altro e che, se non altro per motivi di lingua, non leggerò mai.

L'uscita delle mie ultime storie sui volumi "allegati" a Repubblica rappresenta dunque per me un addio definitivo allo Spirito con la Scure. Ulteriori ristampe sono infatti poco probabili, e una mia ulteriore collaborazione con la collana originale decisamente improponibile. La rilettura di queste ultime avventure mi ha infatti confermato, se ce ne fosse stato bisogno, che i motivi che mi avevano portato a interrompere la collaborazione con la casa editrice di Sergio Bonelli sono ancora tutti lì: un modo di raccontare "invecchiato" che, temo, non sia affatto cambiato nei venticinque anni trascorsi da quell'abbandono.
In questo quarto di secolo avrò letto sì e no una dozzina di albi Bonelli, metà acquistati perché erano disegnati da un/una collega di cui ammiro il lavoro, e gli altri recuperati casualmente qua e là, vuoi in occasione della distribuzione di albi al "Fumetti on the beach" di Riminicomix, vuoi perché abbandonati da qualcuno sul pullman della squadra di pallanuoto di mio figlio. In tutti i casi ho riscontrato, anche quando (è successo non più di una volta) la storia mi è abbastanza piaciuta, il "solito modo" di fare fumetti della Bonelli. Cioè di Sergio Bonelli.
Capiamoci subito: non rimprovero a Bonelli di essere uno che non ci ha provato. Nella sua lunga esperienza editoriale ha fatto di tutto: costosi cartonati a colori (e ancora lo ringrazio per "L'uomo dello Zululand" di Gino D'Antonio, il più bel fumetto "cinematografico" che io abbia mai letto/visto), saggi sull'epoca del Far West, settimanali alla Boy Music, persino un mensile di enigmistica (al quale mi onoro di aver partecipato, tra l'altro, con le strisce de Il pinguino Colofòn, l'unica cosa in quella pubblicazione che, secondo Tiziano Sclavi, faceva ridere) e riviste "d'autore" come Orient Express e Pilot. Senza mai imbroccarne una (editorialmente ed economicamente parlando). Così è forse normale che Sergio, alla fine, abbia deciso di tirare i remi in barca e fare solo quello che "funzionava", i bonelliani, la cosa che sapeva fare meglio. Anche se, così facendo, ha "ingessato" la sua casa editrice almeno per vent'anni, fino alla sua scomparsa.
Dopo la quale si stanno cominciando a fare tutte quelle cose che si sarebbero potute (dovute?) fare già venti anni fa, quando i numeri lo avrebbero consentito: cartoni animati (per tornare a Zagor, credo che uno Spirito con la Scure disegnato alla Bruce Timm avrebbe funzionato a livello mondiale: il personaggio ha tutte le caratteristiche per divertire e appassionare spettatori di tutte le età) e relativi fumetti a colori indirizzati a un pubblico infantile, cartonati alla francese (da proporre nel mercato franco-belga, oltre che in casa nostra), merchandising ecc. Purtroppo farlo oggi, quando le copie vendute sono dimezzate e ancora dimezzate, diventa difficile, se non impossibile: le centinaia di migliaia di copie vendute da Dylan Dog negli anni Novanta sono ormai solo un ricordo, così come le centomila di Zagor (solo due o tre anni fa l'attuale curatore della testata Moreno Burattini vantava la stabilità delle vendite della pubblicazione attestate sul presunto "zoccolo duro" di circa 40.000 copie mensile; oggi il Signore di Darkwood non arriva a 30.000, e il trend è in continua discesa; la stessa  Collezione Storica a Colori supera di poco le diecimila), e pure l'intramontabile Tex è ormai sceso abbondantemente sotto le 200.000 copie e, pur restando l'unica testata ad avere ancora i numeri per "sperimentare" (partorendo così Speciali, Almanacchi, Texoni, Color Tex...), non ha più l'appeal di una volta: l'aumento del prezzo di copertina del cartonato alla francese passato dai 6 euro e 90 del numero di esordio di Euleteri Serpieri agli 8 e 90 del successivo della coppia Boselli-Alberti la dice lunga su come sia ormai difficile far quadrare i conti anche con i personaggi più "forti".
Il problema, probabilmente, è che il "linguaggio" bonelliano continua ad essere ingessato, e soprattutto che il target di riferimento è quello dei lettori "tradizionali" che, a parte gli outsider Tex e Dylan Dog, oscilla ormai (quando va bene) tra i 25 e i 35mila lettori, e anche i tentativi di "innovazione" continuano a pescare nel solito stagno, in continua restrizione. Le nuove generazioni sono altrove: su Facebook e su YouTube, e quando si avvicinano all'edicola (vedi le 50.000 copie vendute dal primo numero di Scottecs Megazine) lo fanno perché spinti dai loro beniamini in rete, dove case editrici "tradizionali" come la Bonelli, per quei giovanissimi, semplicemente non esistono.
Se Sergio Bonelli avesse deciso di "pensionarsi" dieci o quindici anni fa le cose sarebbero cambiate? Impossibile dirlo. Forse sì, più probabilmente no perché l'entourage redazionale era (ed è) comunque costruito "a immagine e somiglianza" di Bonelli, e avrebbe dunque proseguito più o meno la sua politica.
Da osservatore esterno, non posso che dolermi di un potenziale editoriale un tempo enorme che risulta oggigiorno abbastanza fuori dal tempo e rischia di disintegrarsi nel volgere di non molti anni. Ovviamente mi auguro che non sia così, ma il gramsciano "ottimismo della volontà", in questo caso non sembra sufficiente a sconfiggere "il pessimismo della  ragione".
In ogni caso, per me e Zagor le strade oggi si separano definitivamente.