venerdì 25 novembre 2022

Lo strano caso di Taddeo e mister Toad


Quando io e mio fratello Marco ci facevamo i giornalini sui fogli strappati dai quaderni di scuola (ne ho già parlato qui), la mia prima serie aveva come protagonisti Taddeo e il professor Talpucci. Decenne non ancora pronto a inventarmi protagonisti miei, per quella prima "collana" (andata avanti per una sessantina di numeri!) avevo preso i personaggi da un libro che ci era stato prestato con vari racconti tratti da cortometraggi disneyani, tra i quali mi aveva colpito "Il vento tra i salici" tratto dal racconto di Kenneth Grahame. I protagonisti, mister Toad e Mole, erano stati ribattezzati sul libro Taddeo e Talpucci, e con quei nomi li adottai serenamente facendone i titolari della testata e infilandoli nelle più eclatanti e strampalate avventure.
Nei giorni scorsi, facendo un po' di "pulizia" negli ormai traboccanti scaffali delle mie librerie per far posto ai nuovi acquisti, mi è saltato fuori un corposo comic book che non ricordavo neppure di possedere. Tra le versioni a fumetti di vari classici disneyani del grande schermo ospitati nella pubblicazione statunitense (La Silly Simphony della Gallinella Saggia che tenne a battesimo Paperino, una storia natalizia dei Tre Porcellini e l'avventura di Topolino Piccolo Sarto Coraggioso) ho ritrovato anche i miei Taddeo e Talpucci in una versione disegnata che si fa un po' fatica a definire "a fumetti", giacché nelle diciassette pagine del racconto non c'è neppure una nuvoletta.







Avendo rispolverato di recente i miei giornalini fatti in casa per dare a uno dei personaggi (Capitan Falco, quello sì inventato di sana pianta da me) la soddisfazione di uscire dalle mura di famiglia e arrivare nelle mani di "veri lettori", questo quasi contemporaneo ritrovamento del mio primo "eroe" dell'infanzia in un albo americano mi appare come una chiusura del cerchio.



lunedì 7 novembre 2022

Quando Tex era tutto sbagliato


Nelle more della realizzazione della parodia di Tex appena pubblicata su Amazon ho avuto modo di rileggere alcuni vecchi episodi del ranger creato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini.
Piccola premessa: quando, più di vent'anni fa, mi sono trasferito dalla provincia di Milano tornando in Toscana (a Livorno, per l'esattezza), mi sono dovuto liberare di gran parte dei fumetti e libri che conservavo in cantina e in garage, visto che nell'appartamento che mi attendeva non avrei avuto né l'una né l'altro. Ho così venduto alla Borsa del Fumetto di Nessim Vaturi o regalato ad amici intere collezioni: riviste "d'autore", annate di Lanciostory e Skorpio e praticamente tutti gli albi bonelliani, con l'eccezione di quelli di Zagor, di Ken Parker, de La Storia del West di Gino D'Antonio e della collana Un Uomo un'Avventura. Negli anni successivi però, avendo in testa il progetto più o meno vago di fare un giorno una parodia a strisce umoristiche di Tex, tra ristampe in albo e volumi "collaterali" mi sono riprocurato le storie che più si prestavano alla presa in giro, cioè quelle che vedono il capo dei navajo scontrarsi con Mefisto e poi con suo figlio.


La rilettura, a distanza di tanti anni, ha evidenziato tutta una serie di "leggerezze" e veri e propri errori nella narrazione come nel disegno. Ne segnalo rapidamente qualcuno. Per quello che attiene ai testi, per esempio il vecchio Bonelli prima mette in scena una "strumentazione" abbastanza complicata per far sì che Mefisto possa "trasmettersi" a grande distanza, di fronte a Tex: una piattaforma di pietra nera sulla quale deve sdraiarsi un indiano Hualpai, posta davanti a un grande disco d'argento sostenuto da due grandi statue demoniache. Un po' di pagine più tardi, però, si scopre che tutto quell'ambaradan e soprattutto il tramite dell'indiano erano di fatto inutili, visto che al cattivone basta sollevare le braccia al cielo e invocare i custodi del tempo e le stelle nere degli ultimi cieli per riuscire a trasmettersi in prima persona davanti al suo nemico. Senza alcuna spiegazione, si passa... dalla trasmissione in studio a quella via satellite!



