venerdì 11 luglio 2025

Quante volte, Calamity?


Sono più d'uno, i personaggi storici dell'epopea western che hanno vissuto varie vite nel mondo del fumetto, in Italia e all'estero. Il più famoso, anche perché ha portato pure in Europa il suo circo, è sicuramente Buffalo Bill, molto presente - come protagonista o in apparizioni momentanee - in molte pubblicazioni, a cominciare dall'Intrepido dove in periodi in cui l'inglese era poco praticato nel nostro Paese aveva perso una delle F del nome.









Altrettanta fortuna editoriale ha avuto Davy Crockett, trapper, esploratore e tra i difensori di Fort Alamo, protagonista anche di molti film e produzioni televisive. Personalissima l'interpretazione che ne dette Guido Martina in Pecos Bill facendone la spalla dell'eroe, attempato panzone barbuto sopravvissuto ad Alamo, sporco, bevitore e sbruffone. 










Un terzo è sicuramente Kit Carson, graficamente caratterizzato tra i primi da Albertarelli e poi portato alla grande popolarità in veste di "pard" di Tex Willer, passando per una testata della Dardo e altre incarnazioni fumettistiche.








Tutti uomini, come si vede. D'altronde nel Far West la figura femminile era relegata in ruoli di madre, insegnante o prostituta. Fu sempre Guido Martina a portare una delle pochissime eccezioni, Belle Starr, come coprotagonista nella breve serie a fumetti Oklahoma.



La donna che si è guadagnata maggiore spazio nel mondo delle vignette è però senza dubbio Calamity Jane. Il suo vero nome era Martha Jane Canary-Burke. Nata nel Missouri, aveva ereditato dal padre il vizio del gioco al quale aveva aggiunto l'alcolismo e altre sregolatezze. Guida di carovane, scout dell'esercito, cercatrice d'oro e star del Wild West Show di Buffalo Bill, abile con le armi e ottima cavallerizza perdeva però ogni volta i suoi impieghi per il continuo stato di ubriachezza.



Presente già dal Dopoguerra in edicola in Italia col nome in testata, è stata poi compagna d'avventure, innamorata non corrisposta, di Pecos Bill (ancora Martina!) e titolare di serie di una collana di tascabili sexy coi disegni di Zuffi e Ingam. Inevitabilmente è anche apparsa come i precedentemente visti nella Storia del West di D'Antonio.









Oltralpe sembra essere una beniamina degli editori che l'hanno messa spesso in copertina nella locale edizione di Pecos Bill, facendola poi protagonista di varie serie e volumi one shot. Senza dimenticare l'episodio di Lucky Luke che le hanno dedicato Morris e Goscinny.









Ho deciso di dedicarle questo post quando l'ho ritrovata in uno dei volumi ricevuti per il mio compleanno, "Chiens de prairie" di Berthet e Foerster, pubblicato da Anspach.
A dire il vero qui non è protagonista. Apre e chiude il racconto di cui è comunque narratrice. La vicenda principale è incentrata sulle figure di J. B. Bone e Mosé. Il primo è un ubriacone, rapinatore di banche e assassino. Il secondo un ragazzino sordomuto che proprio Calamity Jane avrebbe dovuto accompagnare in un istituto per minori con altri resi orfani da una terribile epidemia di vaiolo a Deadwood. Ma la donna se lo perde dopo aver condiviso il bivacco col bandito, a sua volta in viaggio per riportare al paese il cadavere del complice ucciso durante un hold up. Prima di morire, l'amico Ben Donnigan gli ha infatti estorto la promessa di seppellirlo a Kaiser Rock accanto all'amata. Rimasto solo, Mosé si aggrega a J.B., sulle cui tracce si muove un gruppo di cacciatori di taglie capitanati da Salomon Wallace, un fanatico religioso, e sua sorella Moira...


La storia è bella, potrebbe diventare tranquillamente un film western teso e sanguinolento con venature macabre, o una miniserie televisiva. I colpi di scena non mancano e la tensione resta viva fino alla conclusione. Lo sceneggiatore usa con abilità il doppio registro della scrittura in prosa con l'uso di molte didascalie (in forma di lettera di Calamity Jane alla figlia) e delle cinematografiche sequenze d'azione. Decisamente in linea coi desiderata che ho espresso nel lungo intervento sulla didascalia nel volume "La testa tra le Nuvolette".


Molto piacevoli ed efficaci i disegni di Philippe Berthet, che ha voluto con forza questo tuffo nel western coinvolgendo l'amicollega Foester. Ho particolarmente apprezzato alcuni geometrici montaggi delle vignette nella tavola.




Buon lavoro pure quello del colorista Dominique David che riesce a rendere bene il senso della polvere, della terra e degli abiti lisi che caratterizzavano la vita in quei contesti. Nelle scene notturne - e sono una buona parte - i toni sono forse un po' troppo scuri e rischiano a tratti di annegare il disegno, sulla pur bella carta granulosa usata per la stampa. Contro le abitudini tecnologiche attuali, la colorazione è analogica, "alla vecchia maniera", fatta con colori ad acqua Colorex, come spiega l'autore nei ricchi redazionali finali. 


Insomma, un libro godibile a tutti i livelli che conferma la bontà delle produzioni di questa casa editrice che ho scoperto solo recentemente e di cui vi ho già parlato