venerdì 13 marzo 2020

Anche i fumetti "invecchiano male"?


Ho già riconosciuto altre volte (per esempio qui e qui) al settimanale di programmi televisivi e cinema FilmTV la capacità di proporre riflessioni molto interessanti sul loro settore che, per la vicinanza dei due media (nati non casualmente nello stesso anno), si applicano spesso anche al nostro mondo delle storie disegnate.
Succede anche questa settimana nell'articolo di fondo (nel senso che è in fondo al giornale) di Roy Menarini che si chiede "Quand'è che un film è 'invecchiato male'?"
Il giornalista nota che questa "categoria di pensiero" è legata al cinema mentre non lo è ad altre produzioni artistiche. Non succede nella musica, nella letteratura, né nella pittura: "A nessuno verrebbe in mente di affermare, per esempio, che in In ginocchio da te di Gianni Morandi sia un pezzo invecchiato (male o bene); casomai 'vecchio', inascoltabile per i più giovani, legato ad altri contesti di consumo, a melodie percepite come eccessive. Se lo ascoltiamo adesso siamo in grado di di contestualizzarlo al suo tempo. Come facciamo per i Beatles (...). Non lo paragoniamo immediatamente all'oggi o alla nostra fruizione contemporanea. (...) Al cinema la contestualizzazione" invece "non vale. Vogliamo che il film funzioni ancora e sempre. Altrimenti decretiamo non funziona più, perché è datato."
E aggiunge che lo stesso succede ai telefilm: nessuno, se non dei "cultori radicali", oggi guarderebbe un'intera stagione di Starsky & Hutch. Questo fa sospettare a Menarini "che il cinema sia nato contemporaneo. Che rivesta un ruolo collettivo di attualizzazione perenne. Che sia sempre in contatto con il suo tempo. Lo immortala, certo, ma è impastato di presente."


Succede anche per il fumetto? Direi di sì. L'insuccesso di ristampe come il recente Kinowa e i giudizi che l'hanno accompagnato in rete ci dicono che quella scrittura, quel genere narrativo e pure quei disegni non sono più proponibili oggi, ancor più perché l'intero linguaggio del fumetto pare non essere più adeguato ai tempi se non mediato attraverso la rete (vedi Sio) o gli anime giapponesi - e comunque in misura sempre limitata -, facendo sì che i giovani ai fumetti non si avvicinino proprio, mentre al cinema ci vanno ancora.




Così, se Menarini può concludere che il cinema "è una formidabile fonte storica" giacché "trasuda presente da tutti i fotogrammi", il fumetto (nella sua accezione di linguaggio di fruizione di massa) appare piuttosto destinato a diventare una "fonte archeologica" che resterà editorialmente viva solo finché ci saranno i "cultori radicali" dei vari Tex, Diabolik o Alan Ford.


La parte di esso che sta trasmigrando verso le librerie mutandosi in graphic novel sembra avviata invece ad apparentarsi sempre più alla letteratura e dunque non rischiare più di "invecchiare", ma perdendo per sempre la capacità di "trasudare presente".

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