Nella seconda parte della vicenda fa assumere a Mefisto l'identità di un curatore che battezza dottor Anatas, cioè Satana al contrario. Ma siamo negli Stati Uniti, dove si parla inglese e il demonio viene chiamato Satan, senza la "a" finale dell'italiano. Il medicastro si sarebbe dunque dovuto chiamare dottor Natas (che suonava pure meglio)... se non fosse che all'epoca noi ragazzi avevamo ben poca dimestichezza con la lingua d'oltreoceano e avremmo rischiato di non capire il gioco di parole. 
Il disegnatore, da parte sua, ci presenta il villaggio dei navajo costituito da un insieme di tende caratteristiche delle popolazioni nomadi delle praterie e dotato di un bel totem tipico delle tribù stanziate sul Pacifico, come i Nootka e i Tlingit.


"Errori" del genere continuano anche nella successiva avventura con Yama che si svolge tra i seminole della Florida. Qui Galep ha avuto l'accortezza di mettere capanne di tipo differente per diversificare la tribù da quella di Aquila della Notte, ma ha sbagliato di nuovo disegnando capanne di corteccia d'albero caratteristiche delle popolazioni del Nord Est, e per il resto - oltre all'immancabile totem - disegna i pellerossa con gli stessi abiti dei navajo e il loro stregone così simile a quello di questi ultimi che mi sono accorto di averli disegnati, nella mia versione umoristica, praticamente uguali. Ben diversa l'attenzione per la documentazione di Sergio Toppi nel diciassettesimo volume di Un Uomo un'Avventura, "L'uomo delle paludi", e di D'Antonio e Lucio Filippucci nel ventiduesimo Texone "Seminoles", dove le capanne sono correttamente quelle aperte col tetto di fogliame sostenuto da pali, i costumi quelli caratteristici delle popolazioni di quei climi caldi e le imbarcazoni piroghe di legno a differenza di quelle, tipiche canoe, disegnate da Galleppini.



Chi ha letto fin qui queste righe si sarà fatto l'idea che si tratti di un post critico verso i due creatori di Tex. Tutto l'opposto! La mia intenzione è invece quella di sottolineare come, pure con strafalcioni di racconto e grossi errori di documentazione, spiegabili col fatto che all'epoca del Tex dei primi anni il concetto di West era molto vago e basato sui pochi film americani che arrivavano nei cinema e poi alla televisione, i due autori riuscissero a creare storie capaci di coinvolgere ed emozionare i giovani e meno giovani lettori con personaggi di grande impatto e intrecci originali, ricchi e trascinanti narrati con ritmo travolgente... e chi se ne frega di tutti gli sbagli seminati strada facendo nel testo come nel disegno!
È ovvio che questo era possibile quando i lettori non avevano ancora accumulato una tale mole di nozioni e immagini forniti da mille storie lette e viste sui fumetti come sul piccolo e grande schermo che, oggi, non consentono più di passare sopra a errori di documentazione e di scrittura, anche se l'attenzione ai dettagli rischia di far perdere quella beata e felice vena creativa che tante piacevoli letture ci ha regalato in passato.
Si stava meglio quando si stava peggio?


domenica 6 novembre 2022

Il miracolo immaginario dei fumetti in libreria



Grazie al successo in libreria di graphic novel e, più recentemente manga, negli ultimi anni il fumetto è diventato argomento d'improvviso interesse per categorie che se ne erano fin lì disinteressate: editori librari e giornalisti delle pagine letterarie. I primi hanno quasi tutti aperto una sezione di fumetto nei loro programmi editoriali, i secondi hanno cominciato a gridare al miracolo immaginando scenari inverosimili nei quali le Nuvole Parlanti, “genere” letterario fin lì quasi inesistente all'interno del loro orizzonte, di colpo conquistavano le prime posizioni nelle classifiche di vendita.
Credo che alla base di tanta meraviglia ci sia appunto l'ignoranza.




