Se n'è andato stanotte, a 82 anni, Decio Canzio.
Con lui sparisce l'ultimo pezzo della "vecchia guardia" di teste pensanti e/o scriventi della Bonelli, i quattro moschettieri del fumetto italico: Gianluigi, Sergio, Tea Bonelli e, appunto, Decio. Lavorava soprattutto nelle retrovie editoriali, e solo occasionalmente si è presentato alla ribalta firmando alcune significative sceneggiature. In questa veste mi piace ricordare il suo lavoro di "riposizionamento" del Piccolo Ranger ereditato dal creatore Andrea Lavezzolo. Senza snaturarlo, lo aveva irrobustito con potenti iniezioni di azione e ritmo narrativo, facendolo "suo" con convinzione e leggerezza.
La leggerezza sorniona era d'altronde la sua cifra anche nel lavoro redazionale e, suppongo (non avendolo mai frequentato fuori dall'ambito editoriale), anche nella vita.
Appassionato di Nero Wolfe, ne aveva la stazza e anche l'intelligenza tagliente, ma certamente non il caratteraccio. Anzi, anche quando diceva le cose più terribili (gli ho sentito profferire a un collaboratore queste esatte parole: "Non m'interessa da chi fai controllare il lavoro. Quando me lo porti, metti l'uccello sulla mia scrivania e, se trovo un errore, te lo taglio!") conservava quel suo sorriso appena accennato che al contempo negava la minaccia e la rendeva terribilmente seria.
Non starò a riportare qui tutte le cose che si dicevano e si diranno in questo triste momento sulla sua diabolica abilità di scopritore di refusi o sulla sua passione per Garibaldi, di cui era discendente. E non posso neppure pensare alle cose che ci hanno divisi e mi hanno portato a suo tempo a interrompere la collaborazione con la casa editrice. Voglio invece ricordare tutto quello di buono che lui (e Sclavi, altro mio referente redazionale) hanno fatto per la mia crescita come sceneggiatore correggendomi, istruendomi e consigliandomi. Un "aiuto" per tutti, quello che mi ha dato sulla storia "La maledizione di Tonka" che, nel mio soggetto, si concludeva banalmente con l'intervento di uno stregone della tribù che somministrava all'amico di Zagor una pozione risolutiva, e che grazie al suggerimento di Decio è diventata invece quel viaggio della speranza e della paura che ha così felicemente ispirato i disegni di un Michele Pepe al suo meglio.
Con la scomparsa di Canzio, si chiude definitivamente un periodo "storico" del fumetto italiano. E, qualsiasi cosa ci attenda in questo sempre più incomprensibile nostro mondo, dovremo affrontarlo da soli. Non ci saranno più un Sergio o un Decio a incoraggiarci con un consiglio, o a riportarci in carreggiata con un rabbuffo o un commento sornione.
Bel commento, Marcello e, come nel tuo stile, sincero...
RispondiEliminaMi sto facendo conoscere anche in politica come uno che dice quel che pensa... anche quando non mi conviene! :-)
RispondiEliminaComunque Canzio era davvero un bel personaggio (e una bella persona), e la Bonelli non sarebbe mai arrivata dov'è senza di lui. Oltre che senza Sergio, naturalmente. Ora a tenere la barca sulla giusta rotta resta soprattutto Marcheselli. E non lo invidio, in questo momento in cui nell'editoria il rumore di terremoti in arrivo si fa ogni mese più forte. Spero che la lezione dei due "grandi vecchi" gli sia sufficiente per fare, insieme all'erede, le scelte giuste. Ti auguro un sereno 2013!