mercoledì 31 maggio 2017

Cose che ho fatto in tempo a conoscere...


 ...e che i miei figli non hanno mai visto né sentito.



7. IL CICLOSTILE




Il mio compagno di banco alle superiori si chiamava (e si chiama tuttora) Edoardo Pellicioli ed era di Castellina in Chianti. Ci è capitato ogni tanto di studiare insieme, qualche volta a casa mia, altre volte in casa dell'amico Roberto Cini (è da lui che ho scoperto "La fiera delle castronerie", in assoluto il libro che mi ha fatto ridere di più in vita mia. Quel giorno lo studio andò inevitabilmente a farsi benedire) dove abbiamo preparato pure l'Esame di Stato. Altre volte mi ha ospitato nel suo paesino, dove sono rimasto a dormire e ho passato anche qualche giorno durante l'estate.


(Nella foto della gita scolastica a Montreux da sinistra, il terzo in piedi sono io;
il primo seduto è Edoardo; in basso col maglione a coste c'è Roberto)

Dei tre, io ero quello che (senza essere un secchione) andava un po' meglio a scuola, e ovviamente non mi facevo pregare per dare una mano quando potevo. Una volta mi sono spinto addirittura a scrivere completamente il tema in classe a Edoardo. Finito rapidamente il mio, scelsi un altro dei titoli proposti dalla professoressa Jeoava Cesarini e scrissi in brutta copia anche il suo, che lui diligentemente mise in bella. Mal gliene incolse: mentre io presi il mio abituale sette o otto, lui si beccò una brutta insufficienza (un quattro, mi pare di ricordare) e una sfuriata dell'insegnante davanti a tutta la classe. Il tema era sul fenomeno del movimento Beat. Nella mia beata semi ignoranza avevo buttato giù un testo che parlava degli scontri fra le bande dei beat e dei provos di cui avevo sentito qualcosa in tivù e letto su qualche fumetto. La professoressa (che suppongo avesse riconosciuto la mia mano nel lavoro presentato da Edoardo) quasi urlò che esisteva tutto un movimento culturale partito da "Ricorda con rabbia" di Osborne e giunto a maturazione con Cassady, Kerouac e Ginsberg. Autori che avrei scoperto qualche anno più tardi, forse anche grazie a quella "sgridata" per interposta persona.



(Nelle foto sopra, una via di Castellina in Chianti e un angolo caratteristico)

In una delle visite a Castellina (più o meno a inizio 1967) mi fu chiesto di fare qualche disegno per il primo numero di una rivistina messa insieme dal Club Gioventù Castellinese di cui Edoardo faceva parte. Fu lì che scoprii l'esistenza del ciclostile.
Quell'artigianale macchina permetteva di stampare rozze ma economiche pagine anche in assenza di elettricità. Come funzionava? Il testo (e i disegni) andavano composti su fogli speciali di carta di riso rivestiti di uno strato ceroso sul quale si "incidevano" le parole con la macchina da scrivere e i disegni con un apposito stilo (ma un ferro da calza andava bene lo stesso). In cima al foglio c'era attaccata una striscia di cartone con i fori di riferimento per attaccare poi il foglio al ciclostile.



Wikipedia riassume così il funzionamento: "La matrice finita viene agganciata al tamburo della macchina di stampa, riempito di inchiostro denso (oleoso). Il meccanismo di rotazione del tamburo (ad azionamento manuale), sincronizza il trascinamento dei fogli vuoti, sui quali si ha il trasferimento dell'inchiostro nelle sole parti prive di cera. La carta da stampa deve essere particolarmente assorbente, per cui è poco collata e ha una superficie opaca. La bassa qualità di stampa è dovuta essenzialmente alla trama del foglio matrice, che si traduce in una grossolana puntinatura degli elementi in stampa. Influenza la qualità del risultato anche l'abilità nella battitura dei caratteri, poiché un'azione del martelletto particolarmente forte distrugge anche la cera nelle vicinanze, producendo un carattere sbiadito e privo di dettagli. Il sistema può permettere, in una certa misura, stampe a colori: per ciascun colore deve essere preparata una matrice dedicata, e il processo di stampa ripetuto riprocessando i fogli per ciascuno dei colori. Non è invece possibile riprodurre immagini di tipo fotografico o comunque disegni con mezzitoni."



Pare che questo bell'attrezzo sia stato inventato nel 1874 da un italiano, Eugenio De Zuccato, anche se poi ci hanno messo le mani in diversi, compreso l'onnipresente Edison.


Qui sopra potete vedere la copertina (forse il disegnino è opera mia) e sotto alcuni miei scarabocchi che "illustrano" una canzone dedicata a Castellina in (pardon: del) Chianti opera di nomi all'epoca famosissimi come Gorni Kramer e Tata Giacobetti. 



Sotto invece alcune pagine, a cominciare da una versione "castellinese" della Divina Commedia. La mia, a fumetti, era ancora lungi da venire, ma chissà che la lettura di questo ruspante rifacimento non mi abbia attivato qualche neurone in quella direzione, nel cervello. Non so chi abbia realizzato le illustrazioni che accompagnano il "poema".




A me venne soprattutto affidato il compito di strappare un sorriso ai lettori della neonata rivista con qualche barzelletta, e se col disegno ero ancora davvero sotto il livello minimo di sufficienza, con le battute già me la cavavo quanto basta.






Qualche mese più tardi, quella sul "Lupo di Dubbio", disegnata con un po' più di cura, mi fece vincere (sotto falso nome, quello di un amico che si prestò in cambio di una piccola percentuale della vincita, perché col mio avevo già vinto in precedenza) un premio in denaro sul concorso settimanale del giornaletto Pappagone, come potete vedere qui sopra.

I fogli venivano stampati su una sola facciata, e le varie pagine poi spillate artigianalmente. La resa (soprattutto dei disegni: specialmente alla prima esperienza, non era facile azzeccare la giusta pressione nell'incidere il foglio cerato) non era certo quella di una pagina stampata in tipografia, ma per certe necessità poteva andare. Il ciclostile è stato compagno di lotta dei partiti operai, dei sindacati e dei gruppuscoli "rivoluzionari" dal 1968 e per tutti gli anni Settanta. Le ragazze, "liberate" dalla ormai insopportabile figura di "angeli del focolare", si ritrovarono spesso in quegli anni, in attesa del femminismo compiuto, di nuovo relegate nel ruolo di "angeli del ciclostile".
Piano piano i miglioramenti tecnici delle fotocopiatrici che ne abbassarono il costo di stampa mandarono in soffitta il glorioso ciclostile che oggi sopravvive solo nei paesi più poveri grazie al suo funzionamento meccanico che non richiede energia elettrica.


Nessun commento:

Posta un commento