I fumetti, nuove regine delle librerie generaliste, infatti non sono usciti dal nulla. Arrivano invece da successi pluridecennali nelle edicole dove, negli anni d'oro, arrivavano a vendere centinaia di migliaia di copie: Tex ha toccato (con il solo mensile inedito, poi c'erano le varie ristampe) il mezzo milione di copie, Dylan Dog le quattrocentomila, Topolino (coi gadget “a puntate” estivi allegati) ha superato il milione. Altri dati potete trovarli in un articolo di Sauro Pennacchioli su Giornale Pop. Cioè, mentre nel settore librario (dove i fumetti approdavano raramente e con poca convinzione degli editori) per i romanzi bestseller da cento o duecentomila copie si sparavano i fuochi artificiali, in edicola erano decine e decine le serie a fumetti che superavano quei livelli ogni mese o addirittura ogni settimana. E, quando andava male, vendevano almeno cinquantamila copie a numero.
Nella crisi generale della carta stampata dopo l'arrivo di internet e l'esplosione dell'intrattenimento televisivo con canali satellitari e piattaforme varie, anche se tutti i settori editoriali hanno subito crolli drastici delle vendite, il fumetto, potendo attingere a un serbatoio di partenza molto più vasto, anche nel momento in cui si è trasferito in parte nelle librerie ha mantenuto un numero di lettori comunque mediamente superiore a quello di romanzi e saggi.
Quando la “trovata” più che altro di marketing di chiamare il fumetto (o almeno un certo tipo di fumetto) graphic novel ha aperto al mondo delle nuvolette le porte delle librerie mentre alcuni autori che si erano fatti un seguito in rete (Zerocalcare col suo “Ogni maledetto lunedì ogni due” ma anche Sio col suo Scottecs) approdavano al cartaceo sfruttando il momento favorevole, l'Arte Sequenziale ha rapidamente guadagnato posizioni nelle rivendite librarie. Nel momento in cui gli editori si sono accorti che il linguaggio (perché questo è, il fumetto, non un genere) delle storie a vignette arrivava a fare numeri superiori a quello letterario ci si sono fiondati, dedicando a esso ampie fette dei propri cataloghi.



Quanto ai manga, è almeno dagli anni ottanta che con l'invasione televisiva degli anime delle varie Heidi, Lady Oscar, Holly & Benji e robottoni d'ogni genere hanno colonizzato l'immaginario delle nuove generazioni che, in Italia, per colpevoli scelte editoriali nessuno aveva più provveduto a fertilizzare con prodotti autoctoni (in Francia il settore jeunesse delle Bandes Dessinées è invece sempre stato fiorentissimo e ancora oggi occupa le primissime posizioni delle classifiche di vendita con il fenomeno Mortelle Adèle e altre fortunate serie).


Da almeno trent'anni i fumetti giapponesi si sono perciò conquistati il favore delle nuove generazioni in edicola come in fumetteria (Dragon Ball, sostenuto dai continui passaggi in tivù del cartone animato, credo abbia sfondato il livello delle centomila copie. A ogni numero. E nelle ripetute ristampe). Niente di sorprendente dunque che quando anche le librerie generaliste hanno aperto le porte alle decine e decine di collane giapponesi il fenomeno sia esploso portando le vendite dei fumetti, già molto interessanti, a livelli “sorprendenti”... solo per chi non conosceva i numeri abituali sia del fumetto in genere che dei manga.


Ora che succederà? Beh, raggiunto un certo livello, la situazione si stabilizzerà. I fumetti giapponesi, spinti dagli anime e dai bassi costi (acquistare i diritti di materiali esteri costa ovviamente molto meno che produrre opere nuove), continueranno a vendere, ma ci sarà senz'altro un assestamento a un livello più basso, probabilmente già iniziato. Quanto ai graphic novel (e a tutto quello che viene spacciato per tale), la “sbornia” iniziale ha prodotto molte cose buone ma anche prodotti non esaltanti, e credo che nel medio termine ci sia da aspettarsi una robusta contrazione delle vendite che premierà alcuni prodotti a discapito di altri più “improvvisati”.
Dal punto di vista della professione di fumettista in Italia, temo che ci saranno sempre meno prodotti da edicola (le vendite, ahimè, continuano a calare inarrestabilmente) pagati “a pagina” che oggi consentono ancora a sceneggiatori, disegnatori e coloristi di farsi uno “stipendio” e “vivere di fumetto”. Se quel settore dovesse entrare in crisi irreversibile e il fumetto sopravvivere solo in libreria, fare il fumettista diventerà come scrivere romanzi: una manciata di autori bestseller che se la passano bene, mentre per tutti gli altri sarà solo un secondo lavoro o un hobby come ho già avuto modo di dire.