mercoledì 28 agosto 2024

La fonte del font


Un bel po' di anni fa decisi di smettere di faticare scrivendo a mano i testi dentro i balloon. C'erano molti font digitali disponibili, e pensai che fosse ora di modernizzarsi un po'. La spinta definitiva me la dette un amicollega: "Ma davvero ti scrivi ancora il lettering a mano!?"
Cercai fra i caratteri etichettati "free" su uno dei siti di font per Macintosh; quello che mi piacque di più aveva lo strano nome di MAAP Cat Claw. E quello ho usato per anni.


Finché, iniziata la collaborazione con la Shockdom, si presentò un problema.
I primi volumi me li ero curati da solo: avevo rifumettato le strisce col font digitale, le avevo impaginate, curato la grafica, i redazionali e quant'altro. Ai colori aveva provveduto mio figlio Jacopo, fresco di un corso di colorazione al computer alla Scuola Internazionale del Fumetto di Firenze. Abbiamo fatto così per "Dante" e per "Renzo & Lucia".


Arrivato a "Omero", l'editore mi affiancò due collaboratori della casa editrice, il grafico-impaginatore (nonché autore di libri suoi) Stefano Antonucci e il supervisore editoriale Chiara Zulian. Fu lei a sollevare il problema.
Era successo che uno dei disegnatori della Shockdom aveva usato per un titolo di copertina del suo volume un font che non era esattamente "libero", e questo era costato all'editore una "multa", così la regola divenne quella di usare solo caratteri "sicuri". Dissi a Chiara dove avevo trovato il MAAP Cat Claw e lei mi spiegò che a volte alcuni font, anche se erano offerti con assoluta libertà di utilizzo a scopi commerciali, erano in realtà "copie" di altri invece protetti. Per curiosità andai a ricercarlo sui vari siti a cui attingevo abitualmente tipo 1001 Fonts e Dafont. Non era più da nessuna parte. Probabilmente, mi disse ancora la Zulian, i titolari del font originale avevano sgamato l'autore costringendolo a togliere il carattere dal sito. Chiara mi dette il link della Squirrel, dicendomi che lì potevo trovarne un buon numero. Dovevo solo stare attento che avessero la licenza SIL OPEN, che metteva al riparo da qualsiasi contestazione.
Così, per alcuni volumi successivi ho usato un carattere "fumettoso" preso su quel sito, ma non mi piaceva del tutto. Per altri lavori "minori" ho continuato caparbiamente a usare il font ormai "fantasma".
Finché non mi hanno fatto sparire il computer. Tra le poche cose andate perdute in quell'occasione, c'era proprio il carattere che mi piaceva. Nel post su linkato chiedevo perciò ai lettori se qualcuno poteva darmi una mano a rintracciarlo. L'aiuto mi è venuto dall'amicontatto facebookiano Claudio Piccinini che, esperto dell'argomento, mi chiese di vedere un campione del font. Dopo averlo visto individuò immediatamente la fonte originale: era "il Wild Words, uno dei primi, e più popolari lettering font della Comicraft, disegnato inizialmente su commissione per la serie WILDC.A.T.S. ADVENTURES di Jim Lee".


A quel punto ho deciso di acquistare la licenza del carattere per poter continuare a usarlo serenamente, e l'ho fatto, soddisfatto di me stesso per aver avuto l'occhio di scegliere a suo tempo, nella mia assoluta ignoranza, un font "professionale".
Il primo lavoro che ho realizzato col carattere finalmente legalizzato è stato, nelle settimane scorse, il mio contributo al quarto volume (a più mani, come i precedenti) della collana di Guida Editori "Nuvole in città" dedicato, dopo Napoli, Milano e Torino, a Bologna. Avete visto più sopra qualche striscia con Asinelli e Garisenda, le due torri cittadine antropomorfizzate (cliccate sulle immagini, per ingrandirle).



D'ora in avanti, per il lettering, posso dormire sonni tranquilli.



giovedì 8 agosto 2024

Il corso interrotto


Una trentina di anni fa, quando stavo al timone di Fumo di China, rivista che con altri quattro soci mi ero (felicemente) azzardato a portare in edicola, decisi di infilare tra le varie componenti della rivista anche un corso di sceneggiatura... senza pretese. Anche se all'epoca avevo alle spalle già la scrittura di testi per le Sexy Operette, Lanciostory & Skorpio, Intrepido, Zagor, Dylan Dog, Candy Candy e altro (più un centinaio di giornalini fatti in casa nell'infanzia), ero comunque un autodidatta, per cui più che salire in cattedra volevo solo trasmettere... quel che avevo capito dall'esperienza maturata.
Correva l'anno 1993, e le puntate del Corso apparvero sui numeri 19, 20, 20bis, 21, 22, 23 e 25 della rivista.








Dopo le vicissitudini estive del mio iMac, durante la ricerca nelle memorie esterne del computer per verificare cos'avevo perso (poco, per fortuna) e cos'avevo salvato, inaspettatamente mi sono saltati fuori i vecchissimi file di quel breve e incompiuto manualetto che credevo non esistessero nemmeno. Non erano proprio completi, ma quasi. Così ho deciso, dopo più di trent'anni, di terminare, aggiornandolo, quel ruspante corso di scrittura.
Per il momento, prima che altri disastri tecnologici mi facciano perdere o rendano inaccessibili quei file, ho sistemato-corretto-integrato i testi recuperati e li ho già impaginati nella prima parte del libretto che diventeranno, e buttato giù anche una bozza di copertina (che avete visto. in alto).



Al momento sono occupato con un nuovo libro per l'editore Guida (dopo quello dedicato a Torino e Pietro Micca; stavolta tocca a Bologna e alle sue due torri) e poi dovrò finire di disegnare la mia versione a strisce umoristiche di Pinocchio, ma appena potrò tornare a lavorare ai volumi Foxtrot, credo che questo sarà il primo a cui metterò mano.